25 Giugno 2014
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25 Giugno 2014

INTERVISTA AI PERTURBAZIONE: dall’indie a Sanremo

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INTERVISTA AI PERTURBAZIONE

Durante le serate del Festival a cui avete partecipato, si sono moltiplicate sui social vere e proprie dichiarazioni d’amore nei vostri confronti da parte dei vostri seguaci: non solo apprezzamenti, ma un coinvolgimento quasi totale all’evento. Che tipo di rapporto avete con i vostri fan? Quanto importante lo ritenete?

Il nostro gruppo è cresciuto negli anni pre-sanremesi con il vecchio e sempre funzionante metodo del porta a porta. Se si esclude la parentesi fortunata di Agosto, il pubblico che avevamo era cresciuto di pari passo con il numero dei concerti. Abbiamo sempre cercato di rispondere a tutti. Un gruppo musicale non è niente se non ha ascoltatori. E poi è un bellissimo pretesto per conoscere altre persone. Per questo l’ondata emotiva che ci ha colpito durante il festival è stata davvero avvolgente.

Dopo un periodo di “incazzatura” con le major, a seguito della rottura con la vostra etichetta e l’album “Del nostro tempo rubato”, quali sono oggi, a quattro mesi dal Festival di Sanremo, le vostre considerazioni rispetto al sistema delle case discografiche italiane, soprattutto in un contesto così saturo come quello della kermesse?

Le case discografiche non svolgono più il ruolo che dovrebbero avere, cioè essere talent scout, scoprire e investire su artisti nuovi. Oggi il ruolo del talent è lasciato alla tv e al pubblico votante. Il risultato è che non si orientano più i gusti, ma si assecondano in una spirale che può essere solo annichilente.

Dieci anni e sei tentativi falliti per portare in gara la vostra musica al Festival. Potendo scegliere oggi, c’è una canzone che avreste voluto suonare per la prima volta proprio su quel palco?

È come chiedere a un plurigenitore quale sia il figlio a cui vuole più bene.

Ascoltando il vostro ultimo disco “Musica X”, si ha come l’impressione di sfogliare un quotidiano, per la varietà, l’attualità e la centralità dei temi trattati. È una scelta precisa o una casualità creativa? La musica può servire ancora a far riflettere chi ascolta?

Le canzoni non devono solo essere evasione fine a se stessa, ma dei messaggi lanciati in bottiglia che qualcuno raccoglierà prima o poi. Prendi Blackbird dei Beatles. Per qualcuno la canzone si riferiva al movimento dei neri, per altri incomprensibile. Ma prova a leggerne il testo in un momento di crisi tua personale. Il messaggio uscirà dalla bottiglia e lo farai tuo. Noi, nell’affrontare la scrittura di una canzone, ci rivolgiamo al mondo che abbiamo intorno. I nostri messaggi non sono un tentativo di convincere o fare riflettere qualcuno, ma in un certo senso mettere in luce alcune complessità.

Il vostro sound si è evoluto negli anni, ma allo stesso tempo ha mantenuto una forte e precisa identità, che vi contraddistingue e vi rende riconoscibili in mezzo a tanti. Quanto è importante per voi il rinnovamento? È giusto assecondare le mode (musicali) del momento in cui si scrive?

Per noi è sempre stato fondamentale riconoscerci nella musica che facciamo. Ora è impossibile che un gruppo di persone permanga uguale a se stesso nell’arco di così tanti anni. Sperimentare nuove sonorità con cui vestire le canzoni è un modo per tenere accesa la curiosità attraverso nuovi stimoli.

Siete approdati al Festival in sordina, come lo scorso anno accadde per i Marta sui Tubi, riscuotendo ampi e importanti consensi. Per quale motivo secondo voi, le televisioni, malgrado i risultati evidenti, fanno ancora fatica ad accogliere artisti di nicchia nelle proprie prime serate e preferiscono centellinarne uno all’anno?

I personaggi già conosciuti sono l’usato garantito. Vale qui lo stesso discorso sulle case discografiche fatto sopra. Non si ha più la voglia né ci si prende il rischio di sperimentare, perché l’attività del talent scouting non è più contemplata.

Come nasce una collaborazione con i Perturbazione? Tra le molte che avete realizzato qual è quella che vi è rimasta più nel cuore?

Ogni collaborazione ha una storia a sé stante. Potremmo citare quella con lo scomparso Gipo Farassino, che arrivava direttamente da un’altra epoca. Ci parlava di impresari, di night, di concerti a Baghdad, di un mondo quasi fantascientifico per noi che arriviamo da un percorso indipendente. Oppure la meravigliosa sinergia che si è creata con Andrea Mirò. Una musicista eccezionale, una persona meravigliosa nonché oramai per noi, prima di tutto un’amica. E soprattutto Syria. Lei si è avvicinata a noi quando non ci conosceva nessuno, mentre spesso gli artisti tendono a ricercare collaborazioni solo quando sono utili.

E quest’estate? Quali sono gli appuntamenti da segnare in agenda?

Toccheremo un bel po’ di posti e siamo già in moto. Potrete trovare sul nostro Facebook tutte le date.

Perturbazione tour 2014

Come sta la musica italiana? Si vendono pochi dischi, questo si sa, ma ne escono tanti. C’è qualcuno tra i giovani emergenti che vi piace particolarmente?

Proveniamo da un mondo che pullula di artisti persino non più giovani ma con una discografia alle spalle, sempre prodotta con pochi mezzi a disposizione. Fatevi un giro sul portale Rockit.it, armatevi di curiosità. Ne troverete a bizzeffe.

Chiudiamo le nostre interviste sempre con un gioco da prendere con molta ironia, simile a quello della “torre”: a chi rompi il disco?

Subsonica o Afterhours?
Levante o Maria Antonietta?
Negramaro o Modà?
Francesco Sarcina o Francesco Renga?

No, no… Con quello che costano non li rompo e li rivendo all’usato!

Ringraziamo Gigi (e tutti i membri de I Perturbazione) per la disponibilità e per aver trovato il tempo per rispondere alle nostre domande in furgoncino tra uno spostamento tra una data e l’altra del loro tour.

 

 

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