Il racconto di Zampaglione: quando l’ufficio stampa annuncia il miracolo
Federico Zampaglione lo chiama “una sceneggiatura”. Una conversazione ipotetica – ma fin troppo realistica – tra un giovane artista e il promoter che lo convince a puntare agli stadi dopo un singolo virale. I biglietti? «Li regaliamo. Con la spesa. Ai dipendenti delle banche. Li spargiamo nei locali. Facciamo retate con gli influencer». Ma il costo di tutto questo lo paga l’artista. Letteralmente.
L’obiettivo non è l’incasso, ma l’immagine. La narrazione. Il miracolo in prima pagina: “Tour sold out!” Anche se il prato è pieno solo perché qualcuno, da qualche parte, ha ricevuto un coupon aziendale con lo sconto del 70%.
Contratti capestro e controllo totale: “Ora fai solo quello che ti dico io”
Nel racconto di Zampaglione, il giovane artista accetta pur di non “perdere la faccia”. Ed è lì che si consuma il vero flop: non quello davanti al pubblico, ma quello dietro le quinte. «Da questo momento in poi – scrive – tu fai solo quello che ti dico io. E tutto ciò che guadagni per un buon 85% è mio».
Un contratto che non prevede libertà di movimento, ma solo recupero crediti. E intanto l’artista, per onorare il debito, canta ovunque: convention, eventi brandizzati, format TV, qualsiasi cosa purché serva a rientrare. Non c’è fallimento, perché è l’artista a pagare sempre.
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