La recensione di Ma io sono fuoco, il nuovo disco di Annalisa.
“L’abbraccerà, rallegrerà, solleverà, se mai cadrà. Difenderà, sempre sarà diamante lei e luce lui”
Se ricordate questa canzone è perché conoscete Annalisa Scarrone da tanto, tantissimo tempo. Più precisamente da quando era concorrente ad Amici e incantava tutti con la sua voce tra cover di Mina e primi passi nel mondo “dei grandi”.
Aveva i capelli di un rosso così acceso da far invidia, quasi fossero fiamme, uno sguardo ancora innocente ma tutta la voglia e il desiderio di prendere a morsi il microfono e la discografia.
Dagli esordi ad Amici alla rinascita pop: il percorso di Annalisa fino a “Ma io sono fuoco”
Sono stati anni strani, quelli di Nali (questo il suo soprannome), in cui di cambiamenti ed evoluzioni ce ne sono state a decine, un po’ perché non si riusciva a trovare una direzione chiara nel sound e un po’ perché sia lei che il mercato non erano, a vicenda, pronti ad “amarsi”.
La piccola fiamma, però, è rimasta accesa ed è stato fatto di tutto per farla divampare, anche passando attraverso folate di vento improvvise e strane (Avocado Toast resta tutt’oggi un mistero della sua discografia).
Non piaceva, il pubblico non la teneva in considerazione e i risultati non arrivavano, ma a un certo punto ecco l’illuminazione direttamente dall’Inghilterra: Dua Lipa.
Quando l’allora piccola Dua, astro nascente della musica mondiale, esplose, ci si rese conto che poteva essere intelligente sfruttare la presenza nella stessa etichetta per mettere in contatto le due ragazze e farle collaborare. E così fu nel 2016 con Used To You.
Forse è stato quello il momento in cui tutto è cambiato dentro Annalisa e attorno a lei, perché l’album successivo (Bye Bye) ha cavalcato l’onda “dualipesca”, sfruttando l’aggancio visivo e musicale e rafforzandolo quanto più possibile, a tal punto da usare lo stesso font dell’album di debutto di Dua Lipa per realizzare la scritta “Annalisa”.
In quegli anni sono arrivate le prime collaborazioni di peso, le prime hit estive di reale successo ma, specialmente, è arrivata una figura chiave nello staff: Stefano Clessi.
È indubbio che dall’arrivo di Clessi in poi le cose siano cambiate, parlano i risultati e le scelte fatte ma, al di là dei meriti che può avere una singola persona, il vero cambiamento è stato quello di Annalisa a livello umano.
Non era più la ventenne di Amici, era una donna over 30 nel pieno della maturità e dell’ambizione personale dopo anni di gavetta, che ha scelto di mettere in campo ogni arma possibile per riuscire a diventare ciò che, oggi, è: la donna con il maggior numero di certificazioni in Italia.
Essere nel posto giusto al momento giusto con la mente giusta e le persone giuste è una concatenazione che non può solo essere fortuna. La fortuna si crea, specialmente in mondi come quello dell’industria discografica, e Annalisa la sua fortuna se l’è creata quando ha pubblicato Bellissima, Mon Amour, Ragazza Sola, Euforia, Storie Brevi e Sinceramente in rapida successione nel giro di tre anni.
Il sound era finalmente arrivato, la direzione era stata capita e Annalisa aveva compiuto il proprio destino: diventare una superstar della musica italiana con pieno merito, sfruttando tutte le armi a disposizione.
La cosa curiosa è che il cambiamento è arrivato sull’onda degli elementi naturali e delle congiunzioni grammaticali: E poi Siamo Finiti nel Vortice (aria), Ma Io Sono Fuoco (fuoco).
Per farle raggiungere il successo si è data una mossa pure Madre Natura e direi che più di così non si potesse fare.
“Ma io sono fuoco” è il viaggio nelle emozioni di Annalisa
Dopo tutta la cronistoria, in breve, della carriera della più grande popstar (oggi) italiana arriviamo a questo album e alla prosecuzione del percorso musicale iniziato tre anni fa con E Poi Siamo Finiti Nel Vortice.
È bene sottolineare che si tratta di una prosecuzione dal punto di vista musicale perché si continua sulla scia dell’elettronica, della dance con ispirazione ottantina, ma c’è una differenza marcata sotto il profilo testuale.
Annalisa ha maturato l’idea di creare, a tutti gli effetti, un simil concept album dove si affronta un viaggio attraverso i disagi, raccontati con la giusta dose di ironia senza mai esasperare le cose e i concetti, di una donna che affronta il mondo e le persone.
Un viaggio che parte con Dipende, una canzone dove si viene sovrastati dalla rabbia e dal risentimento ma che poi scema e diventa malinconia in Piazza San Marco. Poi torna la rabbia controllata, consapevole ma anche ironica verso il genere maschile (e non solo) in Maschio, Esibizionista.
Si torna a pensare e riflettere con serietà in Avvelenata e ad affrontare altri stimoli emotivi fino a percepire quasi il bisogno di avere una spalla, un’Amica che ti sappia supportare e che, guardando da fuori, metta a fuoco tutto ciò che è stato vissuto, questa giostra emotiva.
Lungo tutto l’album, leggendo i testi, si percepisce quasi un senso di gratitudine nell’essere donna ma senza mai far sfociare questo concetto in una sorta di femminismo tossico, perché alla fine di tutto le esperienze negative capitano ma sono sempre focalizzate verso persone (uomini) specifici, definiti spesso “senza dignità” a causa delle loro azioni.
È un album in cui Annalisa sceglie di sfogarsi e di mettere nero su bianco le proprie esperienze per ricordare cosa ha vissuto, cosa ha affrontato, per riuscire a canalizzare tutta questa rabbia e buttarla fuori una volta per tutte ma senza dimenticarla, perché è solo attraverso l’assorbimento del trauma, non il nascondere sotto il tappeto le cose, che si può andare avanti.
Le ispirazioni musicali nazionali e internazionali sono molto forti
Se escludiamo i testi e parliamo di musica, di composizione e arrangiamenti, posto che l’album sia quasi del tutto da ballare, eccezion fatta per tre brani, Annalisa e i suoi collaboratori hanno scelto di prendere tantissimi spunti e ispirazioni diverse per creare le 11 tracce.
C’è una forte presenza di Lady Gaga in più di un’occasione (Delusa è una specie di Born This Way, per fare un esempio), così come si sente tantissimo la presenza di Donatella Rettore in Esibizionista o quella di Donna Summer e Moroder in Emanuela, o ancora The Weeknd in Chiodi e Io Sono (specialmente qui viene ripreso il suono della chitarra della canzone Sacrifice ma anche il pad di Open Hearts).
Tante ispirazioni, anche chiare, ma veicolate con rispetto e non con quella sensazione di scimmiottare qualcuno o qualcosa. C’è consapevolezza, anche qui, in ogni minimo passo e scelta fatta.
Album della maturità di Annalisa o nuovo passo verso l’eternità?
È l’album in conclusione, questo di Annalisa sembra essere il compimento di un viaggio cominciato nel 2022 e che ha trovato la sua naturale evoluzione e fine(?) con queste 11 canzoni, in attesa di un futuro che chissà cosa potrà riservare.
Potrebbe succedere di tutto e Annalisa, in questo suo percorso attraverso gioie e dolori emotivi e professionali, sa bene che non si può e deve mai smettere di cambiare, sempre tenendo fede alla propria cifra.
La vera domanda, piazzata più come curiosità in ottica futura, è: qual è la cifra stilistica di Annalisa, quella di questi ultimi tempi o quella melodica del passato che è stata messa da parte?
Si possono unire questi due mondi in futuro o continueremo ad ascoltare quasi esclusivamente la versione uptempo, eccezion fatta per qualche canzone spot tipo Piazza San Marco o Storie Brevi, di Nali?
Non lo sapremo mai fin quando non toccheremo con mano il futuro e, probabilmente, non lo sa neanche lei, quindi non resta altro da fare se non godersi queste 11 canzoni in cui c’è poco spazio per deprimersi ma tanto spazio per sfogarsi e per farlo bene.
VOTO: 7½
⭐⭐⭐⭐⭐⭐⭐½
Canzoni migliori: Io Sono, Amica, Delusa
Canzoni peggiori: Avvelenata











