13 Dicembre 2019
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13 Dicembre 2019

Marracash Persona: recensione di uno dei migliori dischi rap degli ultimi 10 anni

Lo scritto Federico Traversa recensisce per noi in modo approfondito l'ultimo disco di Marra

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Marracash Persona recensione.

Se segui il rap italiano probabilmente sai bene chi è Marracash e hai già ascoltato e apprezzato Persona. D’altronde l’uomo di Barona, insieme a Fibra e Salmo, è uno della sacra triade per il genere, e non ascoltarlo un peccato mortale.

Se invece di rap sai poco o nulla ma vuoi avvicinarti a questa strana musica, il disco giusto per farlo è sempre Persona. Insomma, comunque la giri da qui devi passare.

A quarant’anni suonati, dopo la fine di una relazione sentimentale tormentata e a seguito di un complicato problema di depressione, Fabio Rizzo al secolo Marracash si chiude in casa, elabora il proprio vissuto, le esperienze assorbite in anni di silenzio creativo, e poi scrive di getto questo disco.

Una sorta di concept album esistenziale dove, partendo dalle varie parti del proprio corpo, analizza una parte di sé, di noi, del mondo in cui ci muoviamo.

Come una radio, Marra si fa trasmettitore di sentimenti, opinioni, frustazioni, dolore, analizzando con onestà, sensibilità ma anche ferocia, tanto la nostra società quanto sé stesso. E non fa sconti né a una né all’altro.

I suoi occhi vedono la cieca contemporaneità fatta di social, media farlocchi, soldi e foto di una realtà ridipinta per venderla alla massa; una società sventrata di contenuto come un pollo dissanguato dopo un rito voodoo (Tutto questo Niente).

E i suoi denti (Body Parts) masticano la rabbia di un uomo di successo che vorrebbe essere invece di sembrare di essere, che a volte si sente risucchiato nello sguardo vuoto della maschera che questa vita finta costringe tutti ad indossare.

Il suo cervello pensa (Quelli che non Pensano) a quelli che non pensano, la maggioranza rumorosa che schiaccia l’intelligenza abbuffandosi di nulla. Rifacimento del celebre pezzo di Frankie Hi-NRG, qui ritrova nuova luce accompagnato da Coez.

E il suo scheletro trema (Qualcosa in cui credere), sembra spezzarsi, saccheggiato dall’inconsapevolezza, dalla paura, dagli eccessi, dalla disperata ricerca di qualcosa di sacro in un mondo che banalizza tutto. E trema anche lo scheletro dell’amico Guè Pequeno, che si mette a nudo quanto lui in questo urlo disperato di 3 minuti e 32 secondi.

Il suo sangue (Appartengo feat. Massimo Pericolo) sgorga e brucia, disinfettato dalla malinconia, dal ritorno a quegli anni bui, anni di un giovane di famiglia modesta che cresce in un ghetto di cemento e acciaio.

Un randagio, adesso come allora, che anche oggi che è ricco e famoso quando vede un poliziotto sente un brivido corrergli lungo la schiena. Ti capisco, fratello.

E i suoi polmoni pompano aria (Bravi a Cadere), anche quando si sta precipitando, in apnea, soffocati da una serie di obblighi, legami e condizionamenti che a volte ti stringono per le palle fino a farti mancare prima il fiato e poi la voce.

Armato di vocoder, a questo giro Marra i ritornelli se li canta da solo, contento lui… io quell’aggeggio lo proibirei per legge, appiattisce tutto.

Il suo fegato cola bile e disgusto (Poco di Buono), in un passaggio monumentale che si apre campionando Ragazzo di Strada, inno agli underdogs targato i Corvi (per la cronaca ne fece una cover il mio amico Tonino Carotone e quando la suonava live veniva giù il soffitto) che poi si apre a una disanima su questo mondo grasso, che trasuda lardo unto e schifoso; e qui Marra si trasforma davvero in Zack de la Rocha (se non sai chi è, vaffanculo), fa poesia, emoziona, invoca tanto Cristo quanto Cobain ed è fottutamente e meravigliosamente credibile.

E la sua pelle (Non Sono Marra feat. Mahmood) si diverte, superficiale per natura, regalando un momento leggero in un disco che pretende attenzione, e ironizzando sul fatto che Marra e Mahmood si assomiglino e vengano spesso scambiati l’uno per l’altro.

L’ego (Supreme feat. Sfera Ebbasta e tha Supreme) comanda e disorienta, fa prendere cantonate, perché i pericoli sono sempre in agguato e anche se sei un tipo casa e chiesa può fregarti sempre il tragitto (cit).

Il king del rap e il golden boy della trap italica si amalgamano che è una meraviglia, realizzando una potenziale hit che resta comunque credibile.

E i suoi muscoli (Sport feat. Luché) si gonfiano, nel miglior stile del rap, perché questa musica è auto celebrativa per natura, ce l’ha nel dna.

Il tratteggiarsi figo, pieno di soldi, che scopi la tipa di un altro ma te la cavi come un pappone elegante con il rolex al braccio fa parte del pacchetto.

Come nei dischi hard rock, anche belli, ti devi sciroppare l’assolo di chitarra di venti minuti, qui ci tocca l’ego trip. Vivetelo con ironia, non va preso sul serio. Come un comizio di Salvini.

E i nervi cedono (Crudelia), massacrati da un amore malato, poche cose fanno male come una storia giusta che diventa sbagliata.

Marracash bestemmia con brutale onestà la donna che l’ha tagliato in due, senza vergognarsi di mostrare a tutti una ferita che gronda ancora sangue.

E il cuore sfarfalla (G.O.A.T.), perde colpi, prossimo a capitolare, con la nebbia fitta delle depressione a confondere i contorni.

Testo a fuoco come e più degli altri, flow sciolto, padrone degli spazi, poi ancora insolite parti cantate da un Marra consapevole e a suo agio nel farsi aderire ogni brano come un cappotto tagliato da un sarto.

E l’anima (Madame feat. Madame) resta, resta sempre. Al di là dei pensieri banderuole, dell’io, della depressione, dei successi, delle notti circolari e monche in cerca di salvezza.

Il tempo corre, tutto passa, ma lei no. È quella parte pulita da cui attingere forza dentro di noi.

E il cazzo? (Da Buttare) Beh, anche qui Marra è brutalmente sincero. E non aggiungo altro.

Lo stomaco e la sua nausea (Greta Thumberg) chiudono il disco. Ed è nausea forte. Per quello che ci facciamo, per come lo facciamo. Perché ci comportiamo come cancri, che si ingozzano finché ce n’è e poi crepano quando hanno ammazzato tutto e non c’è più niente da mangiare.

Ed è finito, si sfuma nel nero…

Marracash piace perché è bravo, è credibile e perché, nonostante provenga dalla periferia depressa, ha vedute larghe e la cultura di chi legge molto e sa elaborare quello che assimila.

Perché a suo modo è un poeta che soffre, come e più di noi. Perché non nasconde quello che è e che vive, nel bene come nel male.

Lo ripeto: Marracash piace perché è bravo, e Persona indiscutibilmente uno dei dischi rap di maggior spessore usciti negli ultimi dieci anni.

BRANO MIGLIORE: Poco di Buono
VOTO: 8/10


Marracash Persona Tracklist

  1. BODY PARTS – I denti (Prod. Marz, Low Kidd)
  2. QUALCOSA IN CUI CREDERE – Lo scheletro (Prod. Marz)
  3. QUELLI CHE NON PENSANO – Il cervello (Prod. TY1)
  4. APPARTENGO – Il sangue (Prod. Marz)
  5. POCO DI BUONO – Il fegato (Prod. Marz)
  6. BRAVI A CADERE – I polmoni (Prod. Zef, Marz)
  7. NON SONO MARRA – La pelle (Prod. TY1 & Dardust)
  8. SUPREME – L’ego (Prod. Marz, Charlie Charles)
  9. SPORT – I muscoli (Prod. Low Kidd, Demo Casanova, Rashaad Wiggins per Ahkuhmz Razor)
  10. DA BUTTARE – Il ca**o (Prod. Low Kidd)
  11. CRUDELIA – I nervi (Prod. Marz, Zef)
  12. G.O.A.T. – Il cuore (Prod. Big Fish)
  13. MADAME – L’anima (Prod. Marz)
  14. TUTTO QUESTO NIENTE – Gli occhi (Prod. Marz)
  15. GRETA THUNBERG – Lo stomaco (Prod. Marz)

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