Nel nuovo articolo della rubrica Dillo all’Avvocato, Fabio Falcone ci parla oggi di un tema che riguarda da vicino il portafoglio di autori, editori, artisti e produttori: le royalties.
Ricordiamo che l’Avvocato Fabio Falcone, specializzato in Musica, Discografia e Diritto d’Autore, nonché raro caso di professionista che al tempo stesso è egli stesso artista e cantautore con La Differenza e come Pianista Indie, cura la rubrica in esclusiva per All Music Italia.
Lasciamo quindi la parola a lui. Potete anche scrivergli per domande o segnalazioni mandando una mail a redazione@allmusicitalia.it con oggetto Dillo all’Avvocato o sul suo sito ufficiale cliccando qui.
artisti e royalties
Oggi parliamo di un argomento che riguarda direttamente il portafoglio di chi fa musica: le royalties. Tutti ne parlano, molti le aspettano con ansia, ma pochi sanno davvero come funzionano e come vengono calcolate. Vediamolo insieme in modo semplice.
Quando si parla di royalties ci si riferisce ai compensi che spettano agli autori, compositori, editori e artisti ogni volta che una canzone viene utilizzata commercialmente. Ma attenzione: non tutte le royalties sono uguali. Esistono principalmente due categorie: le royalties editoriali e le royalties discografiche.
Le royalties editoriali spettano agli autori e agli editori e derivano dai diritti d’autore. Entrano in gioco ogni volta che una canzone viene suonata in radio, eseguita dal vivo, riprodotta in TV, diffusa su Spotify, Apple Music o usata in uno spot pubblicitario. Questi compensi vengono raccolti da società come SIAE o Soundreef e poi suddivisi tra autore e editore in base alle percentuali concordate.
Le royalties discografiche, invece, riguardano chi detiene i diritti sulla registrazione audio, cioè sulla cosiddetta “fonogramma”. Sono i compensi che spettano all’artista interprete, al produttore e all’etichetta discografica quando la registrazione della canzone viene venduta o riprodotta, per esempio su un CD, un vinile o una piattaforma di streaming.
Facciamo qualche esempio pratico.
Se una tua canzone viene ascoltata 100.000 volte su Spotify, verranno generati due tipi di guadagni: una parte andrà al titolare del master (cioè chi possiede la registrazione audio, spesso l’etichetta o il produttore) e un’altra parte verrà raccolta come diritto d’autore e distribuita tramite SIAE o Soundreef agli autori e agli editori. Se invece la tua canzone viene utilizzata in uno spot pubblicitario o in un film, si parla di sincronizzazione: qui entra in gioco una trattativa diretta, spesso gestita da un editore, e il compenso può variare molto in base alla visibilità del progetto.
Come si dividono le royalties?
Ma come si dividono le royalties? Nella parte editoriale, una divisione tipica prevede il 50% all’autore e il 50% all’editore. Se ci sono più autori, quel 50% si divide ulteriormente tra loro. Nella parte discografica, le percentuali variano molto a seconda del contratto. Un artista indipendente che produce da solo può tenersi il 100% dei ricavi discografici. Se invece lavora con una label, può aspettarsi una percentuale tra il 10% e il 25%, mentre il resto va all’etichetta e agli altri soggetti coinvolti.
E qui arriviamo a un punto fondamentale: tutto si gioca sul contratto. Non esiste una regola universale, ma solo ciò che è stato messo nero su bianco tra le parti. Il contratto determina chi prende cosa, quando e in che misura. È per questo che consiglio sempre di far leggere ogni accordo da un legale prima di firmare, soprattutto se si parla di diritti futuri o percentuali che possono durare anche decenni.
In sintesi, le royalties sono una delle fonti principali di guadagno per chi scrive e produce musica. Sapere come funzionano, a chi spettano e come vengono calcolate è essenziale per non lavorare gratis. E ricordati: prima di accettare una proposta, leggi tutto con attenzione e, se hai dubbi, vieni a trovarmi su www.fabiofalcone.com . Meglio chiarire oggi, che rincorrere domani.”











