4 Luglio 2017
di Direttore Editoriale
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4 Luglio 2017

Lo streaming conteggiato negli album: PAUSINI, EROS, BIAGIO e tutti gli altri “attaccati” da un esercito di senzavolto

EDITORIALE: Dal 7 luglio lo streaming sarà conteggiato anche nelle vendite e certificazioni album. Questo sarà un bene o genererà il caos?

streaming
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E infine arrivò il giorno che su All Music Italia abbiamo tanto temuto…
La FIMI ha infatti annunciato oggi che da venerdì 7 luglio lo streaming audio sarà conteggiato anche nelle classifiche album e che di conseguenza i dischi d’oro, platino e multiplatino, così come già avviene per i singoli, verranno assegnati grazie ad una combinazione tra acquisti digitali e streaming, con l’aggiunta dell’acquisto fisico in questo caso. Questo avviene in tutto il mondo è vero, ma in Italia funzionerà nel giusto modo?

ATTENZIONE, vi trovate di fronte ad un articolo molto lungo ma la questione è delicata e sfaccettata e pertanto non poteva essere trattata in maniera sbrigativa e superficiale e il titolo stesso con la parola “senzavolto” è una provocazione voluta.

Ma partiamo dall’annuncio ufficiale…

Da venerdì 7 Luglio, la classifica Top of The Music by FIMI/GfK degli album, integra per la prima volta, i dati dello streaming audio di tutte le piattaforme attive in Italia con i dati del download e delle vendite dei dischi fisici, includendo un canale di accesso alla musica così popolare nel nostro Paese da rappresentare una forma di ascolto ormai comune tra i consumatori di musica.

I dati degli stream audio rilevati da GfK Retail and Technology Italia, entrano quindi anche nel sistema di misurazione dei consumi di musica degli album confermando il trend di utilizzo da parte dei consumatori di piattaforme di streaming audio. L’andamento dello streaming è cresciuto progressivamente segnando un trend positivo che nel 2016 ha registrato un +30% con un +40% in incremento rispetto al 2015 per i ricavi derivati dagli abbonamenti. Questi ultimi, rappresentano oggi il 51% di tutto il segmento digitale.

Ecco cosa ha dichiarato Enzo Mazza, CEO di FIMI, Federazione dell’Industria musicale italiana

L’integrazione dello streaming nella classifica album, segue quanto già avvenuto per i singoli digitali, in un mercato di ascolti sempre più integrati in cui l’acceso ai contenuti musicali non sembra poter essere limitato ad un solo tipo di supporto, ma richiede la capacità di osservare e riflettere il consumo reale e l’andamento effettivo del mercato. Questo genere di integrazione, sarà ovviamente considerata anche ai fini delle assegnazioni delle certificazioni oro e platino“.

GfK Italia, che provvede ad elaborare la classifica integrando vendita supporti fisici, download e audio streaming, utilizza un fattore di conversion rate per rendere compatibili i diversi modelli di business.

Tutti gli stream, free o a pagamento, saranno conteggiati a patto che abbiano una durata superiore ai 30 secondi. Sono quindi escluse le tracce streaming con durata inferiore ai 30 secondi, gli streaming via radio e gli ascolti su piattaforme di video streaming. Il fattore di conversione sarà rivisto su base quadrimestrale data l’evoluzione spinta del mercato discografico.

QUESTO E´QUANTO.
Al momento non sono ancora stati resi noti i parametri con cui streaming e vendite effettive verrano equiparati.
Andando a semplificare…
Quanti ascolti di canzoni del disco varranno in proporzione la vendita di un album?
Come si farà a fare un distinguo tra dischi che contengono 15 tracce e album da sole 8 canzoni?
Come verrà controllato il fenomeno dell’ascolto di massa da parte dei fandom degli artisti più giovani?

Sicuramente le risposte a questo domande arriveranno nei prossimi giorni ma qualche dubbio, come ho sempre espresso, a me personalmente viene ed ovviamente questo Editoriale vuole essere anche un’apertura di dialogo con chi di dovere, per fare chiarezza su domande che sono le stesse di molti fruitori di musica.

PUNTO 1: Streaming e acquisto possono essere paragonati?

Sicuramente lo streaming è al momento il metodo di fruizione della musica più utilizzato al mondo, soprattutto per quel che riguarda il pubblico giovane e più avezzo alla tecnologia e di conseguenza, è ovvio che non può essere ignorato anche perché le statistiche parlano chiaro e lo streaming acquista terreno anno dopo anno a discapito delle vendite.

Ciononostante non si può nemmeno chiudere gli occhi sul fatto che lo streaming è al momento qualcosa di utilizzato prevalentemente in maniera gratuita. Infatti nonostante da Spotify a Deezer esistano versioni premium del servizio vendute a circa 9,99 € al mese, queste sono utilizzate da un numero  largamente inferiore rispetto a chi fa uso delle versioni gratuite.
Andando su dati certificati nel primo semestre del 2016 lo streaming in abbonamento era cresciuto del 68% rispetto all’anno precedente, ma gli utenti che utilizzano questi servizi a pagamento erano quantificati nel 20% del totale.

Alla luce di ciò, è giusto unire in una sola classifica, quella ufficiale della FIMI, e conferire certificazioni oro, platino e multiplatino, equiparando qualcosa che viene acquistato con lo stesso prodotto che viene semplicemente ascoltato? Per esempio un concerto come quello di Vasco Rossi con 220.000 biglietti a pagamento staccati, ha lo stesso valore nella carriera di un artista di un concerto con più spettatori ma gratuito? Io penso sinceramente di no.

PUNTO 2: Le playlist quanto determinano il successo di una canzone?

A questa considerazione aggiungo anche un carico da 90, ricordando che (e per avere conferma di questi dati basta intervistare un campione di giovanissimi fruitori di musica) al momento a dettare legge nello streaming sono le playlist… mi spiego meglio anche in questo caso.

Il servizio streaming premium a pagamento permette di ascoltare quanta musica si vuole scegliendo le canzoni. La stessa cosa avviene per la versione gratuita da desktop utilizzando il wi-fi di casa. La versione gratuita invece per i dispositivi mobili come il cellulare, ovvero quella più utilizzata, non permette di scegliere più di 1/2 canzoni; dopo di queste l’ascolto prosegue a random tra brani del disco selezionato ed altre canzoni che Spotify ci propina. Per questo motivo i ragazzi utilizzano principalmente le playlist di Spotify (e degli altri servizi che non citiamo spesso quanto quest’ultimo, semplicemente perché il loro utilizzo è molto inferiore al leader di mercato).  In questo modo possono ascoltare le canzoni più gettonate del momento in maniera gratuita. Ma una domanda che ci siamo sempre posti è: non considerando la Top 200 dei brani più ascoltati in streaming e la Viral (ovvero le canzoni più condivise), con che metodo sono scelte le canzoni delle playlist di Spotify? Questa domanda non ha mai trovato risposta da quel che sappiamo ma è di vitale importanza in quanto le playlist determinano spesso il successo di una canzone e di conseguenza le certificazioni.

PUNTO 3: Equiparare streaming e vendite può alterare la percezione di un artista rispetto ad un altro da parte del pubblico?

Premesso che il grande pubblico non si pone molte domande sui meccanismi dietro la musica, ed è anche giusto così, non si può di certo ignorare il fatto che sia influenzato da notizie, titoli eclatanti, comunicati stampa e dati di vendite.
Una comunicazione efficace da sempre fa presa sul pubblico e, in alcuni casi, può confondere le idee.

Ora andrò a prendere due artisti come esempio, molto diversi tra loro per anni di carriera, genere musicale, tipologie ed età media del pubblico: Laura Pausini e Sfera Ebbasta.
La prima calca le scene di tutto il mondo da ormai 25 anni, riscuotendo grandi successi ovunque. Nel corso degli anni nel suo pubblico c’è stato un forte ricambio generazionale ma parliamo di un’artista seguita da una tipologia di pubblico che ancora preferisce acquistare il disco nella sua interezza, piuttosto che ascoltare i singoli (va detto che nonostante ciò da mesi Laura è in vetta alla classifica degli artisti più ascoltati su Spotify, ma i suoi ascolti provengono da tutto il mondo e su repertorio vastissimo).
Il secondo è uno dei nuovi artisti del momento, figlio della scena trap italiana, genere in costante ascesa nel nostro paese. Un artista con un pubblico molto giovane e che fa dello streaming il principale mezzo di fruizione delle sue canzoni, anche singolarmente.

L’ultimo album di inediti di Laura Pausini, Simili, ha venduto solo in Italia oltre 150.000 copie conquistando tre dischi di platino. L’album di Sfera Ebbasta ne ha vendute oltre 25.000 portando a casa un disco d’oro.
Ben diversa è la situazione per quel che riguarda i singoli certificati, e qui entra in campo lo streaming…

Laura ha estratto dal suo album composto da quindici brani cinque singoli per le radio. Di questi due hanno ottenuto la certificazione… il platino a Simili e l’oro a Lato destro del cuore.
Il disco di Sfera invece, composto da 11 canzoni, ha visto anch’esso lanciare cinque singoli più due canzoni extra album uscite in tempi recenti, Dexter e Tran Tran.
Sfera ha ottenuto un totale di dieci 10 certificazioni per i singoli estratti dall’album (10 su 11!) e due per singoli lanciati al di fuori del disco portandosi a casa un totale di 4 dischi di platino e 8 d’oro.

A questo punto andando a curiosare su Spotify gli ascolti dei brani di Sfera, vediamo che tra questi brani certificati quello meno ascoltato ha avuto almeno 2 milioni e mezzo di ascolti e, facendo due calcoli sulla proporzione secondo cui ogni 130 ascolti fanno una vendita, per arrivare ad un disco d’oro servono 3.250.000 ascolti. I numeri parlano da sé…
Detto questo il successo di Sfera Ebbasta è paragonabile a quello di Laura Pausini? Nemmeno lontanamente. Ma nella percezione della gente le cose potrebbero farsi confuse perché a questo punto, siccome la comunicazione che verrà diramata dagli uffici stampa, al momento dell’inserimento dello streaming nelle vendite e certificazioni degli album sarà qualcosa del tipo: “Oltre 200.000 copie per il nuovo disco di XXX…“, questo confonderà il pubblico. Di conseguenza non verrà in qualche modo sminuito il successo di artisti come Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci etc etc… che sono seguiti da una gran parte di pubblico meno avezzo alla tecnologia e “smanettoni” del web?

Il tutto senza considerare che molti artisti di nuova generazione, compresi quelli dei talent, hanno fandom composti da giovanissimi che hanno ancora quella passione e quella leggerezza che li spinge a “buttare” molto del loro tempo libero per aumentare gli ascolti dei loro idoli, regalando così l’agognata certificazione come vi abbiamo raccontato e dimostrato qui (e di metodi per aggirare il sistema ce ne sono parecchi, come affrontammo in un articolo che fece molto discutere e portò a dei cambiamenti nei metodi di rilevazione che potete rileggere qui e qui). Per accorgersi di questo non ci vuole molto, basta semplicemente fare un giro su Facebook nei gruppi di dedicati agli artisti o appunto rileggere qui

Volendo essere puntigliosi non capisco nemmeno il perché le certificazioni debbano essere conferite a brani mai usciti come singoli che spesso godono di questo riconoscimento solo grazie allo streaming.
Se un brano non viene dichiarato come singolo estratto dall’album l’ascolto di esso dal 7 luglio dovrebbe valere solo ai fini delle certificazioni per l’album. Si eviterebbe così una pioggia di dischi d’oro e platino a brani di cui l’ascoltatore medio ignora l’esistenza.

IN CONCLUSIONE COSA FARE?

Alla luce di questo lungo discorso viene da chiedersi: perché mischiare le carte in tavola tra streaming e acquisti anche negli album? Il motivo è semplice, le copie vendute.
I dischi acquistati (in digitale e fisici) sono sempre meno (nei primi sei mesi del 2017 gli album che hanno superato le 100.000 copie vendute si contano sulle dita di una mano) e non si vuole abbassare nuovamente le soglie di certificazione, quindi anziché fare due classifiche separate con certificazioni divise per streaming e vendite, si decide di rimpolpare un’idea di successo molto discutibile usando questo metodologia.

Anche perché in Italia non si vuole comunicare quante copie vendono settimanalmente i dischi. In America Lady Gaga entra prima con sole 200.000 copie (che per un paese grande come gli USA in proporzione al nostro sono comunque poche). Questo avviene in quasi tutti i paesi dei mercati discografici più importanti (l’Italia è circa al nono posto). Da noi invece vige l’idea che, anche nella crisi, si debba ostentare che “non vada poi così male“. Ma siamo così certi sia un bene? E se invece vedere quanto è in crisi realmente la musica smuovesse qualche coscienza? Se la smettessimo di circondare gli artisti di un’aura dorata di successo e ricchezza che ormai è più apparente che effettiva e sicuramente non genera simpatia nel pubblico? Chissà…

In conclusione, probabilmente, viste le numerose osservazioni sollevate, vi aspetterete delle risposte da me. Ecco quello che mi auguro io, anzi in cui spero fortemente: che con l’inserimento dello streaming nelle vendite degli album, vengano comunicati dati trasparenti… 150.000 copie/unità di cui 40.000 in streaming, solo così queste nuove tecnologie non arrecheranno danni a nessuno e saranno davvero specchio del successo (e non della popolarità o della tendenza) di un artista.