Live For All disabilità e spettacolo, una proposta di legge per l’accessibilità agli eventi live.
“Noi non abbiamo più tempo.” È con queste parole che si chiude l’intervento delle attiviste e degli attivisti del Comitato per i Concerti Accessibili e dell’Associazione Al.Di.Qua.Artists al Senato della Repubblica. Un appello accorato, urgente, ma tutt’altro che nuovo. La loro battaglia va avanti da anni e oggi, 3 luglio 2025, si è trasformata in un’iniziativa istituzionale: la conferenza stampa “Una Legge LIVE FOR ALL”, promossa dal Senatore Ivan Scalfarotto e convocata per chiedere che il Parlamento si faccia finalmente carico di garantire l’accesso pieno e paritario allo spettacolo dal vivo per le persone con disabilità.
LIVE FOR ALL DISABILITÀ SPETTACOLO, Una proposta di legge dimenticata in un cassetto
Il cuore della richiesta è la ripresa immediata dell’esame della proposta di legge n. 1536, attualmente bloccata in Commissione Cultura alla Camera. Una proposta che recepisce le istanze contenute nel Manifesto “Live For All”, sottoscritto da quasi 30mila persone su Change.org, e costruito grazie al lavoro collettivo del Comitato e di Al.Di.Qua.Artists. Dopo cinque anni di attività e un anno esatto dal lancio del Manifesto, il gruppo chiede non più parole o promesse, ma norme concrete che rendano lo spettacolo dal vivo davvero per tuttə — sul palco e nel pubblico.
Non si tratta di concessioni, ma di diritti. La cultura è un diritto umano fondamentale.
Dalla conferenza stampa del 3 luglio 2025
Chi c’era e cosa è stato chiesto
A parlare in Senato è stato un collettivo composito e determinato: Chiara Bersani, Valeria Carletti, Marina Cuollo, Federica D’Alessandro, Flavia Dalila D’Amico, Riccardo Di Lella, Marilena Lafornara, Haydée Longo, Alessandro Marziano, Giorgia Meneghesso, Lisa Noja, Simone Riflesso, Sofia Righetti, Arianna Talamona, Valentina Tomirotti, Serena Tummino.
L’obiettivo è chiaro: costruire un sistema dello spettacolo equo, accessibile, paritario. Le richieste sono dieci e si dividono in due ambiti principali.
Per il pubblico con disabilità:
-
Prenotazione e acquisto in condizioni di parità, con procedure trasparenti e non arbitrarie.
-
Comunicazione obbligatoria del numero di posti accessibili, basata su criteri verificabili.
-
Visibilità e fruibilità piene, per ogni tipo di disabilità (fisica, sensoriale, cognitiva).
-
Stop alle “aree dedicate”: non si chiede inclusione per gentile concessione, ma pari partecipazione, anche con il proprio gruppo.
-
Progettazione universale, per nuove strutture e riqualificazioni.
Per artistə e lavoratorə dello spettacolo con disabilità:
-
Fondo dedicato a garantire accessibilità in produzione e tournée.
-
Open call di settore accessibili, per non escludere nessuno già nella selezione.
-
Programmi formativi accessibili e inclusivi, con docenti preparati all’inclusione.
-
Rivalutazione dei limiti di reddito per l’accesso ai sostegni: una regola pensata senza conoscere il lavoro intermittente artistico.
-
Eliminazione delle barriere in tutti gli ambiti dello spettacolo: formazione, produzione, distribuzione.
Le adesioni (vere) e i rischi dell’estetica dell’inclusione
L’iniziativa ha ricevuto l’adesione di molte associazioni, da FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap) a AISM, da Associazione Luca Coscioni a CoorDown, fino a UILDM, Equaly, Caratteri Cubitali, SoundSet Turin e Keep On Live. Hanno partecipato anche il collettivo Karma B, in presenza, e sostenuto pubblicamente il Manifesto artistə come Francesca Michielin e il duo comico Ficarra e Picone.
Ma in un’epoca in cui le parole “diversità”, “inclusione” e “accessibilità” vengono spesso usate per campagne patinate, bisogna chiedersi: quanto di questo sostegno è concreto? Quante realtà culturali hanno davvero modificato i propri processi per essere accessibili?
Non vogliamo più accontentarci di un’accessibilità parziale. Non vogliamo più chiedere il permesso di esistere in un sistema che vive proprio grazie alla riproduzione delle disuguaglianze.
Marta Migliosi, Movimento Antiabilista
La cultura non è di nicchia. È politica.
Nel suo intervento conclusivo, il Senatore Ivan Scalfarotto ha ricordato che la rimozione degli ostacoli è un dovere costituzionale. E ha promesso il suo impegno per riportare in Aula la proposta di legge. Ma le promesse non bastano. La politica italiana ha spesso mostrato una forma di paternalismo condiscendente verso i temi della disabilità, incapace di fare il salto verso una visione strutturale dei diritti. Come se includere fosse sempre un gesto opzionale, e mai una condizione necessaria di cittadinanza.
Nel 2025 non è più tollerabile che concerti ed eventi siano inaccessibili per una parte del pubblico.
Matteo Cadeddu, Change.org Italia
L’accessibilità non è una questione tecnica. È una cartina di tornasole della democrazia. Se chi organizza concerti continua a prevedere “posti riservati” come se le persone con disabilità dovessero stare a parte, se chi lavora nello spettacolo è escluso per mancanza di supporti, allora il problema non è individuale: è sistemico.
Che cosa fare adesso?
Firmare, sì. Diffondere, certo. Ma soprattutto fare pressione. Chiedere che venga fissata una data in Commissione. Coinvolgere artistə, direttorə di festival, agenzie di booking, scuole di formazione. Perché non esistono riforme culturali che non passano per la pratica quotidiana. E non esiste una scena musicale viva che lasci parte del suo pubblico e dei suoi lavoratori ai margini.
L’Italia dello spettacolo ha bisogno di questa legge. E ha bisogno di farla ora.