Ultimo stadi 2025… una favola senza fine.
Ultimo negli stadi è, ormai, una specie di sentenza matematica da qualche anno: annuncia le date, sold out in tempo zero, si va in scena, fa tremare la terra con migliaia e migliaia di persone che saltano senza fermarsi.
Per l’ennesima volta, “sarà, boh, la sesta a San Siro…” dirà lui durante la serata, la regola è stata confermata e questo è un dato oggettivo che anche i più aspri critici devono accettare.
Sì, perché Niccolò Moriconi non sta simpatico a tanti, molti, e la musica è (forse) l’ultimo dei problemi ma se si è persone oneste bisogna saper riconoscere che siamo di fronte a un ragazzo che non ha ancora compiuto 30 anni e che ha già, alle spalle, una roba come una trentina di date negli stadi (forse pure di più) tutte sold out, tutti gli album piazzati al N.1 in classifica e una data speciale a Roma in arrivo il 4 luglio 2026 che promette di radunare un numero spropositato di gente in stile Campovolo/Modena Park.
Insomma, se parliamo di dati oggettivi Ultimo è inattaccabile. Se parliamo di musica, allora, diventa tutto soggettivo e di discorsi se ne possono fare da qui al 2065 ma ci arriviamo, con calma.
UN LIVE CHE PARTE FORTE ALIMENTATO DA UN DISSING, FORSE, SUPERFLUO
IL PRE SHOW
Arrivati a San Siro un po’ prima del solito, intorno alle 18:30, ci si rende subito conto che quello di Ultimo non è un fandom bensì una specie di famiglia allargata a cui si regala una serata diversa dalle altre ma anche un momento di vera condivisione.
On stage, infatti, viene piazzato un pianoforte a cui possono avere accesso i fan già presenti dalle prime ore. Uno alla volta, chi sa suonare viene invitato a salire sul palco per far ascoltare qualcosa e, come ovvio, chiunque si approcci alla tastiera riproduce un brano sempre diverso di Ultimo.
Un modo per animare il pre-show senza dare spazio a cantanti terzi o ospiti esterni, valorizzando ancor di più un legame già molto forte con la propria Gente.
ULTIMO A SAN SIRO, IL CONCERTO
Arrivati alle 21:05 parte lo spettacolo e subito partono le voci dei 60.000 spettatori presenti (fonte: Ultimo Records) che, da quel momento, non hanno smesso un solo secondo di cantare.
Il primo brano è Dove il Mare Finisce, un inizio scoppiettante nel vero senso della parola perché vengono sparati dei fumogeni colorati con la bandiera arcobaleno, con il cantautore che fa il suo ingresso in scena con una t-shirt smanicata bianca brandizzata con il suo logo, occhiali da sole tattici e cappellino nero che terrà per gran parte dell’esibizione.
Corre avanti, indietro, di lato, salta, si butta a terra, incita la sua gente e non sta fermo un attimo. Ultimo sembra tarantolato sul palco e la cosa che fa più impressione è la tenuta vocale, non solo quella fisica che, va da sé, per un 29enne artista che si esibisce negli stadi è quasi scontato che ci sia.
Le canzoni raggiungono molte volte note tanto alte e lui non si risparmia mai, coinvolgendo il pubblico ogni volta che il testo glielo permette. Dall’altro lato, il pubblico risponde sempre presente urlando più di lui fino a sovrastare anche la voce.
Tutta la prima mezz’ora, forse anche 45 minuti, è un tripudio di energia inarrestabile, interrotto solo da un momento durato qualche secondo e non di più in cui il cantante dice che non avrebbe mai parlato e che, a dare le risposte, sarebbe stata solo la sua musica.
Tra Colpa Delle Favole, Buongiorno Vita, Amati Sempre in una versione molto particolare piano e voce e altre ancora, arriva un momento che ha fatto storcere un po’ il naso ma di cui, in questa recensione, non parleremo in ogni dettaglio.
Prima di Sul Finale, Niccolò ricomincia a dialogare (anche qui solo qualche secondo) dicendo testuali parole: “Sarà il mio sesto San Siro, giratevi e guardate quel quadratino bianco. È sempre vuoto, poi vi spiegherò perché…“.
Il riferimento è al quadrato posto di fronte a tutti i palchi dove viene fatta accomodare la stampa, tra cui chi vi scrive (presente su invito diretto della Ultimo Records) che ha accettato di buon grado di partecipare per conoscenza della materia e curiosità.
Apriamo e chiudiamo parentesi…
A titolo puramente personale posso solo aggiungere, rispetto a quanto detto dal direttore Massimiliano Longo in un editoriale apposito, che la sensazione non è stata piacevole lì per lì. Ci si è sentiti con gli occhi puntati addosso da 60mila persone pronte a difendere il proprio idolo senza remore, eppure i presenti in quel quadratino non hanno mai fatto nulla di male contro Ultimo.
Se eravamo lì era non solo per professionalità ma anche per il gusto di esserci, nonostante tutto ciò che sappiamo sia successo in questi anni con altri elementi della stampa.
Mi accodo alle parole del direttore quando chiede a Niccolò, arrivati a questo punto, di fare nomi e cognomi dei diretti interessati e intestatari dei suoi dissing perché così si crea la spiacevole situazione di dover sempre dire “ma io cosa c’entro? Non ho fatto nulla“, soprattutto con 120mila occhi fissi su di te.
Quando diciamo o scriviamo, come sopra, che Ultimo non sta simpatico a molti e che la musica è l’ultimo dei problemi ci si riferisce anche a uscite del genere, ogni tanto esagerate o fuori luogo, che esasperano una situazione che, invece, sarebbe bello tornasse alla normalità da entrambe le parti.
Torniamo al concerto, al bel concerto.
ultimo stadi 2025 – LE HIT STORICHE E NUOVE, SPALTI CHE TREMANO E GIOCHI DI FUOCO INFINITI
La scaletta prosegue, intorno alle 22:30, con un medley semi acustico un po’ troppo prolungato in cui il cantautore interpreta una serie di altri suoi brani (Occhi Lucidi, L’eleganza Delle Stelle, Tutto Diventa Normale e altri) concentrando la parte più, tra virgolette, lenta dello show in un unico punto.
Scelta che, da un lato, risulta un po’ pesante per la durata complessiva ma che, dall’altro, è efficace perché una volta terminato il tutto si ricomincia con i brani più ritmati. Ballad, sì, ma più ritmati e così fino alla fine.
Ti Va Di Stare Bene, Peter Pan, Ti Dedico Il Silenzio, Piccola Stella sono solo alcune delle canzoni cantate da lui e dal pubblico prima di arrivare a uno dei momenti più fighi e belli dell’intero set.
Sulle note di Pianeti e di Alba, Ultimo si accomoda al pianoforte piazzato in una zona specifica dello stage che si solleva da terra e lo pone a mezz’aria, esattamente al centro del maxischermo dove vengono proiettate immagini di galassie, costellazioni e pianeti che rendono visivamente in modo meraviglioso.
Non si riesce a staccare gli occhi da ciò che si vede e la sua interpretazione così toccante amplifica le sensazioni di tutti gli astanti. Consiglio: è il momento migliore per fare delle foto ricordo, abbassate l’esposizione nel vostro smartphone e verranno fuori delle piccole perle da conservare.
Finito questo bel momento inizia il rush finale con Il Ballo delle Incertezze a cui, poi, fa seguito una doppietta di brani che stavano per tirare giù tutto lo stadio peggio della semifinale di Champions, sotto la pioggia, tra Milan e Manchester United del 2007.
Vieni Nel Mio Cuore e Altrove sono stati un tripudio di scosse causate dal movimento all’unisono dei 60mila spettatori che, dal famoso quadrato bianco, sembravano terremoti in piena regola. Si stava fermi, eppure si muoveva qualsiasi parte del corpo involontariamente. Incredibile.
La parte finale è con 22 Settembre e Sogni Appesi, a detta di molti la sua canzone più rappresentativa per il messaggio che contiene, sul cui finale ci si scatena del tutto con la band che subentra dopo una prima parte acustica e fa esplodere tutto con Ultimo che parte con i ringraziamenti concludendo con la solita frase: “davanti a me…ULTIMO“.
Partono i fuochi d’artificio che durano la bellezza di due minuti di fila, senza interruzioni, mentre la gente impazzisce estasiata da quanto stava vedendo.
Forse neanche la chiusura del Tomorrowland ha dei fuochi d’artificio che durano così tanto.
ULTIMO DEVE ESSERE VISTO DAL VIVO PER ESSERE COMPRESO
In chiusura, nonostante reticenze varie ed eventuali sull’andare a vedere un live di un artista la cui musica non convince appieno, parliamo di un concerto strutturato e organizzato con tutti i santi crismi.
Ultimo ha creato una perla di spettacolo che deve essere visto almeno una volta nella vita per riuscire a rendersi conto di che tipo di energia si riesce a trasmettere in poco più di due ore.
Va visto anche per capire il grado di unione e di forza che ci si scambia a vicenda nel pubblico e tra il pubblico e lo stesso cantautore. Senza la sua gente Ultimo non avrebbe la forza di fare tutto ciò che fa e senza Ultimo la sua gente non proverebbe tutte queste emozioni.
È uno scambio alla pari, lo si capisce e percepisce dal primo all’ultimo istante ma solo chi assiste a questo live può capirlo.
Poi, magari, il giudizio soggettivo sulla musica rimane invariato però, di sicuro, a cambiare è la percezione di un rapporto che, in tutta onestà, da fuori non si capisce come invece meriterebbe di essere capito.
Il live è bello, solo nella parte centrale si avverte un po’ di lentezza e stanchezza ma tutto sommato si può fare benissimo lo sforzo di resistere quei 20 minuti, mezz’ora, a dispetto di due ore e passa di grande organizzazione.
Ultimo sta segnando una generazione, esattamente come ha fatto Vasco quando ha iniziato con gli stadi più di 30 anni fa, e non è eresia dire che lui sia il suo vero e unico erede.
Si muove come lui, interpreta come lui, occupa gli spazi come lui, è un mini-Vasco a tutti gli effetti ma con il suo personale modo che lo rende diverso in tante altre cose, a partire dal suonare piano e chitarra sia da terra che sospeso in aria senza preoccupazioni.
Per una sera siamo stati anche noi “dalla parte degli ultimi” e abbiamo capito Ultimo.