19 Ottobre 2025
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19 Ottobre 2025

Intervista a Montegro: “Vita Bellissima” e la verità della musica suonata: “Non volevo solo raccogliere canzoni”

Nel suo disco, Montegro unisce cantautorato e sonorità sudamericane

Montegro in uno scatto promozionale per il suo primo album Vita Bellissima, tra cantautorato e sonorità sudamericane
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Intervista a Montegro, una delle nuove voci più interessanti del cantautorato contemporaneo: autore, polistrumentista e narratore, unisce la scrittura della scuola d’autore italiana con una visione pop internazionale e pubblica ora l’album Vita bellissima.

Dopo la menzione speciale del Club Tenco per Occhi stanchi nell’ambito di Musica Contro le Mafie, la collaborazione con Max Gazzè nel brano Un’altra adolescenza e l’EP Fare di meglio (2024), oggi pubblica il suo primo album.

Un progetto che rappresenta il punto d’incontro tra la dimensione cantautorale e suggestioni sonore di matrice sudamericana. Anticipato dai singoli Benedetta malinconia, Ci balli su e dalla title track, Vita Bellissima è un concept album di otto brani che unisce chitarre classiche, archi e trombe a una produzione analogica curata insieme ad Antonio Di Santo. Un lavoro “suonato”, dove la ricerca musicale e la verità del racconto convivono con naturalezza.

Montegro racconta Vita Bellissima, il suo primo album tra cantautorato e riflessione sociale

Per l’occasione abbiamo realizzato un’intervista con il cantautore.

Intervista a Montegro: “Vita Bellissima” e la ricerca della verità nella musica

Ciao Montegro e benvenuto su All Music Italia! Oggi ci incontriamo in vista dell’uscita del tuo primo album, Vita Bellissima. Cosa significa, per un cantautore, pubblicare il primo progetto discografico?

La pubblicazione del primo disco, personalmente, ha un significato molto importante. Non è soltanto una raccolta di canzoni: per me è un concetto, un’identità, l’essenza del progetto. Ho aspettato diverso tempo prima di decidere la forma e il colore di questo disco e, dopo più di un anno di lavoro, guardandolo da un’angolazione più esterna, sento che riflette in pieno la mia persona e il mio modo di fare musica.

Prima di arrivare alla pubblicazione del disco, hai vissuto esperienze importanti, come la collaborazione con Max Gazzè, che ti ha portato anche a salire sul palco con lui in alcune date del suo tour. In che modo la musica di Gazzè — e più in generale la scuola romana — ha influenzato il tuo percorso artistico?

Quella con Max Gazzè è stata sicuramente una delle esperienze più importanti del mio percorso artistico. Ho avuto l’opportunità di vedere e toccare con mano il lavoro e la cura che grandi artisti come Max hanno nei confronti della musica. Sono cresciuto con la scuola romana (Fabi, Silvestri, Gazzè, Sinigallia…) e, crescendo, sono diventate parte del mio approccio ai testi tutte le particolarità che la caratterizzano: metriche vocali incastrate, tutte in rima, ritmicamente serrate. Credo che ancora oggi, come cifra stilistica, sia quella che più influenza le mie canzoni e il mio modo di scrivere.

Rispetto al tuo precedente EP, dove l’influenza della scena romana era molto evidente, in Vita Bellissima si percepisce anche una voglia di sperimentare, con sonorità più estive ed esotiche. Da dove nasce questa nuova direzione musicale?

In realtà per me è stata più una “riscoperta”. Il mondo sonoro più caldo, più chitarristico, è ciò che mi appartiene di più e da più tempo. I miei studi e la mia formazione musicale vengono proprio dallo studio della chitarra classica. La scelta di orientare il disco in questa direzione nasce dal desiderio di creare un ambiente sonoro che collegasse tutte le canzoni: lavorando al concetto di insieme ho capito che questo tiro musicale è quello che più rappresenta il mio modo di fare musica.

A proposito d’estate, hai organizzato un tour che si è svolto nei lidi della Puglia. Come è nata questa idea e cosa ti ha lasciato questa esperienza?

L’idea di fare un tour nei lidi è nata principalmente per dare un contorno consono al singolo estivo Ci balli su. Ci piaceva l’idea di accostare concerti in località marine con dj set post-live: possiamo definirlo un pacchetto di leggerezza estiva, e infatti è proprio quello che ci è tornato indietro. Una ventata di aria fresca di cui avevo davvero bisogno.

L’estate sembra essere un filo conduttore che unisce i tuoi brani passati a quelli di questo nuovo album. Cosa rappresenta per te questa stagione e perché ha un ruolo così importante nella tua musica?

L’estate per me ha sempre avuto un ruolo malinconico, soprattutto negli ultimi anni. È il momento dell’anno che più mi sfugge di mano e, nei miei testi, emerge spesso questo senso di nostalgia che uso per lucidare i ricordi e tenere soltanto il bello di ciò che si è vissuto.

All’interno dell’album, però, troviamo anche brani più malinconici come Grattarti la schiena e altri dal contenuto sociale, come Tutto banale. Come è nato questo pezzo? E quanto è importante per te scrivere canzoni che vadano oltre la sfera personale?

Scrivere di ciò che viviamo, per quanto mi riguarda, è un discorso che mi tocca particolarmente. Credo che la musica debba in qualche modo riflettere e descrivere il nostro contesto sociale. È uno dei più grandi strumenti di denuncia e di protesta: è ciò che hanno sempre fatto i cantautori, anche se oggi ho la sensazione che questa idea si stia un po’ perdendo. Spero che non si spenga mai questa esigenza.

Ascoltando Vita Bellissima si percepisce una grande cura nella scelta delle parole, ma anche un’attenzione particolare alla produzione. Come si è sviluppato il processo creativo tra scrittura e arrangiamento?

Alcuni testi erano parti di canzoni a cui tenevo molto ma che non avevano mai preso forma. Molto è stato scritto nell’ultimo anno, anche in maniera distaccata dalla musica, cosa che prima di questo disco mi era successa raramente. Per l’arrangiamento, invece, la figura del mio amico fraterno e produttore Antonio Di Santo è stata fondamentale: suoniamo insieme da circa 15 anni, veniamo dagli stessi ambienti musicali. Lavorando e sperimentando abbiamo capito che il fuoco strumentale per queste canzoni era proprio in ciò con cui siamo cresciuti: un approccio molto diretto e suonato, fatto di pochi filtri e tante chitarre.

Hai scelto come titolo del disco Vita Bellissima, che è anche il nome di uno dei singoli che hanno anticipato il progetto. Perché questa scelta? E perché, per te — nonostante “il male che ci fa” — la vita resta bellissima?

Ho scelto questo titolo perché per me è una canzone che racchiude il macro-concetto del disco. Vita Bellissima è una provocazione, un’ironia: vuole trasmettere tutta l’apparenza della società in cui viviamo, che ci ammalia con una bellezza finta e superficiale. Con il prezioso contributo di Ludovica Fantetti abbiamo cercato di riportare questo concetto anche nella copertina del disco.

 

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