5 Luglio 2015
di Scrittore
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5 Luglio 2015

Congiunzioni astrali, troika e GUE´PEQUENO

Torna Rap ChiAma Italia e questa volta Federico Traversa ci va giù pesante. Nel mirino GUE´PEQUENO reo di non valorizzare la sua musica come potrebbe...

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L’ultima settimana è stata per tutti abbastanza strong: un caldo che levati, la combriccola Tsipras e Varoufakis a lottare disperatamente contro quell’idra a tre teste che comanda l’Europa, il calcio scommesse che a Catania ha eruttato più dell’Etna, la disoccupazione giovanile che galoppa come un cavallo senza testa e una serie di altre varie ed eventuali.
Certo, è accaduto anche qualcosa di bello, tipo che è uscito il mio libro sulla Meditazione Trascendentale (leggetelo e assaporate un po’ di pace, e scusate la promo), Marte e Venere in congiunzione si sono visti alti nel cielo per la gioia di chi ama alzare gli occhi e contemplare l’universo e, pure nel light side of the moon, una serie di altre varie ed eventuali.

Come sempre, però, il negativo ha doppiato il positivo, è passato due volte dal via, ha ritirato le 40 mila lire e ora si è dato all’usura con il beneplacito di Mario Draghi. Vabbé, su, dettagli.

Musicalmente le cose procedono come al solito, regalandoci tonnellate di musica di merda intervallate qua e là da qualcosa di valido. In classifica primeggia il rapper Gué Pequeno, outta Club Dogo, con il suo nuovo disco Vero. Se questo fatto sia da inserire nel cestone delle cose positive o negative accadute in settimana è difficile stabilirlo. Certamente è positivo per Guè, uno che di gavetta ne ha fatta davvero tanta prima di raggiungere il trono delle chart. All’inizio con le Sacre Scuole, poi con i Club Dogo, il nostro si sbatte su e giù per i palchi italiani da oltre quindici anni. La sua credibilità non è quindi in discussione e gli va riconosciuta senza se e senza ma. Come va riconosciuto a Cosimo un flow di primissimo livello. Gué è certamente e innegabilmente uno dei migliori rapper italiani degli ultimi 10 anni. Fino a qui tutto bene, quindi, come diceva il suo amico Marracash.

L’aspetto negativo della fazenda è però altrettanto significativo e non può essere taciuto. Pequeno è arrivato al pieno successo con lavori che raramente rispecchiano il talento cristallino che lo stesso aveva dimostrato ai tempi dei dischi dei Dogo. La cosa, se gliela si fa notare, lo fa incazzare parecchio e posso anche capirlo. Ma è indiscutibile. Con Penna Capitale e My Fist, ma anche in alcuni passaggi di Vile Denaro e Dogocrazia, i tre del Club comunicavano un disagio autentico, una rabbia autentica e storie, seppur ingigantite, che suonavano autentiche e tratteggiavano quella generazione apolitica cresciuta all’ombra delle piazze e perennemente masticata dalla city. Gli ultimi lavori del gruppo, invece, così come i tre dischi solisti di Gué, emotivamente dicono poco, presentando spesso testi piatti, noiosi e banali. Ed è un peccato perché le basi sono sempre di primissima e Gué sa rappare che è un piacere.

Da ormai 5 anni stiamo assistendo a un deragliamento di contenuti che si consuma nella eterna troika, parafrasando la Grecia: soldi, club e fighe. Che sarà anche un bel modo di passare le ore ma a 35 anni quasi compiuti, se non riesci a dire altro, è forse giunto il momento di porti un paio di domande. Anche perché se un domani ti trovassi con meno soldi, i club chiusi e l’attrezzo che si è preso una meritata pausa dopo tanto lavoro, di cosa scriveresti?
Anni fa incontrai i Dogo in hotel prima di un live a Sestri Levante. Dovevo intervistare Jake e Emi lo Zio per registrare il loro contributo al libro Pelleossa, sulla storia di Vacca.
Passai una piacevole serata con i due simpatici pazzi ed ebbi modo di scambiare un paio di parole anche con Gué e Don Joe. Mi parvero ragazzi svegli e molto più preparati di quanto apparisse nei loro recenti dischi.
A Cosimo regalai una copia del mio libro con Don Gallo, chissà se si ricorda. Non lo feci per un atto di gentilezza o chissà cosa, ma perché speravo che le parole di Andrea potessero ispirarlo e aiutarlo a riscoprire quei valori che sono certo essere parte del suo vissuto. Ricordo che mi guardò storto e forse pensò, anche giustamente, “ma che cazzo fa questo? Mi regala il libro di un prete?”. Ma il Gallo non era un prete, era un rivoluzionario che sapeva aprirti l’anima. Comunque Cosimo prese il libro e lo mise nello zaino, ringraziandomi a denti stretti. Non so se l’abbia letto. Onestamente non credo, anche perché dopo, più che sbattersi nel sociale si è sbattuto una politica. E che politica… Ma questa è un’altra storia, dai.

Quello che voglio dire, alla fine di questo lungo papiro, è che mi piacerebbe che il mondo ritrovasse un minimo di coerenza. Non tanta, solo un po’. E in questo mondo coerente di cui amo fantasticare i greci non morirebbero di fame per le merdate di quattro strozzini di banchieri e, tantomeno, un talento cristallino come Gué sprecherebbe il suo tempo a raccontare stronzate per un pubblico anestetizzato da troppi tweet e altrettanti cuba libre.
Dai, zio, ripigliati. Ne abbiamo bisogno. Riparti dal titolo e da quella manciata di canzoni con autentici contenuti del tuo ultimo album. Riparti da Interstellar, Oro e Diamanti, Eravamo Re, Fuori Orario. Via le cazzate, ragazzo d’oro, e anche noi che siamo andati oltre la licenza media saremo di nuovo pronti a cantarti buon compleanno. Togli ossigeno a quella maledetta critica haters con vagonate di rime consapevoli e poi goditi i meritati applausi. Vedrai che saprai farlo anche senza il rolex allacciato intorno all’uccello.
Alla prossima.
F.

Photo di Young_Kuda