Carmen Consoli Amuri luci conferenza stampa

Alla Triennale di Milano un’incontro intenso, tra il mito di Galatea, la Sicilia, l’impegno civile e riflessioni sull’intelligenza artificiale.
Sono arrivata alla Triennale di Milano di malumore. Fuori il mondo continua a bruciare e certe mattine sembra impossibile trovare senso in ciò che accade. Poi, nella sala Voce della Triennale, parte l’ascolto integrale del nuovo disco di Carmen Consoli: undici tracce che intrecciano mito, storia e presente. Un lavoro commovente, capace di parlare di amore e senso di comunità, che sembra sospeso nel tempo ma ancorato al nostro presente di guerre, sopraffazioni e migrazioni forzate.
La lingua è il siciliano, ma non come rievocazione folclorica: per Carmen è uno strumento vivo per trasmettere concetti difficili, per farsi polemica, sociale, politica.
CARMEN CONSOLI La presa di posizione su Giorgia meloni e sulla flottilla
Carmen Consoli apre la conferenza stampa senza esitazioni, portando subito la conversazione nel cuore del nostro presente più drammatico. Non parla di musica, parla del mondo.
Il governo italiano ha i mezzi per aiutare subito, in due giorni, ma ci è voluto un anno per capirlo. Adesso per fortuna li aiuterà. Per fortuna in due giorni pensa pensa che cosa bella che faremo, li aiuterà. E come dice la mia carissima amica Elisa, la cantante, la super cantante: sbrigatevi però, è già passato un anno. Bravi bravi, voi ce la potete fare.
L’ironia con cui cita Elisa non smorza la gravità delle sue parole, anzi: la amplifica. Quel “sbrigatevi” suona come un monito rivolto a chi ha il potere di decidere, mentre la musica diventa ancora una volta voce della coscienza collettiva.
Poi il discorso si allarga, fino a diventare riflessione storica e politica:
Non stiamo parlando di impedire a un popolo di usufruire di cultura o di cose varie. Qua bisogna bloccare purtroppo chi gestisce le cose… Oggi la finezza del politico non può essere paragonata alla finezza di un politico medievale. Servirebbe diplomazia, non occhio per occhio, dente per dente. Andarsi a comportare da terroristi non è la maniera migliore di rispondere a un’organizzazione tale. Io da comune mortale che abito alle pendici dell’Etna dico: questa cosa è abbastanza medievale.
Ed è proprio questa la forza della Cantantessa: dire l’ovvio che oggi non è più ovvio. Se nel Medioevo si inventò l’ambasciatore pur di smettere di massacrarsi, com’è possibile che la politica del nostro tempo scelga invece la barbarie della vendetta?
E ancora più duro è il giudizio rivolto a Netanyahu:
C’era bisogno di un leader che utilizzasse un mezzo molto più fine. Ma siccome ha anche degli amichetti nazionalisti… sappiate che da ora in poi il motivo per cui è morto Cristo non ha più senso, perché vi girerà la regola di occhio per occhio, dente per dente.
Parole che non cercano equilibrio né compromesso: individuano responsabilità, smascherano la logica della forza cieca e ne denunciano il fallimento.
Ma Carmen non si ferma alla critica. Ci regala un’immagine concreta, personale, quasi epica:
Prenderei la mia imbarcazione posteggiata ad Aci Trezza e mi dirigerei verso Gaza per aiutarli. Certo, ci impiegherei un po’ di tempo, non ho i mezzi del governo italiano… ma lo farei, io vi giuro che lo farei. Io lo farei. Io lo farei. Lo farei.
In queste parole c’è la fragilità e la grandezza dell’essere umano: non un piano politico, ma un gesto individuale che vale come simbolo. Non restare fermi, non accettare l’impotenza, scegliere comunque di fare qualcosa.
Ed è qui che arriva la sua riflessione più intima, che restituisce senso a tutto ciò che ci ha appena detto:
Essere utile a questa mia comunità, come? Vivendo nella maniera più virtuosa, la virtù anche in senso platonico, e creando valore. Già il fatto di vivere e di fare quello che faccio col massimo impegno, secondo me, è già un atto politico.
Questa frase mi colpisce perché chiude il cerchio: dalla denuncia globale al gesto quotidiano, dalla politica internazionale al modo in cui ciascuno di noi sceglie di vivere. In una contemporaneità atroce, dove la vendetta e la sopraffazione sembrano le uniche risposte possibili, Carmen Consoli ci ricorda che il vero atto politico è la virtù, l’impegno, la scelta di non restare indifferenti.
Il disco: mito, Sicilia, contemporaneità
Il nuovo lavoro nasce in campagna, tra l’Etna e il mare, con i musicisti storici, arrangiato ingrassando in maniera smisurata perché cucinava mia madre e registrato in presa diretta.
La voce calda di Carmen attraversa storie senza tempo: Ciclopi innamorati, donne rivoluzionarie, poeti siculo-arabi. Sulla collaborazione con Mahmood in La terra di Hamdis dice:
Sebbene di origini egiziane era perfetto per questo brano, che parla del dolore di Ibn Hamdis costretto a lasciare la sua terra adorata. La sua storia scorre parallela a quella di tanti migranti di oggi. Ho ammirato la precisione di Mahmood: un ragazzo di Milano che canta in siciliano è la prova che siamo internazionali.
E sulla scelta di Ignazio Buttitta e dei duetti con Jovanotti e Leonardo Sgroi:
anche solo una persona può creare una rivoluzione. La differenza si può fare ogni giorno. Jovanotti lo dice, e per me l’ha fatta già accettando di cantare in siciliano una follia che non andrà da nessuna parte, soprattutto in radio, ma che forse farà pensare a qualcuno.
Io, da siciliana, non posso che sentirmi orgogliosa che in questo disco ci sia anche la voce e la poesia di Ignazio Buttitta, uno dei nostri giganti culturali troppo spesso dimenticati.
Le donne e la subcultura del più forte
Carmen rivendica la sua scelta di dare voce a figure femminili fragili ma rivoluzionarie: Nina da Messina, Graziosa Casella…
Oggi è importante contrastare questa subcultura del pesce grosso che mangia il pesce piccolo. È questa la cultura fascista che dobbiamo contrastare: il rispetto per gli esseri umani, il rispetto.
L’intelligenza artificiale
Con ironia e lucidità parla anche di AI:
In ambito medico l’intelligenza artificiale può essere provvidenziale. Ma laddove sostituisce il pensiero e la coscienza diventa frustrante. Negli anni ’90 c’erano gli autori a tavolino che applicavano algoritmi alle canzoni. L’AI accorcia i tempi, ma il succo non cambia. Ciò che parte dal cuore arriva al cuore; ciò che parte da un algoritmo, dove arriva?
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