9 Ottobre 2017
di Direttore Editoriale
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9 Ottobre 2017

Caro MINISTRO FRANCESCHINI, legge su cinema, fatto. Legge sulla MUSICA, non pervenuta

Il Ministro Franceschini ha emanato un decreto per la tutela del cinema italiano. Ma quando inizierà ad occuparsi della musica?

Ministro Franceschini
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Caro Ministro Franceschini,
apprezzo molto il suo impegno per preservare e diffondere sul nostro territorio l’arte italiana, in questo caso il cinema, anche perché si sa, noi italiani spesso non siamo granché bravi a valorizzare i nostri prodotti e il nostro patrimonio, artistico e non.

Lodevole quindi il suo nuovo decreto approvato qualche giorno fa che, a quanto leggo, prevede testualmente più cinema italiano in prima serata e più investimenti da parte delle emittenti in produzioni europee e italiane.
Per chi non lo avesse letto nello specifico la riforma obbliga:

– Le televisioni nazionali ad aumentare la quota di produzioni made in Italy messe in onda nella fascia di prima serata compresa tra le ore 21 e le 23. In breve almeno un film o una fiction a settimana per ogni canale tv e due nel caso della tv di stato.
– Investimenti obbligatori in produzioni italiane e comunitarie con un passaggio graduale dal 10 al 15% per le televisioni private e dal 15 al 20% per la Rai con entrata a regime per il 2020.
– Aumento della quote minime di ricavi annui riservata alle opere cinematografiche italiane dal 3,2 al 4,5% per le private e dal 3,6 al 5% la tv di stato.
– A tutto questo dovranno attenersi anche Netflix e Amazon.

Apprezzo il fatto che nonostante le polemiche e le reazioni delle emittenti, lei resti saldo sulla sua posizione. Quello che però mi chiedo è perché lei, come i suoi predecessori, non prenda ancora in considerazione di fare qualcosa per aiutare il mercato discografico italiano.

Ora non mi va di annoiarla snocciolando dati che il suo staff potrà recuperare per lei in maniera molto più precisa, preferisco dirle brevemente e in modo nudo e crudo quello che sta succedendo alla musica italiana.

– Le radio italiane passano musica preferendo spesso quella estera. La musica italiana che gira in radio è quella dei nomi conosciuti e praticamente nessun network italiano riserva degli spazi significativi per gli artisti emergenti (eccezion fatta forse per Radio Rai 2). Non si può nemmeno dire che c’è una cernita, perché in realtà non c’è: non vengono ascoltati, non vengono presi in considerazione, non esistono. Nel nostro paese, come lei ben sa, non ci sono leggi volte a tutelare la musica emergente come avviene in Francia per esempio. Su questo ho cercato di farle avere più volte la nostra petizione che raccolse oltre 6.500 firme (la trova qui) che attestano il malcontento esistente, anche se magari non fa rumore. Inutile dirle che un artista o una canzone che non passa in radio per una consistente fetta di pubblico, sopratutto quella meno avvezza al web, non esiste.

– Gli artisti giovani oggi sembrano esistere solo se passano in tv, preferibilmente in un talent show perché anche Sanremo fa fatica a lanciare giovani artisti emergenti (i posti disponibili inoltre con gli anni si sono ridotti a soltanto otto). Ma la tv non ha spazi per la musica emergente, probabilmente perché oggi questa non genera audience salvo appunto il meccanismo del talent che però non è adatto a tutti i tipi di artisti. Battisti, De André, Dalla, Tenco, Vasco Rossi ma anche i più giovani Fabi, Bersani, Mannarino… non sarebbero mai entrati in un talent show per carattere e indole artistica e, probabilmente, se lo avessero fatti ne sarebbero usciti con le ossa rotte. Perché la tv premia quasi sempre un determinato tipo di artista e di musica.

La musica dal vivo sta morendo. Il pubblico non va nei locali a sentirla a meno che non si tratti di cover e tribute band. Di conseguenza i locali non chiamano i ragazzi a suonare e, quando lo fanno, spesso non li pagano. Non considerando che, dare musica, è un servizio in più che il locale offre e non un favore fatto ai cantanti (a cui viene chiesto di portare pubblico spesso tassativamente).

– Le case discografiche stesse sono in difficolta e perlopiù si affidano appunto ai talent show che possono assicurare un guadagno minimo quasi assicurato. Le major si sono ridotte a tre. Le etichette indipendenti faticano. I Cantanti italiani per la maggior parte -anche quelli che hanno una storia- vivono aspettando febbraio per poter “elemosinare” un posto nell’unico luogo che un minimo può garantirgli visibilità e di conseguenza tour proficui: il Festival di Sanremo. Ogni anno una carneficina di 200 e più artisti che pregano di riuscire a conquistare uno dei 22 posti disponibili (ora, in altre edizioni anche 14).

Oggi chi crede ancora nella musica, chi ha passione così come i produttori discografici e le etichette indipendenti stanno abbandonando perché non riescono a sostenere le spese per fare bei dischi e ei videoclip, come quelli che fanno oltreoceano. Servono investimenti, servono soldi, denaro che purtroppo non rientrerà perché appunto le radio non ti passeranno, le tv ti ignoreranno, i locali non chiederanno un tuo spettacolo e tu artista non esisterai, non avrai nemmeno la possibilità di provare a nascere e crescere.

E pensare che una o più leggi a tutela della musica potrebbero giovare tanto a tutti! Fabrizio Galassi, insieme a Pasqule Rinaldis, realizzò un’ inchiesta per Il Fatto Quotidiano in cui si dimostrava che se la musica prodotta in Italia venisse tutelata in radio e tv, solo di SIAE a costo zero, questa stessa guadagnerebbe 43 milioni di euro in più. La può leggere qui.
A questo punto le chiedo: perché oltre al cinema italiano anche la musica italiana non può ricevere le stesse attenzioni? Cosa faremo quando i cantautori, i musicisti, gli artisti giovani spariranno?

 

Ps. le lascio il video di uno che ci prova. Un giovane che ha talento e che tenta di vivere di musica in questi tempi, una canzone che potrebbe essere un inno per tanti giovani. La ascolti attentamente.