21 Marzo 2022
di Cantautore
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21 Marzo 2022

Luigi Tenco e l’inscindibile nesso tra canzone e attualità, tra poesia e impegno sociale, tra senso di appartenenza e scarso coraggio

Di Luigi Tenco si tende a raccontare l’anima popolare. Oggi il cantautore Santoianni approfondisce per noi un altro lato dell'artista

Luigi Tenco
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Il 21 Marzo del 1938 a Cassine nasce Luigi Domenico Tenco.

Ormai al mondo d’oggi vige la regola del calendario della memoria, mi piace definirlo così. In pratica ogni giorno si condivide la citazione o la canzone di questo o quel cantate che ora che è morto è giusto omaggiare.

Oggi mi inventerò anche io tra questi, ma in realtà con l’intento più nobile o probabilmente (diciamocelo) più presuntuoso di riconsegnare ai lettori di All Music Italia un punto di vista differente su colui che per me ha rappresentato e rappresenta tutt’oggi la mia ispirazione sul “perché voglio scrivere canzoni”.

Dico così perché di Luigi Tenco, oggi come in ogni altro omaggio, si tende a raccontare l’anima popolare, del cantautore che ha saputo cantare l’amore, nella sua poesia ma anche nella sua intrinseca componente di sofferenza.

Oggi vorrei raccontarvi, attraverso un aneddoto, l’aspetto dell’artista e dell’uomo Tenco che è stato capace di convincere un ragazzo degli anni 90, quindi circa 30 anni dopo la sua morte, del perché decidere di scrivere e cantare canzoni possa rappresentare un valido mezzo per ritagliarsi il proprio posto nel mondo.

Luigi tenco e la linea verde

Alla fine degli anni ’60 in Italia e non solo il fermento nato all’interno del mondo dei giovani, le conseguenze del boom industriale e il tema dell’ambiente (ancora oggi così centrale) erano diventati argomenti fondamentali anche per la florida industria discografica italiana. Non ci si poteva esimere dal trattare questi aspetti se si voleva non solo ritagliarsi un proprio spazio “culturale” nel mondo dell’opinione ma anche e soprattutto vendere dischi.

Uno dei più attivi in merito fu Giulio Rapetti in arte Mogol che su suo impulso convinse i discografici di allora a raggruppare i cantanti e gli autori che si riconoscevano in quelle tematiche in un collettivo chiamato “linea verde”. Al suo interno dovevano rientrare promotori di canzoni giuste e condivise dai giovani per tematica e narrativa. Pensate che anche nella loro promozione alle radio le discografiche marchiavano i loro progetti come “appartenenti alla linea verde“.

Il 15 Ottobre del 1966 Luigi Tenco insieme a Sergio Bardotti, Lucio Dalla, Gianfranco Reverberi e Piero Vivarelli, si fece primo firmatario e promotore di una lettera aperta al settimanale “Big” al cui interno si contestava in maniera forte il pensiero sottostante alla “linea verde”.

Questo uno dei frammenti a mio parere più significative di quella lettera:

I quali giovani dunque è bene che sappiano come, in chiara antitesi alla linea verde, ci troviamo ben saldamente ancorati alla linea del blues, di Dylan, di Kerouac e di tutti coloro che ancora credono, in termini musicali e no, nella insopprimibile necessità della pace e della libertà. Noi nella pace e nella libertà non vogliamo ‘sperare’, ma preferiamo lottare, per ora su una trincea fatta di splendide e significative note, per conservarle o conquistarle.

Diciamocelo a leggere il contenuto di questa lettera, che vi invito a leggere integralmente, compresa anche la successiva replica di Mogol, un po’ si rimpiangono i tempi in cui esisteva la necessità di opinione e non solo il diritto ad essa.

Luigi Tenco a mio modesto parere andrebbe si ricordato e omaggiato, forse ancor meglio studiato, nelle scuole, negli stage formativi dei concorsi canori più o meno conosciuti, andrebbe rivalutato e raccontato in una veste che riesca finalmente a liberarlo dal pietismo e dalla semplificazione di molti omaggi.

Quando avevo diciott’anni grazie a lui ho scoperto la canzone d’amore, vero, il bel canto, altrettanto vero. Quando avevo diciott’anni grazie a lui ho però soprattutto imparato l’intrinseco e inscindibile nesso tra canzone e attualità, tra poesia e impegno sociale, tra senso di appartenenza e scarso coraggio.

Santoianni

 

 

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