LEON FAUN C’ERA UNA VOLTA: UNA NON FIABA O UNA FIABA ROVESCIATA
“C’era una volta” è l’incipit tradizionale della fiaba. Così si intitola l’album, che trae il nome dalla canzone di apertura.
Rilasciato il 25 giugno, è un progetto di tredici tracce che vanta importanti collaborazioni (Duffy, Eiemgei, Sick Luke per la produzione; Madame, Ernia, Dani Faiv per i feat) ed è sorretto da un concept molto forte, affermato anche attraverso la ricerca grafica e audiovisiva.
Ci aspetteremmo una narrazione rap fantasy in piena regola, ma sin dal primo brano assistiamo, invece, a una non fiaba o a una fiaba rovesciata. I riferimenti all’immaginario fantasy (dal mondo di Narnia o di Harry Potter, al ciclo di re Artù, alla mitologia classica) non sono aboliti o demoliti, sono però ammorbiditi e rivisti in una chiave più realistica e umana.
I brani non sono allegorie, sono esperienze storiche.
Leon Faun racconta una storia, ma stavolta è la sua. E questa storia ha un’evoluzione, contiene lotte e conquiste, mostri da distruggere e vuoti da colmare, ma è una storia di vita autentica e terrena.
Gaia nel greco omerico è Terra. E, insieme a Ricordi Bui, altro pezzo programmatico che dichiara un abbandono del mondo di Mairon, Gaia è una delle canzoni di chiusura del progetto: un pezzo già uscito nel 2020, è vero, peraltro intriso di riferimenti fantasy, ma che assume un significato nuovo se riletto così, alla luce della sua collocazione ad epilogo dell’intero percorso.
Mi riprendo la terra, canta il Fauno. E rovescia la fiaba, scende dal cielo.
L’album è un viaggio dentro la storia personale di Leon e dentro le motivazioni della sua ispirazione. Chi sono? Da dove vengo? Perché canto? Cosa voglio cantare? Questo intende dirci.
Non è un rinnegare il fantasy, ma fornire le ragioni che lo possano rendere funzionale al bisogno primario di ogni artista: raccontarsi.
LEON FAUN C’era una volta: un percorso di liberazione
C’era una volta è quindi un percorso a ritroso. L’artista scava nel suo passato, lo canta per ricercare le motivazioni dei suoi conflitti e delle sue contraddizioni, e arriva a un presente in cui è pronto a “volare dove gli pare”.
Non rinnega, ma cerca di legare passato e presente: in fondo, il nostro passato ci ha fornito le armi per essere ciò che siamo e vogliamo essere; abbiamo abbattuto i rami secchi e abbiamo lasciato germogliare davanti a noi la nostra libertà.
Non a caso, la veste grafica del progetto è incentrata sull’immagine del ramo: i visual di YouTube mostrano oggetti e corpi che si ramificano in tutte le direzioni, a esemplificare ora il divario tra ciò che si è seccato e ciò che ancora può fiorire, ora gli infiniti percorsi che possiamo concederci, le molteplici e contraddittorie possibilità di evoluzione del nostro io.
Possiamo essere tante cose e la follia è pur sempre una possibilità (“Io tornerò da Camelot / Più luce nel mio animo / Come un altro bimbo magico / Come un altro psicopatico”).
Ma, per chi lo vorrà, andiamo ad analizzare meglio le canzoni, ad assaporarle insieme. Cliccate su continua per proseguire questo viaggio.