22 Marzo 2015
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22 Marzo 2015

UFFICIALMENTE PAZZI – PALLANTE – RECENSIONE NUOVE PROPOSTE

La recensione di "Ufficialmente pazzi", nuovo disco di Pallante uscito il 20 marzo: un lavoro ricco di storie, parole e mondi musicali molto interessanti

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Inauguriamo un nuovo spazio dedicato alle Nuove Proposte con la recensione di progetti discografici emergenti, che prende il via con Ufficialmente pazzi, nuovo disco di Pallante uscito proprio il 20 marzo. Vi abbiamo già presentato il suo mondo musicale qualche tempo fa (leggi QUI), in occasione del lancio del singolo Tutto quello che resta (del perduto amore), brano scelto per anticipare nei mesi scorsi l’uscita di questo disco.

Un disco ricco e denso di contenuti e musica, con un Pallante capace di muoversi in completa tranquillità tra suoni differenti che spaziano tra jazz, blues e swing per poi lanciarsi in ardite ma riuscite virate verso la canzone popolare e un’innovativo ed equilibrato avvicinamento al suono tipico del teatro canzone.

Il tutto realizzato con grande cura, a partire dall’uso delle parole, del suono e soprattutto nella scelta dei temi trattati. Una cura che troviamo in ogni aspetto del progetto, a partire dalla realizzazione del libretto di 24 pagine e delle scelte grafiche in esso contenute, con i 12 brani affiancati da una serie di splendidi disegni di Manuel De Carli, una scelta elegante che sottolinea la dedizione e l’attenzione che si nascondono dietro questo disco.

Ufficialmente pazzi si apre con la title track, che ci presenta da subito la profonda voce di Pallante attraverso un approccio delicato e prezioso verso il canto, un parlato che ci narra un testo intenso e sentito, una vera poesia dedicata al tema della follia che si accende  in una morbida e calda atmosfera costruita dalla semplice fusione tra pianoforte e voce.

Un’atmosfera che cambia subito, dissolvendo la fumosa aura jazz per spostarsi verso la seconda traccia, dove si innescano ironia e divertimento con Io sono il massimo, che presenta il volto leggero di un Pallante capace di divertirsi senza rinunciare al peso delle parole, cucite non certo a caso in un pezzo improntato alla leggerezza ma capace di essere caustico nei confronti di alcune figure maschili che popolano il nostro pianeta.

Un nuovo colore si trova in Andiamo in pace, dolce ballata che riesce nell’ardua impresa di portare il silenzio come valore aggiunto nel racconto musicale di una storia importante, quella di un senzatetto che ci insegna uno dei migliori sensi che la felicità possa mai avere.

Una sensibilità nel racconto che prosegue e che raggiunge il proprio apice nella quarta traccia, l’emozionante King un nome da re: storia di immigrazione fatta di amarezza, sfruttamento e ombre che porta luce sulla situazione di un mondo difficile ma splendido, emarginato ma ricco di storie, sensazioni e colori, racchiusi in una canzone che in un crescendo di intensità rende omaggio a tutti i King che popolano le nostre città, che non perdono la speranza nonostante vivano in un mondo che li nota soltanto “perchè sono di un altro colore“.

Un uso abile dei testi, sottolineato in Sono le parole, ballad dove le protagoniste sono proprio le parole, con il loro peso e le loro mille valenze. Segue il brano che esplicita la collaborazione con Alex Britti (che qui suona basso, batteria e lap steel guitar) e Erica Mou (cori), Tutto quello che resta (del perduto amore), incursione in un mondo fatto di suoni e immagini intensamente colorate che sembrano arrivare direttamente dal Sud America, con una serie di evocazioni che potrebbero benissimo arrivare da uno dei capolavori di Paolo Conte.

Il viaggio prosegue con L’egoista, riflessione ombrosa sull’amore raccontato con disillusione e intensità. Segue La Galoppa e Carmelo casalingo, un valzerino che induce al fischiettare nel presentarci una storia che nasce nel passato, il volto di un’Italia che non esiste più ma che racconta un mondo fatto di amore, lavoro e ceti sociali distanti visti dall’occhio di un marito che attende l’amata impegnata a lavorare assecondando le manie dei ricchi intenti a “pulirsi il cuore con le parole ed il culo coi guanti“.

Si ritorna immersi nella dolcezza con la delicata storia di famiglia di Fino alle ossa, una sensazione che venata di malinconia e con sprazzi di blues si ritrova in Per Sempre dove protagonista è invece l’immancabile tema dell’amore. Con Che ci importa, torna prepotente un animo divertito e divertente, con ritmi latini scelti per accompagnare l’ironico viaggio di Pallante in versione ironica e sognatrice.

Un disco che nel finale regala un brano strumentale, A night in Manduria, quasi a ricordare che oltre al Pallante delicato cantastorie esiste un Pallante musicista,  dalla storia pesante e degna di rispetto, che emerge determinata in questo pezzo dove troneggiano chitarre e una notturna atmosfera blues capace di chiudere degnamente un viaggio fatto di colori e storie, che si intraprende con l’ascolto di Ufficialmente pazzi.

Diversi sono i volti di Pallante, che faranno apprezzare questo disco a molti, un album consigliato a chi ama i lavori di Paolo Conte, Roberto Vecchioni, Lucio Dalla e Giorgio Gaber, talenti diversi tra loro ma con la comune capacità di raccontare storie ricercate ed emozioni forti e dolci al tempo stesso, muovendosi con uno stile che non viene toccato dal tempo.

Una dote rara della quale Pallante sembrerebbe portatore sano, contenuta in questo disco denso di storie, musica e stile. Un lavoro che dimostra quanto il non risparmiarsi in un progetto possa portare ad un risultato del quale essere fieri e che possa esser lanciato e preso ad esempio di progetto musicale realizzato nel migliore dei modi.

CANZONI MIGLIORI: King un nome da re –  Che ci importa