2 Maggio 2023
di Blogger
Condividi su:
2 Maggio 2023

Eurovision 2023: guida, recensioni e video delle 37 canzoni in gara. Parte 2 di 4

Seconda puntata delle recensioni di Davide Maistrello ai brani del prossimo Eurovision Song Contest

Eurovision 2023 canzoni
Condividi su:

Eurovision 2023 canzoni: guida, video e recensioni

🇪🇪 ESTONIA: Alika Milova, Bridges ☆☆

Alika Milova ha vinto l’edizione 2023 di Eesti Laul e conquistato il diritto a rappresentare l’Estonia dopo essere esplosa nella scena musicale della sua nazione dominando l’ottava stagione del talent show Eesti otsib superstaari. Porta in gara una delle poche vere ballad pure di questo Eurovision, affidandosi a uno specialista come Wouter Hardy (autore di Arcade di Duncan Laurence, brano vincitore dell’ESC 2019 per i Paesi Bassi) e a una suggestiva messa in scena dominata dal gimmick di un pianoforte che si suona da solo.

Non sempre è facile per una proposta così struggente e d’atmosfera farsi strada all’interno del caleidoscopio di colori, energia e divertimento che contrassegna la manifestazione. L’impresa è resa ancora più ardua dalla nuova regola che vedrà le semifinali decise dal solo televoto, mentre le giurie nazionali (che potrebbero dare ad Alika una grossa mano) entreranno in scena soltanto per l’atto finale. La qualificazione, specie nell’abbordabile seconda semifinale, non dovrebbe comunque essere in dubbio.

🇫🇮 FINLANDIA: Käärija, Cha Cha Cha ☆☆☆☆☆

Inutile girarci intorno: il brano del finlandese Käärijä, un pot-pourri di rap, rock, elettronica, dance tunz-tunz e hyper-pop, è uno dei favoritissimi alla vittoria di questo 67° Eurovision Song Contest. Arriva a Liverpool con tutto per sfondare, tra look, presenza scenica, fattore “novità” e sostegno dei fan internazionali. Una proposta che seguirebbe il solco tracciato dalle ultime vincitrici dell’Eurovision (quasi tutte, in qualche modo, rappresentanti di un qualche tipo di unicità e lontane dal pop più commerciale e radiofonico), oltre a rappresentare il primo vero trionfo del rap in una competizione che lo ha quasi sempre snobbato.

La maggiore minaccia alla vittoria di Cha Cha Cha arriva dalle giurie, con tanti segnali che sembrano presagire un piazzamento peggiore del previsto rispetto alle concorrenti dirette per la vittoria finale (Svezia in primis). La gara si giocherà sul distacco che Käärijä riuscirà ad accumulare su Loreen al televoto, e su quanto riuscirà a difendersi nel voto dei giurati professionali delle altre 36 nazioni in gara. Con alle spalle un broadcaster come YLE, che ha puntato molto sulla rinascita finlandese all’Eurovision in questi ultimi anni e vuole dichiaratamente la vittoria, tutto sembra possibile.

🇫🇷 FRANCIA: La Zarra, Évidemment ☆☆☆

Fatima Zarra Hafdi, in arte La Zarra, è la cantante canadese di origini marocchine che France Télévisions ha scelto internamente (cancellando la selezione nazionale, che tra alti e bassi stava trovando una sorta di continuità e di riscontro di pubblico). Presentata in pompa magna dalla delegazione francese, propone un brano pop moderno che comunque mantiene la cifra “di classe” che contraddistingue il panorama musicale francese e nella fattispecie la sua espressione in chiave eurovisiva.

Un alone di mistero avvolge la partecipazione francese a questo ESC, con la cantante che non si è prestata quasi a nessuna performance dal vivo ed ha anche annullato all’ultimo la sua partecipazione a uno dei pre-eventi che introducono la stagione eurovisiva. Difficile valutare le sue chance effettive, ma sicuramente è una proposta che può fare sfracelli con le giurie e farà anche ballare il pubblico della Liverpool Arena.

🇬🇪 GEORGIA: Iru Khechanovi, Echo ☆☆

Fuori dalla finale addirittura dal 2016, la Georgia si affida a uno dei suoi compositori più affermati (Giorgi “Giga” Kukhianidze, tre volte vincitore del Junior Eurovision come autore) e a una sua pupilla, ossia Irina “Iru” Khechanovi – già componente del gruppo Candy, con il quale ottenne il microfonino di cristallo nella vittoriosa trasferta di Yerevan 2011.

Scritta in un inglese perlomeno zoppicante, Echo è però una canzone pop moderna e nobilitata da accenti etnici che si rifanno alla tradizione musicale georgiana. Partita inizialmente come potenziale outsider, la candidatura di Iru si è un po’ spenta col passare dei mesi e ora sembra poter giocare solo un ruolo da “guastatrice” a caccia di una delle prime dieci posizioni. Festeggiare il ritorno in finale sarà comunque un successo per la piccola nazione caucasica.

🇩🇪 GERMANIA: Lord Of The Lost, Blood & Glitter

L’ultimo posto raccolto da Malik Harris nel 2022 brucia ancora nei cuori dei fan tedeschi, che vedono la propria nazione costretta ormai da troppi anni all’anonimato a causa di scelte troppo “safe” e senza mordente da parte della propria emittente nazionale. É così che da Unser Lied für Liverpool è emersa la band glam metal Lord Of The Lost, che ha battuto anche sonoramente lo strampalato Partyschlager da villaggio vacanze nelle Baleari di Ikke Hüftgold.

Sulla carta, almeno a livello di immagine, la Germania non può e non deve passare inosservata in questo Eurovision. Il problema rischia di essere la concorrenza con tante band e tanti act “alternativi” più immediati e competitivi in chiave televoto: sarebbe un peccato, ma Blood & Glitter rischia fortemente di proseguire la striscia negativa da cui i tedeschi non sembrano riuscire a venire fuori.

🇬🇷 GRECIA: Victor Vernicos, What They Say

Victor Vernicos ha soli 16 anni ma già scrive e compone da solo: è un ragazzo di origini danesi per parte di madre, già in grado di autopubblicarsi diverse canzoni e di farsi notare dalla potentissima casa discografica Panik Records (che ne ha promosso la sua candidatura in una controversa selezione greca, finita addirittura in tribunale per il ricorso di una degli sconfitti). All’Eurovision si presenta con una ballata rock che sembra voler ricalcare la produzione acustica di Machine Gun Kelly, declinata però all’acqua di rose e quasi completamente svuotata di ogni mordente.

La Grecia è una nazione che storicamente vanta una forte diaspora di immigrati in giro per l’Europa ed immaginarsela subito fuori, tanto più con l’abolizione delle giurie in semifinale, sembra abbastanza fantasioso. In ogni caso il passaggio del turno rimane a rischio e se sfumasse all’ultimo non potremmo dirci del tutto sorpresi.

🇮🇪 IRLANDA: Wild Youth, We Are One

Era da un po’ di tempo che i Wild Youth avevano annunciato la loro intenzione di provare a risollevare le sorti eurovisive dell’Irlanda, nobile decaduta che si tiene stretta a stento il record assoluto di sette vittorie (l’ultima però nel 1996). La loro qualificazione è avvenuta tramite una selezione nazionale in cui sono riusciti ad eliminare John Lydon – da tutti conosciuto come il fu Johnny Rotten, storico frontman della band Sex Pistols – e il suo progetto post-punk Public Image Ltd.

La canzone che portano in gara è un pezzo arena pop scritto dallo svedese Jörgen Elofsson (autore di punta dell’industria musicale mondiale da fine anni Novanta a metà dei Dieci, con all’attivo successi internazionali come …Baby One More Time di Britney Spears e Stronger (What Doesn’t Kill You) di Kelly Clarkson). Musicalmente ricorda un po’ We Are The People, la canzone scritta da Bono Vox per gli ultimi Europei di calcio. Brano “uplifting”, ricco di buoni sentimenti e aneliti all’unione tra i popoli, ma forse un po’ troppo inoffensivo per convincere le platee di tutta Europa a spendere un voto per loro.

🇮🇸 ISLANDA: Diljá Pétursdóttir, Power

Ventunenne studentessa di fisioterapia di Kópavogur, Diljá Pétursdóttir non è nuova ai concorsi musicali: nel 2015 ha preso parte all’edizione islandese del format Got Talent, mentre quattro anni dopo si è piazzata terza al Söngkeppni framhaldsskólanna (una sorta di concorso canoro tra le scuole superiori di tutta la nazione, trasmesso in prima serata dal primo canale RÚV1) con una cover di Creep dei Radiohead. All’Eurovision porta un brano pop con influenze dubstep, con il quale spinge sul tema del miglioramento personale e del trarre forza dai momenti difficili.

Non è una proposta che parte coi favori del pronostico, specie in un anno in cui sono davvero tante le interpreti femminili memorabili e che sembrano possedere qualcosa di più di Diljá a livello di attrattiva e competizione. L’Islanda però non va mai data per spacciata all’Eurovision: è entrata in finale ben 10 volte negli ultimi 14 tentativi, vanta una striscia di tre finali consecutive e arriva a Liverpool con l’obiettivo di prolungarla ulteriormente.

🇮🇱 ISRAELE: Noa Kirel, Unicorn ☆☆

Una delle cantanti più conosciute e amate nel suo paese, Noa Kirel scende in campo per questo Eurovision con intenti quantomeno pugnaci: l’obiettivo è un grande risultato e illimitate sembrano le risorse messe in gioco per raggiungerlo, a partire dallo show promesso sul palco di Liverpool che nelle parole dell’artista dovrebbe essere una vera e propria “performance da Super Bowl“.

Paradossalmente la canzone sembra essere la parte più debole dell’intero pacchetto: scritto da Doron Medalie (autore e compositore già artefice di Toy di Netta Barzilai, con cui Israele vinse l’Eurovision 2018 a Lisbona) Unicorn è un brano caotico, che riesce a racchiudere in tre minuti un’intro e una struttura da pop moderno internazionale, un balletto che strizza l’occhio ai trend più in voga di TikTok e un dance break aggressivo in pieno stile K-pop (ma ricorda anche SloMo di Chanel, una delle rivelazioni dello scorso Eurovision). Il rischio è di voler giocare su troppi fronti ed essere troppe cose diverse, senza colpire davvero nessuno: in ogni caso Israele sarà della partita per farsi notare.

Precedente