6 Marzo 2021
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6 Marzo 2021

Sanremo 2021: Premio Testo & ConTEsto. I testi migliori (e i peggiori) del Festival

Il Prof di latino, con tanto di video esilarante, analizza i versi più discutibili delle canzoni del Festival e assegna il premio ai testi migliori e peggiori

Sanremo 2021 testi
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SANREMO 2021: PREMIO “TESTO” (PER IL MIGLIOR TESTO)

III POSTO: LA RAPPRESENTANTE DI LISTA, AMARE

Perché la canzone non è solo un testo, ma è l’integrazione di due codici che si compenetrano, si compensano, si sostituiscono, si sorreggono, e questo pezzo ha una fusione perfetta, tale che il suono aggiunge alla parola dove la parola si ferma e la parola aggiunge al suono quando esso si ripete.

Non è possibile valutare, infatti, il testo di una canzone senza sentirlo calato nel tessuto armonico e nel dettato melodico. Questo testo si carica di suggestioni ulteriori quando Veronica lo canta, e sorprende che una canzone dall’arrangiamento dance possa ottenere dal testo un afflato tribale: una danza essenziale e verace alla vita e all’amore che è nelle cose.

E quando leggo “Amare senza avere tanto… / È come l’aria che non finirà / Ogni volta che stai bene / Come l’aria che non finirà / Ogni volta che stai male”, io colgo quasi una demitizzazione dell’amore, fuori dalle enfatizzazioni di sempre: è il respiro naturale delle cose, che non vive necessariamente di eccessi.

Forse lo leggo solo io così, ma mi basta questo per sentire la grandezza evocativa del pezzo. “Vorrei essere tutto / Potrei essere niente”.

II POSTO: MADAME, VOCE

Non ho capito subito questo testo. Seguire le convulse articolazioni di Madame non è facile, ma credo sia questa la cifra della sua identità vocale e artistica: nel suo scivolare deforme tra le parole è il senso stesso del messaggio che propone.

Ho letto il testo, quindi; poi ho riascoltato la canzone incisa. Voce è al secondo posto perché è il testo più personale del Festival. Considerato anche indipendentemente dalla musica, questo flusso di coscienza ha uno stile avvinghiante, che introduce in un groviglio di autochiarificazioni da cui si esce toccati e denudati.

È un colloquium intimo con la propria voce, a tratti sporcato dai rumori della vita.

“Sarà bello abbracciarti
Dirti mi sei mancata
In un bosco di me
C’è un rumore incessante
E lo faccio da parte
Tu sei la mia voce”

Sono versi più belli di tutto il Festival.

I POSTO: FULMINACCI, SANTA MARINELLA

Perché, nonostante questo non sia il suo pezzo migliore e nonostante non sia il pezzo che più canticchio del Festival, è certamente, a mio avviso, quello dal testo meglio costruito.

È il testo più lirico e più unitario, è un testo che rivela una penna in grado di reinterpretare poeticamente le piccole cose del quotidiano. Un testo che dosa abilmente i registri, così realistico e insieme così visionario.

“Roma, che è una città di mare,
mi ha aperto la bocca e mi ha fatto fumare
Tanto non c’è più niente di cui innamorarsi per sempre,
per cui valga la pena restare”

Le scene che dipinge le abbiamo incontrate tutti fuori da Santa Marinella, eppure la lente di Fulminacci le restituisce in impressioni minute, in dettagli amplificati e sublimati:

“Prendiamoci una scusa sotto casa
E poi portiamocela su
Voglio solamente diventare deficiente e farmi male
Citofonare e poi scappare”

E poi c’è quel passo che mi pare una sintesi straordinaria del bisogno insopprimibile di ritornare che appartiene a ciascuno di noi. E io, finalmente, mi commuovo.

“La mia città è un presepe in mezzo alle montagne

bianche ed ostinate come vecchie cagne
Davvero io non posso più tornare solamente a salutare,
a 
sincerarmi che nessuno piange
Ti prego di raccogliermi la testa

come se fosse l’ultima che resta”.

Fra qualche anno Fulminacci potrebbe assurgere agli onori del grande cantautorato.

 

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