23 Maggio 2025
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23 Maggio 2025

Damiano David fa il disco perfetto per il pop americano all’ombra di Harry Styles. La recensione di “FUNNY little FEARS”

Un album internazionale, orecchiabile e curato nei suoni, ma che non spicca per originalità.

Damiano David Funny Little Fears copertina e recensione
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Funny Little Fears la recensione del primo disco da solista di Damiano David.

Damiano David ha pubblicato il suo primo e, chissà, unico album da solista Funny Little Fears e lo ha fatto in un momento (numericamente) caotico per il pop mondiale, a maggior ragione se parliamo del mercato al quale ha deciso di rivolgersi cioè quello americano.

Siamo immersi in un periodo storico dove l’America sforna popstar, uomini e donne, senza sosta e questo non è un bene se ti chiami Damiano, arrivi da anni di conquiste internazionali con i Måneskin e decidi, nel momento del consolidamento del marchio della band, di diventare solista pop.

Scelte di cui, chissà, un giorno parleremo meglio.

damiano david funny little fear – recensione: Un inizio promettente ma ingannevole

Detto ciò, la scelta è stata presa e il percorso è iniziato, mesi fa, con Silverlines e la collaborazione con uno dei più grandi e iconici uomini di musica mondiali, Labrinth.

Un brano potente, strutturato in un certo modo e preludio di un album che sembrava epico. Orchestre, bassi profondi, pad e suoni ricercati. Labrinth ci aveva donato un Damiano diverso da ciò che, poi, è diventato.

Subito dopo è arrivato Born With a Broken Heart, il primo vero singolo solista nonché quello di maggior successo fino a questo momento, complice anche una campagna marketing in America davvero tanto massiccia.

Il paragone ingombrante con Harry Styles

Iniziano le prime voci, le prime crepe e il dubbio comincia a insinuarsi in prospettiva album: “ma Damiano sta facendo copie delle canzoni di Harry Styles, sfruttando il suo percorso iniziale da solista?

Silverlines aveva la stessa struttura di Sign Of The Times, Born With a Broken Heart ha quella di As It Was. Insomma, non il massimo come partenza se vuoi mettere l’accento su una carriera appena iniziata, il paragone è troppo grande.

Andando avanti ecco Next Summer, la cui linea melodica è a tratti uguale, non solo simile, a quella di Everybody’s Changing dei Keane e siamo al terzo brano su tre in cui le produzioni non spiccano di originalità.

Si prosegue con Voices e anche qui stesso problema, andiamo sul terreno di Lalala di Naughty Boy con Sam Smith e siamo a 4 su 4. A questo punto non ci sono stati più dubbi, l’album sarebbe stato una specie di pseudo best of… del pop più in voga degli ultimi 10/15 anni.

Arriviamo all’uscita di Funny Little Fears e scopriamo che ci sono 14 brani in totale per una durata di quasi 49 minuti che, escludendo i quattro brani già menzionati, fanno abbassare l’ascolto inedito a poco più di una mezz’oretta.

Il singolo: Zombie Lady

Il singolo estratto è Zombie Lady e, indovinate un po’, anche qui abbiamo un masterpiece del citazionismo: Little Dreaming di Cian Ducrot.

In quest’ultimo caso, però, lasciamo un margine di dubbio perché Ducrot ha pubblicato a marzo mentre Zombie Lady a metà maggio, ergo si potrebbe trattare di puro caso ma resta il fatto che la canzone è praticamente identica.

Su tutti i singoli si può trovare un corrispettivo con dei brani pubblicati in passato (recente o lontano) ed è un esercizio, un gioco che lasciamo ai lettori. E’ importante, però, ai fini della recensione perché ci permette di capire che questo lavoro si fonda su basi musicali che tutto sono fuorché originali.

Ribadiamo, perché qualcuno potrebbe fraintendere: le basi, le produzioni non sono originali, non Damiano. Il suo timbro rimane riconoscibile qualsiasi cosa canti, senza snaturarsi, per fortuna.

Tecnicamente è realizzato davvero bene. I suoni escono fuori meravigliosamente puliti e c’è una percezione chiara dei singoli strumenti suonati che raramente troviamo in progetti di parigrado italiani.

funny little fears, Un disco pensato per l’estero

Come detto, è un disco che si rivolge al mercato americano ma che, come successo con i Måneskin, assume un respiro internazionale supportato da grande immediatezza e facilità.

Ecco, Funny Little Fears gioca semplice e senza troppi fronzoli. Ci si muove di continuo all’interno di territori popolari che tutti possono capire e metabolizzare fin dal primo ascolto. E’ un disco perfetto per restare in una comfort zone fatta di semplicità e senza neanche un minimo di pretesa di qualsiasi tipo.

damiano david – Testi tra amore e passato

Per quanto riguarda i testi il concetto generale ruota attorno a due macro aree: Dove Cameron (la fidanzata) e il passato con la band. Non sempre, ovvio, ma spessissimo ci si ritrova ad ascoltare canzoni come Zombie Lady o Angel dove l’amore regna incontrastato.

Su Zombie Lady, poi, c’è la chicca dell’inserimento della stessa Cameron sul finale. Anche lei canta, anche lei popstar, quindi è stato piuttosto semplice riuscire a coinvolgerla ma nonostante questo hanno deciso che il suo nome non dovesse apparire pubblicamente.

Labrinth, Dove Cameron ma non solo… Nell’album ci sono altri feat con Suki Waterhouse (attrice, modella e compagna di Robert Pattinson) e il giovane astro nascente d4vd.

L’album è godibile, lo si ascolta volentieri e difficilmente stanca anche grazie a canzoni più acustiche piazzate bene nel corso della tracklist, servono a spezzare il ritmo. La pecca più grande è quella dell’originalità, cosa che vedremo se alla lunga avrà un peso nelle decisioni del pubblico generalista pop.

Di sicuro, pubblicare un album solista di genere pop dopo essere stato ed essere tutt’ora un cantante rock non aiuta i fan a metabolizzare al meglio ma si aspetta e si spera in risultati soddisfacenti.