20 Marzo 2015
di Officina del talento
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20 Marzo 2015

NEGRITA: il nuovo album “9” è nei negozi di dischi. Scopriamolo traccia dopo traccia

A tre anni da "Dannato vivere" esce oggi "9", il nuovo album dei Negrita. Ecco la tracklist, raccontata brano dopo brano dagli stessi componenti della band

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A tre anni da Dannato vivere, esce quest’oggi 9, il nuovo album dei Negrita. Lanciato dai singoli Il gioco e Poser, il disco è nato da un periodo di produzione internazionale tra l’Irlanda, dove è stato registrato, e gli Stati Uniti d’America, dove è avvenuta la masterizzazione per opera di Ted Jensen.

Racconta il leader Pau: “Avevamo voglia di tornare alle radici del rock. Da qui la scelta di andare in Irlanda, non certo per abbeverarci musica folk, di cui nel disco non c’è traccia, ma per impregnare ogni senso del sound anglosassone con cui ci siamo formati. E credo che l’atmosfera abbia influenzato positivamente il sound che abbiamo generato: è un album più maturo, forse anche un po’ più ‘scuro’, con tinte più fosche rispetto ai precedenti“.

Le registrazioni si sono tenute in uno storico studio, il Grouse Lodge di Rosemount (negli anni scelto da Michael Jackson, Muse, R.E.M., Snow Patrol, Stereophonics e altri): “Attorno c’erano soltanto mucche, pecore e galline. In questo ambiente abbiamo ritrovato l’attitudine della band, suonando spesso in presa diretta e arrangiando i vari brani con un approccio antico“.

Una nuova fase per i Negrita, che si sono uniti a nuovi elementi. Ai componenti storici Drigo, Mac e Pau, e il batterista Cristiano nella band da 10 anni, si sono aggiunti il polistrumentista Ghando e il bassista Giacomo.

Al proposito Pau afferma: “Non ci interessa fossilizzarci in un genere, abbiamo sempre voglia di scoprire qualcosa di nuovo. E gli ultimi arrivati hanno un ruolo importante in questo senso, ci hanno regalato nuovi entusiasmi… Del resto più passa il tempo, meno abbiamo voglia di integrarci in quelli che sono i cliché imposti dal mercato. Rifiutiamo la logica del talent, vogliamo sentirci liberi, distinguerci dalla massa. Per farlo nel 2015 ci vuole una certa dose di incoscienza. Ma la nostra filosofia è sempre stata quella dei piccoli passi. Da quando è nato, il nostro progetto è in crescita costante. Non abbiamo mai avuto grandi boom, ma nemmeno cali sensibili. Per noi la cosa più importante è suonare. Quel che conta davvero è l’emozione, non il numero degli spettatori“.

NEGRITA_9_Cover Album

Di seguito il disco raccontato traccia dopo traccia:

IL GIOCO

Il primo singolo di 9 si basa su un testo molto sfaccettato scritto a 4 mani da Pau con Il Cile (“Il nostro fratellino minore“). Una riflessione sulla vita, con strofe che vogliono esorcizzare i problemi della quotidianità con immagini cinematografiche: “L’incendio di un tramonto nel buio della sera / la luce dei lampioni su queste strade di cera / guidando verso nord in un lunedì da cani / comete di ricordi ad indicare il mio domani“. E intanto il viaggio prosegue su “un’autostrada in fiamme con curve di miele“. Molto bello il riff di chitarra di Drigo.

POSER

Un urlo di indipendenza verso un sistema malato. Giocando tra provocazione e ironia, i Negrita mettono i puntini sulle “i” dicendo chiaro e tondo che questa società basata sull’immagine e questo “paese per vecchi” li ha stufati: “Vi saluto di cuore numerini sul web / la mia scuola è più vecchia /sia del pop che del rap / dal vinile rigato fino all’MP3 / solo vita vissuta e niente talent per fake… non cerco fama in Tv / non sono un poser / non voglio sempre di più / I am a loser“.

MONDO POLITICO

Pur non avendo un testo barricadero, è uno dei brani più impegnati dell’album: si parla di politica, ma in senso nobile, con riflessioni su come viene gestito il potere nel mondo; ben sintetizzate in quella frase letta su un antico murales nello Yucatan “l’uomo ha sempre sete e sempre sete avrà“. Racconta Drigo (sue le strofe, il ritornello e lo special invece sono di Pau): “All’inizio mi venivano in mente le foto di Berlusconi, Renzi, Obama. Cose noiose che non c’entrano niente. Allora con la fantasia sono andato a ripescare immagini che avevo visto viaggiando per il mondo. Ovunque ci sono immagini di uomini che cercano di sovrastare il prossimo. La spettacolarizzazione della violenza è qualcosa che ci portiamo dietro dalla preistoria“.

QUE SERÀ SERÀ

Una sorta di road song senza mappa tracciata. Un viaggio giocato più sulla fantasia che sulla realtà, lasciandosi trasportare dal vento: l’esatto contrario di quello che era Rotolando verso sud. Nell’aria c’è positività, quasi un senso di fratellanza. Ci sono elettricità, medicine per l’ego, serenità. E la “mia missione è aprire le porte“.

SE SEI L’AMORE

L’unica ballad dell’album. Inizio rarefatto, che poi sfocia in un ritornello dal piglio decisamente rock, con cambi repentini di scale armoniche. Il tema è l’amore in senso universale. Vengono poste domande a un’entità eterea a cui si chiede di essere salvati “da un mondo con troppi ostacoli / troppi algoritmi / troppe variabili / per la miseria umana che non cambia mai“.

1989

Questo brano è rimasto in un cassetto per una decina d’anni. “Per fortuna Cesare ed io“, racconta Pau, “siamo due buoni archivisti, così ogni tanto ritroviamo cose che sarebbe stato un peccato perdere“. Nel 1989 Pau aveva 22 anni, Drigo e Mac 20. E questa canzone parla di “incoscienza dell’età“. Sintetizza l’atmosfera che si respirava in quel periodo così denso di avvenimenti che avrebbero cambiato il mondo: Piazza Tienammen, Solidarnosc va al potere in Polonia, la caduta del muro di Berlino. Ma anche di sogni che si fanno quando si è all’apice della giovinezza. Musicalmente è un mix tra il rock che si suonava allora negli Stati Uniti e la new wave inglese.

RITMO UMANO

Questo brano giocato su un tempo dispari, un cinque quarti, musicalmente nasce dall’esperienza che hanno fatto come protagonisti della riedizione del musical Jesus Christ Superstar. Il testo, invece, è figlio di un post notturno che Pau pubblicò su Facebook: “Era una fuga dal mio universo, alla ricerca di un mondo senza stress. Presi alcune di quelle frasi e, senza modificarle, le usai per ricavarne questo testo“. Che è una sorte di ode alla spiritualità laica. Il finale è caratterizzato da una parte recitata con grande pathos da Ted Neeley, il cantante-attore divenuto famoso interpretando il ruolo di Gesù in Jesus Christ Superstar.

IL NOSTRO TEMPO È ADESSO

Brano in stile power pop incentrato su (UN) altro testo che Pau ha scritto a 4 mani con Il Cile. Hanno scattato una serie di fotografie “di guerrieri esistenziali / senza spazi sui giornali“. Sono i figli della crisi, il cui livello di povertà ormai ha superato i limiti di guardia.

BABY I’M IN LOVE

Un rock’n’roll ritmico basato su un groove molto trascinante, caratterizzato da un ritmo tribale tutto giocato sui timpani e su un basso slappato. Belli i contrappunti di chitarra di Drigo. Nel testo non c’è niente di autobiografico: nasce dall’osservazione delle vite degli altri.

NIENTE È PER CASO

Brano dalla melodia molto avvolgente, con un accompagnamento ritmico rarefatto. È una canzone d’amore che sottolinea l’amplificazione di determinate sensazioni dovute alla lontananza. Il pezzo è stato volutamente poco lavorato, per lasciare intatta la sua atmosfera originale.

L’EUTANASIA DEL FINE SETTIMANA

Un ritmo funky ballabile per parlare degli inferi della movida. Il protagonista è un personaggio che se ne va in giro di notte e incontra autentici mostri generati dall’oscurità. Ne viene fuori un piccolo spaccato di vita vissuta, fatto di sogni artificiali, musica fetente, spacciatori, reginette scosciate che si affannano per entrare nei locali più alla moda. Il tutto condito con secchiate di umorismo.

VOLA VIA CON ME

Un mix di funk, psichedelia, un pizzico di prog e accenni a Fatboy Slim del periodo Housemartins. Una mega jam incisa in presa diretta con grandi cavalcate strumentali, in particolare strepitose chitarre “alla Gilmour”.

NON È COLPA TUA

Altro brano “figlio” di Jesus Christ Superstar. Anzi, questo in un certo senso è nato proprio sulla scena del musical: è una sorta di scherzo rivolto a Shel Shapiro, che interpretava il ruolo di Caifa e ogni tanto dimenticava una parte del testo. Musicalmente è tutto giocato sulla negritudine. È un blues alla Tom Waits. C’è pure una citazione di uno dei più grossi successi del beat italiano, Ma che colpa abbiamo noi dei Rokes. Vengono citati anche i festival di Woodstock e di Wight, i Beatles, Hendrix, Jim Morrison, gli Stones e Dylan. Insomma, i progenitori dei Negrita.