Vi proponiamo oggi la recensione del disco Ci sarà da correre di Melody, artista che porta il suo primo progetto discografico dopo una gavetta lunga anni che la vide partire bambina cantare le sigle dei cartoni TV e arrivare a palchi e collaborazioni prestigiose come vocalist e attrice di musical (vi abbiamo già parlato di lei QUI).
Un background che la rende un volto noto per gli addetti ai lavori, che sceglie ora di portare la propria musica sotto i riflettori alla ricerca di consenso dal grande pubblico.
Un progetto reso speciale dall’omaggio a Corrado Castellari, padre di Melody scomparso nel 2013 e autore dei più grandi interpreti italiani, che raggiunse livelli di eccellenza a partire dagli anni ’70 e che nel disco è presenza fissa con la propria musica.
Troviamo testi importanti (scritti in larga parte dallo zio Camillo Castellari) appoggiati a composizioni musicali leggere e ritmate, come in Ci sarà da correre, dove la spettacolarizzazione del dolore raccontata stupisce nel pensare come un pezzo scritto molto tempo fa e che racconta come spesso “si scambia la morte con il folklore”, potrebbe essere scritto in un qualunque pomeriggio dopo aver guardato alcuni talk televisivi. Altro esempio è Avere fame Avere sete, piccolo gioiello nato tra i ’70 e gli ’80 che grazie al suo ritmo trascina in un vortice di analisi dell’individualismo e delle contraddizioni umane.
C’è spazio anche per le evocazioni familiari ad alto contenuto emozionale di È tutto cielo, in un disco che conduce attraverso un percorso che spazia tra temi importanti e diversi, sfiorando l’amore, la cronaca, la politica e frammenti di vita quotidiana, tutti sapientemente miscelati e spalmati su musica chiamata quasi a voler spezzare e alleggerire il peso di testi spesso amari e mai banali. Troviamo poi la denuncia di Progetto, moderno racconto di tre figure maschili agli antipodi tra loro, alle prese con l’amore carnale.
Le ultime tre tracce pongono cover di successi musicati dal padre per eccellenze del panorama musicale italiano: Non voglio essere arriva dalle mani di Milva, mentre in questa appendice di brani già noti il meglio arriva in Wagon Lits, dove la nostra sfodera una bella attitudine rock regalando grinta e rinnovata energia ad un pezzo, con testo di Cristiano Malgioglio e cantata da Ornella Vanoni, che narra la calda passione extraconiugale di un rapporto consumato in un vagone letto.
Chiude Il testamento di Tito, il vero azzardo di Melody: musicato dal padre e con il testo dell’interprete Fabrizio De Andrè, un brano intoccabile al quale si avvicina con un rispetto e una delicatezza che portano ad un decoroso risultato finale che conferma le doti interpretative della giovane bolognese, qui di fronte ad una prova sulla carta molto più grande di lei.
Un disco ben riuscito, che trasuda molta cura e molto lavoro nella realizzazione, sicuramente forte del carico emotivo dato dall’essere omaggio ad un padre scomparso e alla sua grande arte, ma che non toglie merito a Melody, un grande merito per un’artista che si dimostra capace di portare testi importanti in territorio pop senza far perder loro nemmeno un grammo di peso e credibilità.
Un omaggio che però si trasforma nel biglietto da visita di Melody, capace di sfatare il luogo comune – a tratti sessista – che un’ottima vocalist sia condannata a restare una grande voce con poco potenziale interpretativo, vittima di una sorte di “sindrome della corista“. Melody riesce nell’impresa, portando la sua attitudine pop in un contesto cantautorale, dove la sua dote vocale è solo una delle sfumature presenti, in una serie di brani interpretati con una ruvidità e un graffio che riescono a convivere senza traumi con il suo timbro cristallino.
Un disco bello ma rischioso, per le aspettative che crea a livello di fattura e di carica emotiva, ma su questo ci aggiorneremo ascoltando la futura produzione di Melody, consci che se saprà confermare e stupire allo stesso tempo, ci sarà da correre verso il successo…
CANZONI MIGLIORI: Avere fame Avere sete, Wagon lits