16 Maggio 2015
di Scrittore
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16 Maggio 2015

Fonzie, il petto villoso di LUCIO DALLA e quello rasato degli italici Mc

Federico Traversa in "Rap chiAMA Italia" ci parla del cd tributo dei rapper italiani a Lucio Dalla e di quella volta che Lucio attaccò duramente il rap

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Adoro le persone che non se la legano al dito e sanno perdonare.
Solo grazie alla comprensione e al perdono la razza umana potrà uscire dalle proprie barbare deviazioni.
Quindi giù il cappello a tutti i rapper che parteciperanno al disco omaggio che le stelle dell’hip hop nostrano stanno preparando per il mai abbastanza compianto Lucio Dalla.

Per la cronaca, i primi ad annunciare la loro partecipazione sono stati Ensi e Fritz Da Cat, seguiti dai Two Fìingerz, poi via via si sono aggiunti anche Rocco Hunt, Clementino, Mondo Marcio, Raige, Don Joe ed Emis Killa.
A ognuno di loro è stata affidata una canzone di Dalla da reinterpretare in assoluta libertà. Dalle prime indiscrezioni pare che Rocco Hunt farà Piazza Grande, Ensi e Fritz da Cat rivisiteranno Come è profondo il mare, eccetera, eccetera. Il progetto, concepito da Franco Godi – autore di jingle musicali per le pubblicità nei sixties e storico produttore degli Articolo 31 – sarà patrocinato dalla Fondazione Lucio Dalla. Ah, si intitolerà Bella Lucio.

Una bella iniziativa, direte voi, cosa c’entra il perdono? C’entra, amici, eccome se c’entra. Già perché le cose sono due: o i rapper coinvolti nel progetto non hanno mai letto i giornali, oppure hanno deciso di perdonare la buona anima di Lucio e andare oltre. Per chi non lo sapesse, anni fa il cantautore bolognese – durante una lezione alla facoltà di Beni culturali dell’Università di Lecce – attaccò il movimento, definendo il rap come “la più grande stronzata che sia mai nata”.
La notizia venne ripresa dai maggiori quotidiani italiani e da allora i big del rap nostrano non hanno più visto di buon occhio l’autore di Caruso. Ricordate quando Fibra in Vip In Trip cantava “Preso Male come Lucio Dalla…?” Ecco, ora ne conoscete il probabile motivo.

Effettivamente quel 9 marzo del 2000 a Lecce, Lucio ci andò giù pesante. Riporto fedelmente:
Vi parla uno che ha fatto veramente i primi rap italiani, per esempio Com’è profondo il mare, Disperato erotico stomp e poi una canzone rap vera, nel ’75, che si chiamava Alla fermata di un tram. Io rispetto quello che nasce nel Bronx, chi non ha futuro musicale, non ha oggetti per suonare e allora fa musica con la propria carnalità e col proprio disagio sociale. Ma quando mi fa il rap della gente che gira in Ferrari o limousine, o quando fanno il rap ideologico utilizzando sistemi ideologici che sono lontani dal nostro meccanismo, dal nostro linguaggio, dal nostro modo di essere, dal modo di vestire… Che cosa me ne frega di vedere a Mtv quattro imbecilli coi grattacieli Pirelli dietro, a Milano, che fanno il rap?“.
Non si può negare che l’attaccò fu abbastanza violento e di sicuro dedicare un album a un artista che parlava così male della musica che proponi è un bell’atto distensivo.

E comunque Dalla disse cose condivisibili. Non criticò la musica rap tout court, criticò la figura della maggioranza dei rapper italiani da classifica che, onestamente, facevano (e ahimé qualcuno continua imperterrito) per lo più ridere.
Vedere ragazzi normali, cresciuti in famiglie normali che si vendono per ganster tutti pistole e thug life è abbastanza comico. Gue Pequeno, per dirne uno – che tra l’altro tecnicamente è un discreto rapper – nei suoi video è spesso esilarante senza saperlo. Praticamente propone all’infinito la parodia del tizio del video di Pretty Fly degli Offspring. E non è esattamente il massimo, se capite cosa intendo.
Anche Mondo Marcio per un po’ ci ha giocato molto col ruolo del figlio della strada, poi si è scoperto che la sua famiglia era tutto fuorché povera e lui finalmente si è messo al servizio del proprio innegabile talento, nascondendo la bandana di Redman fra le cose da non mettere mai più, per nessun motivo.
Insomma di rapper finti ghetto boy che vendevano cliché passandola per arte l’Italia ne è stata piena per anni e a Dalla, uomo di cultura e musica fatta di sostanza, la cosa dava fastidio. Fece quindi bene a esternarlo. Oggi, probabilmente, avrebbe cambiato idea e salutato con un sorriso divertito e compiacente tutti gli artisti del genere che sono andati oltre quelle ridicole pose importate dagli Stati Uniti.
Certo, qualche clone albino di Tupac gira ancora per i palchi italiani, ammorbandoci con le sue storie di figa, droghe, privé e thug life, ma sono sicuro che poco alla volta anche questi pochi irriducibili rinsaviranno. Smetteranno di radersi il petto, leggeranno qualche libro, capiranno che alla lunga è più intelligente amare qualcuno che scoparsi ogni cosa si muova e, infine, faranno finalmente loro la massima principe del mitico Arthur Fonzarelli: “Se fai il duro senza essere un duro finisci sempre con la faccia contro un muro”.
Sono oltremodo sicuro che così facendo, da lassù, il buon Lucio gli invierà qualche barra spendibile.
Alla prossima.
F.