Si è spenta a Milano a 91 anni, per un malore nella sua casa, Ornella Vanoni. La cantante ha lasciato un vuoto che difficilmente potrà essere colmato: non solo una delle interpreti più iconiche della nostra musica, ma una figura capace di attraversare epoche, mode e linguaggi senza mai perdere la sua cifra, quella voce ruvida e sofisticata che riconosci all’istante.
Una carriera lunga settant’anni
In attività dal 1956, la carriera di Ornella è un romanzo sterminato: oltre cento progetti pubblicati tra album, EP e raccolte, più di 55 milioni di dischi venduti e una versatilità che l’ha vista passare dalle “Canzoni della mala” alla bossa nova, dal pop d’autore al jazz, fino alle collaborazioni con alcuni dei nomi più importanti della musica internazionale. Toquinho, George Benson, Herbie Hancock, Vinícius de Moraes… l’elenco è infinito e racconta più di qualsiasi etichetta e qui trovate un approfondimento su uno dei suoi dischi più emblematici.
Sanremo, Tenco e i primati
Otto partecipazioni al Festival di Sanremo, un secondo posto nel 1968 con Casa bianca e tre quarti posti in diverse edizioni. Ma soprattutto i Premi Tenco: è stata la prima artista in assoluto — e l’unica donna — a riceverne due, ai quali si è aggiunta nel tempo anche una Targa Tenco. Nel 1999 fu anche la prima cantante a ottenere il Premio Città di Sanremo alla carriera.
Dalle origini al mito
Figlia di una famiglia borghese, studia in collegi stranieri e poi fa il suo ingresso al Piccolo Teatro di Milano, dove Giorgio Strehler la riconosce subito come un talento fuori norma. Da lì le “Canzoni della mala”, nate con autori come Dario Fo e Fiorenzo Carpi, che la trasformano in un caso teatrale e musicale. Negli anni Sessanta arrivano Gino Paoli, Luigi Tenco, Lucio Dalla, il Festival di Napoli, il cinema e un repertorio che ha segnato un’intera generazione.
Il pubblico più ampio lo conquista negli anni Settanta con brani che sono poi diventati dei classici: L’appuntamento, Domani è un altro giorno, Dettagli, Una ragione di più. Nel 1976 l’album con Vinícius de Moraes e Toquinho — La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria — entra nella storia: è uno dei dischi italiani più amati di sempre, ancora oggi seminale.
Con gli anni Ottanta arriva una nuova fase: Ornella si fa autrice con Vai, Valentina e altri brani, esplora sonorità diverse e si afferma definitivamente anche nel mondo jazz, collaborando con musicisti di livello internazionale. I live con Gino Paoli, i progetti con Paolo Conte, la stagione americana, gli spettacoli teatrali: ogni decade di Ornella avrebbe potuto essere la carriera di un’altra artista.
Dagli anni Duemila alla nuova generazione
Nel nuovo millennio la Vanoni continua a spostare la propria linea d’orizzonte: incursioni nella dance, album dedicati ai cantautori, collaborazioni con Giusy Ferreri, Mario Biondi, Carmen Consoli, Colapesce e Dimartino. Nel 2021 pubblica Unica, il suo ultimo album di inediti (uscito per BMG), seguito nel 2024 da Diverse, un progetto che ha dato nuova vita al suo repertorio attraverso i produttori della nuova scena, da Simone “heysimo” Sproccati a Giordano Colombo.
L’ironia finale: “Non ho paura della morte”
Negli ultimi anni era diventata presenza fissa a “Che tempo che fa”, dove giocava spesso con l’idea della propria morte imminente. Una leggerezza che spiazzava tutti: “Capirò che sarà il momento di andarmene quando sarò inutile alla vita e la vita sarà inutile a me“, aveva dichiarato in un’intervista tra le più citate. Un modo unico di disinnescare la paura, forse uno dei suoi talenti più grandi.
Lascia 105 album pubblicati, una voce inconfondibile, un repertorio che attraversa mezzo secolo di canzone italiana e una lezione sottile, ma potente: si può essere sofisticati senza essere distanti, ironici senza essere leggeri, fragili senza essere deboli. E, soprattutto, come ha dimostrato fino all’ultimo, non si smette mai davvero di appartenere alla musica.
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