15 Maggio 2020
Condividi su:
15 Maggio 2020

Testo & ConTesto: Michele Bravi, La vita breve dei coriandoli vista dal Prof di latino

Che cosa si cela dietro il testo del nuovo singolo di Michele Bravi? Prova ad interpretarlo per noi il nostro Prof di latino Davide Misiano

Condividi su:

Michele Bravi La vita breve dei coriandoli. Il nostro Prof di latino, Davide Misiano, ha deciso di dedicare la sua rubrica di approfondimento sui testi delle canzoni al nuovo singolo di Michele Bravi uscito proprio oggi.

Michele bravi LA VITA BREVE DEI CORIANDOLI: NON È UNA CANZONE DI RINASCITA

Sarebbe facile leggere d’istinto il titolo come un rimando alla fragilità dell’esistenza, cantato da un Michele Bravi che si affaccia alla rinascita dopo un’esperienza personale di indubbia intensità.

E da lui tutti ci saremmo aspettati una canzone del genere, compresi noi malintenzionati che, nell’irriverente gioco della critica, non vediamo l’ora che gli artisti cadano in scelte facili per poterle sottolineare.

Ma la canzone con cui l’artista ritorna, scritta in collaborazione con Giuseppe Anastasi, Francesco Catitti, Federica Abbate, Cheope, non vibra di consapevolezze struggenti, non ha il peso di un’esperienza precisa. Disarma nel raccontare il modo spontaneo in cui nascono i significati delle cose.

Le cose dell’amore? Be’, non possiamo negare che si parli d’amore, che si celebri l’incanto con cui due persone unite disegnano il loro mondo. Lo stesso comunicato stampa ci informa che il brano è il racconto di come l’artista, “grazie all’amore, sia riuscito a riscoprire la bellezza delle piccole cose, spesso racchiusa nella fragilità”.

Tuttavia questa interpretazione mi sembra riduttiva; mi pare una banalizzazione, che, se da un lato piega la canzone a delle comprensibili finalità di comunicazione commerciale, dall’altro la depriva della sua potenziale universalità.

Sono quasi certo che la canzone sia, invece, un inno alla fantasia che governa ogni amore, al suo potere salvifico.

Il nucleo vibrante del testo è l’immagine, in tutte le sue forme. Ogni amore vive di immagini, anche di quelle di più fragile consistenza: si proietta in esse, le ricrea, fa di esse e con esse la sua storia.

Di questo parla la canzone, prima che di un’esistenza da riprendersi e prima che di un amore.

LA VITA DEI CORIANDOLI: TESTO

L’unico verso che ci appare velato di malinconia è quello di apertura: tutto passa e tutto torna; se qualcosa abbiamo perso, prima o poi potremo riaverlo.

Subito dopo, Bravi canta la frase più bella della canzone e ci fornisce il binario su cui leggere tutte le suggestioni che sta per offrirci:

“utile la fantasia
a respirare ogni cosa prima”.

La fantasia è un’apparizione che fa pregustare le cose: il verbo greco phantazô significa “faccio apparire”, un verbo da prestigiatori, dalla stessa radice del verbo phainô che vuol dire “mostrare” e del sostantivo phanós che vuol dire “luce”.

È questo che fa la fantasia: dà luce, costruisce sensi, rende possibile l’impossibile. Fa immaginare.

Siamo due che si amano, dice Bravi, normalmente e qui; eppure niente, oltre, sembra avere un senso, perché qui ci sono tutti i sensi che la nostra fantasia può restituirci.

Due che si amano sanno guardare la vita con una lente che amplifica, che afferra immagini apparentemente trascurabili e le carica di valori. E quelle immagini sono solo loro, quei significati sono solo loro.

“Affascinati dalle immagini
dal bianco e nero di quei vecchi film
dal primo volo delle rondini
di cosa sono fatti gli angeli
la vita breve dei coriandoli…”.

Viviamo delle storie bellissime se riusciamo a fare memoria dei momenti, se sappiamo dare valore speciale a dettagli effimeri, se stacchiamo dalle esperienze dei fotogrammi che saranno per sempre.

È questo che ci dà i brividi, che ci ricorda il potere che abbiamo sul mondo: la capacità di ritrovare, attraverso l’amore, il linguaggio della fantasia, che sa dare un senso a ciò che è transitorio, che sa rendere eterna e memorabile la vita breve di un coriandolo.

Ci scuote sentire quell’accumulo di immagini, che hanno in comune l’appartenere a qualcosa di originario, di antico, di misterico, di minimale.

Ci scuote perché, per un attimo, rivediamo le nostre immagini, quelle delle nostre storie, quelle che abbiamo creato con le persone che abbiamo amato.

Lo special è il vero nodo da sciogliere. Sentiamo in lontananza parole distorte: it’s just a step… and if you do it… to see… to try...

Un invito a quella libertà che l’amore e la fantasia concedono? In ogni caso, sillabe segrete che si accavallano mentre l’arrangiamento cresce fino a soffocarle. Un codice che deve rimanere indecifrato.

Forse sono tutti quei segreti che ci siamo scambiati, le parole libere con cui noi amanti abbiamo riempito le nostre storie: parole diverse di coppia in coppia, di amore in amore, di tempo in tempo, ma accumunate dallo stesso bisogno di creare significazioni uniche, che ci facciano sentire ancora vivi.

MICHELE BRAVI LA VITA DEI CORIANDOLI: CONTESTO E SCRUTINIO FINALE

Non ConTESTO, ma mi concedo una piccola osservazione. È dettata certo dal modo tutto personale in cui mi sono lasciato toccare dalla canzone.

La voce di Bravi ha giocato un gran ruolo: ferita e ingenua allo stesso tempo, non sembra certo quella che, in Nero Bali, aveva accettato di non dire niente pur di vestire un tormentone.

Solo quando Michele dice che la vita dei coriandoli “mette i brividi” provo un istintivo fastidio.

È l’unica caduta retorica: sembra che, proprio nel momento in cui i brividi stiano nascendo spontaneamente, il poeta descriva didascalicamente l’effetto che dobbiamo provare, quasi a orientarci verso una facile commozione.

Ci sarebbe stata comunque, a mio avviso, o forse di più. Ma io sono uno che ama riempire i vuoti da solo, uno a cui non piace essere condotto per mano su strade obbligate. Così come non amo predicazioni sul senso profondo della vita sfuggito ai più. Mi piace che a parlare sia la fantasia!

Tranne questo leggero rischio “omelia”, il testo risuona per il suo sensualismo: le “evoluzioni degli acrobati” nella loro fragilità, riesco a vederle.

Forse perché credo nelle immagini. Credo che esse, anche quando apparentemente insignificanti, apparentemente inconsistenti, siano il mezzo con cui l’amore faccia suo l’universo.