18 Settembre 2020
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18 Settembre 2020

Intervista a Vaz Tè: “Sentivo il bisogno di ripagare l’attesa di chi crede in me”

E' uscito VT2M, l'album d'esordio del rapper genovese Vaz Tè. Lo abbiamo contattato per un'intervista di presentazione del nuovo progetto.

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E’ uscito per Dogozilla Empire / Sony Music VT2M, l’album d’esordio del rapper genovese Vaz Tè (ne abbiamo parlato Qui).

Un album completo in cui è chiara una personale visione del concetto di qui e ora. Una rivendicazione della presenza in una scena musicale ampia, ma in cui Vaz Tè trova spazio grazie a testi diretti e sonorità moderne e originali.

INTERVISTA A VAZ TÈ

Uno degli aspetti dell’album che più mi ha colpito è una personale lettura del concetto di “qui e ora”. Qual è stato l’incipit che ha dato il via al lavoro?

Per me si tratta semplicemente di fare musica, tutto nasce dal bisogno di dare espressione alla mia arte e alla mia musica, l’album è un mezzo di diffusione ed è uno dei formati standard che il mercato richiede. Oltre a dare voce al mio talento sentivo il bisogno di ripagare l’attesa di coloro che conoscono il mio potenziale e credono in me, perché loro sono il mio sponsor migliore.

In “Giotto” canti: “Sono anni che aspetti il mio disco” e “Non so se lavoro o faccio l’artista”. Queste due barre descrivono bene il mood del progetto che a tratti mi sembra dia l’impressione di essere quasi
sospeso. Ancora oggi c’è chi mette in dubbio il tuo essere artista?

Questa rima si riferisce al primo periodo di trasferimento a Milano, perchè a Genova nel mentre si era creata confusione tra i miei amici sul motivo della mia partenza. Infatti, io, non rendendo conto a nessuno, non ho dato spiegazioni in merito e quindi c’era chi pensava facessi una cosa, chi l’altra.

“Big Dog” può essere considerata come una dedica?

Mmm no, non direi una dedica. Forse vi riferite a quando parlo in seconda persona durante la mia strofa, ma è semplicemente parte del linguaggio rap, un modo diretto per esprimere determinati concetti.

La produzione di “Dos Santos” si differenzia dalle altre tracce. Trovo il brano un po’ slegato rispetto al resto. Cosa significa per te questo
pezzo?

Si è vero, Dos Santos è un pezzo forse un po’ più leggero rispetto agli altri. Su YouTube ho visto che hanno commentato “street music” ed è un commento che rispecchia appieno il mood del pezzo.

In “Mowgli & Tarzan” ho trovato la tua dimensione più intima e privata. Nel testo del brano c’è più consapevolezza o malinconia?

Direi consapevolezza. È un tributo a Genova da parte mia e di Tedua, alle sue strade, alle situazioni che abbiamo vissuto e che tuttora viviamo quando torniamo a casa. È evidente che il contesto della città di Genova, nelle sue strade e nei suoi vicoli, abbia segnato entrambi e che siano sempre una grande fonte di ispirazione per la nostra musica.

In “Wsp” canti “Sono un server che non fa il backup”. Cosa intendi?

Dico “spacco per sempre sono un server che non fa il backup”. È chiaro che sia una barra autocelebrativa: essendo che spacco per sempre, non ho bisogno di fare backup. È una metafora. Fare un backup significa salvare lo stato di un computer in un determinato istante in modo da averne una copia prima di fare un aggiornamento, ad esempio, per poter ripristinare la situazione precedente all’aggiornamento nel caso qualcosa andasse storto. Io intendo dire che spaccando per sempre non faccio backup, perché se spacco sempre vuol dire che nulla va storto e quindi non c’è bisogno di fare passi indietro tornando a una mia copia del passato.

“Benedetta”, che hai anche scelto come singolo, mette in risalto un altro aspetto della tua personalità artistica. Credi sia quello il brano che può essere considerato il manifesto dell’album?

Benedetta è sicuramente un pezzo che si discosta dai canoni standard del pezzo rap che esce oggi, sia nella produzione sia nei testi, questo penso che lo renda un pezzo più inedito. Non lo considero manifesto dell’album semplicemente perché preferisco che ognuno trovi il suo ascoltandolo.

“Risky Road” penso sia il pezzo con le sonorità più dure e urban. Qual è il messaggio che dai nel brano?

Risky Road è un pezzo molto grezzo e crudo. Non ho voluto comunicare un messaggio in particolare, semplicemente reinterpreto ironicamente il nome di un gioco per telefoni, facendo riferimento alla vita di strada e ai rischi che comporta viverla.

Qual è l’aspetto della città di Genova che più ha ispirato la tua musica?

Il tessuto sociale, di quello che conosco, il mare e l’architettura.

Quale credi possa essere il futuro di Genova dal punto di vista musicale?

Sicuramente io, come i miei soci, ho contribuito a rendere il terreno fertile anche per il futuro, poi non ho la palla di cristallo, ma certamente me lo auguro florido visto anche i presupposti che si stanno creando. Speriamo di essere solo all’inizio.

Genova è ancora la città dove si mescolano culture musicali? C’è ancora l’idea della contaminazione come valore aggiunto?

Da quello che mi ricordo da ragazzino gli ascolti erano effettivamente molto mescolati, non mi viene in mente un genere di riferimento dell’epoca, sicuramente il rap andava per la minore. Ora
siamo in un decennio di cambiamento e il rap sta prendendo fortemente il suo spazio, di sicuro a livello di suono Genova ha portato innovazione, il suono del rap di oggi è frutto anche di flow, suoni, metriche e melodie nati nella nostra terra.