6 Dicembre 2021
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6 Dicembre 2021

Roberta Giallo: guida all’ascolto dei brani del suo disco dedicato ai poeti, “Canzoni da museo”

Un album di “poesie divenute canzoni” con le parole di Giovanni Gastel, Davide Rondoni e Roberto Roversi.

Roberta Giallo Canzoni da museo
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ROBERTA GIALLO CANZONI DA MUSEO

Roberta Giallo Canzoni da museo

1. Fossi stato allevato dalle scimmie

Le ferite del cuore che ci portiamo dentro, noi umani civilizzati educati al sentimento, forse non ci avrebbero tanto afflitto, se fossimo stati allevati dalle scimmie. Forse, alla fine dei nostri giorni, proprio queste ferite riveleranno il senso profondo della vita a noi animali sociali, ormai divenuti “social”.

Fossi stato allevato dalle scimmie non avrei condiviso questa vita con le ferite del cuore”: con questi versi iconici di Giovanni Gastel comincia il viaggio dentro al mio album “Canzoni Da Museo”, in un posto esotico del cuore e dell’immaginazione poetica, con pianoforte, contrabbasso, legno, cori umani e di scimmie.

2. Acqua acqua acqua di Sicilia

Il nostro tempo ci pone delle “sfide epiche”, quella ambientale è una delle più urgenti e imprescindibili. Con questa canzone rievoco il valore cosmico dell’Acqua, bene inestimabile e di tutti: non andrebbe venduta, non andrebbe “recintata”, similmente a come canta Lucio Dalla in “Come è profondo il mare”.

Del resto i versi sono di Roberto Roversi, che scrisse diversi album con Dalla e a lui aveva destinato anche quelli che adesso ho musicato, con grande onore. Pianoforte, synth, moog, cori…il viaggio acquatico apre ad un’atmosfera dolce e delicata, ma scava la roccia!

3. Il canto della lavatrice

Si può pensare alla parola lavatrice almeno in due modi: all’elettrodomestico oppure a “colei che lava”. Io penso ad una specie di figura mitologica che si tratti di panni, che si tratti delle colpe, dei complessi e dei peccati che ci portiamo dentro: lei li laverà, ci purificherà, ci salverà.

Questo pezzo nato dagli straordinari versi di Roversi, uniti alla mia musica, è Epos contemporaneo. Musicalmente ho cercato di restituirle quella forza, insieme al produttore Enrico Dolcetto, come sempre partendo dal piano, per poi aggiungere synth, elettronica, timpani dell’al di là, cori a volontà.

4. E’ questo andare che non è andare

Una piccola barca sull’acqua al tramonto va e viene dalla sponda al largo, ricordandoci il movimento dell’esistenza, mai compiuto…questa è l’immagine che visualizzavo mentre musicavo i versi dolci ed evocativi del poeta Davide Rondoni. Ne è venuta fuori una canzone carezzevole, acquatica, marina, crepuscolare e il violino di Anton Berovski, il contrabbasso di Enrico Dolcetto, la tromba di Mauro Malavasi, unendosi al mio pianoforte, hanno fatto la magia.

5. Ti ho creato padre

Una storia struggente e irrisolta ma al tempo stesso affascinante, quella del rapporto doloroso e complesso tra Giovanni Gastel e suo padre, che si fa “tragedia” nel senso più nobile della parola, ovvero lirismo doloroso fino alla catarsi.

Ricordo d’averla musicata di notte, sotto l’influsso di un particolare allineamento della luna (avviene una cosa come questa ogni mille anni). Il piano ha fatto strada, portandomi in un mondo sospeso e ancestrale, sconfinando poi in un moderno requiem che ha richiamato a sé synth minacciosi, il canto sublime del violino di Anton Berovski parallelo al canto, tutto sempre in direzione dell’inconscio, strada percorsa dai pionieri della tragedia greca.

6. Amo il fiore della tua malinconia

Ho preso questa poesia di Davide Rondoni e l’ho resa una specie di preghiera soul-urbana. “Tu sei l’interruzione della mia voce, e di tutta la città”: l’amore ha impellenza, interrompe tutto il resto e, con il solo pianoforte e cori, ho cantato libera le parole e finite le parole, come uno strumento, la voce ha espresso, ispirata, l’inesprimibile. La musica può farlo e che ognuno ci proietti quel che sente, quel che vuole!

7. Il cielo contro cui Bologna

Bologna è la mia città del cuore. Sento di doverle sempre qualcosa dal profondo: un grazie, un riconoscimento, una lode, una lacrima. E i carezzevoli, commoventi e crepuscolari versi del poeta Davide Rondoni, penso subito ai colori del tramonto che la poesia evoca (“e tutto l’oro che sembra splendere per morire…”), mi hanno aperto un varco nell’anima tra nostalgie e visioni, cadute e slancio verso l’assoluto. E così la canzone che è venuta fuori è un viaggio romantico delicatissimo fatto di pianoforte, chitarre elettriche e cori che sono fiocchi di neve leggeri, tromba nostalgica e altro ancora.

8. Parole

Nei versi di questa canzone vibra la forza primordiale del vento, l’incedere delle forze naturali e il carattere dell’uomo rivoluzionario (ancor più oggi), che ha a cuore la Natura, ne ha cura e la protegge. Terminato l’arrangiamento, costruito insieme a Enrico Dolcetto, seguendo il richiamo di forze ancestrali, ho avuto una visione: “Il Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo (olio su tela simbolo della rivoluzione).

E incredibile è stato sentir dire da mia madre al suo primo ascolto: “mi fa venire in mente Il Quarto Stato!”, allora ho pensato, “l’inconscio collettivo esiste davvero!” (come sosteneva Jung).

I versi evocativi di Roberto Roversi e la musica che mi hanno ispirato generano sorprendenti coincidenze: la poesia e la natura evocano, suggeriscono cose, come la voce del Vento.

9. Approdato in quest’epoca come un naufrago

E’ così che mi sento anche io, naufraga, su questa terra amabile ma allo stesso tempo ostile, incomprensibile.
Non sono attrezzato per vivere qui, per questo mi rifugio nell’arte”, Giovanni Gastel me lo ha detto tante volte e quando abbiamo deciso di collaborare insieme, sapevamo d’essere entrambi due “alieni” caduti su una terra violenta.

Figli di un’altra galassia continueremo a ricordare la nostra terra d’origine ideale, a cercarla attraverso le opere. Con questa canzone sospesa tra cielo e terra, tra cori celesti, sublime violino e pianoforte acquatico, si chiude il viaggio di “Canzoni da Museo”, che tuttavia apre ad un nuovo viaggio di speranza, di “ritorno verso l’altra galassia”.

Anche se Giovanni ci ha lasciati, continuerò a ricordare e a custodire la sua luminosissima luce, di cui mi ha fatto generosamente dono, anche attraverso le poesie regalatemi, ora divenute canzoni.

Canzoni da Museo” è essenzialmente questo: un album di poesie divenute canzoni.

 

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