25 Agosto 2020
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25 Agosto 2020

Willie Peyote contro PornHub: “Nessuno si fa domande né il pubblico, né PornHub, su quello che c’è dietro alcuni video

Willie Peyote contro PornHub. Rilanciata la petizione Shut Down Pornhub and Hold Its Executives Accountable for Aiding Trafficking.

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Willie Peyote contro PornHub

Il cantautore, attraverso le proprie pagine social, si è schierato con una lucida e condivisibile analisti contro il colosso del porno sul web.

PornHub è il sito, nato in Canada nel 2007, che permette il pornographic video sharing, ovvero la condivisione libera di materiale video pornografico.

Il cantautore torinese lo ha scritto chiaramente sui social riprendendo le parole di Cecilia Elda Campani, attrice e insegnante nella Scuola del Teatro Musicale.

L’artista ha, poi, postando la petizione Shut Down Pornhub and Hold Its Executives Accountable for Aiding Trafficking.

Una presa di posizione forte per il cantautore che poco meno di un anno fa ha pubblicato l’album Iodegradabile (Qui la nostra videointervista).

WILLIE PEYOTE CONTRO PORNHUB – LE PAROLE SUI SOCIAL

“In sostanza: ci vogliono meno di dieci minuti per creare un account su PornHub e caricare un video.
La tua identità non verrà verificata, e nemmeno quella delle persone che compaiono nel filmato.

Il video andrà direttamente online – e PornHub inizierà a guadagnare sulle sue visualizzazioni.

Ci guadagnerà anche nel caso in cui, ad esempio, il video sia la ripresa di una quindicenne scomparsa da un anno, che si scoprirà essere stata venduta e stuprata almeno per i 58 video caricati sulla piattaforma.

‘Real violence on teen’ è una delle ricerche più apprezzate dagli utenti.

Il pubblico apprezza, PornHub guadagna, la ragazza viene venduta e stuprata due volte, cento volte tanto.

E nessuno si pone domande – né il pubblico, né PornHub. Nessuno fa una telefonata, nessuno denuncia.

Questa è solo una delle tante storie di casi di criminalità, pedopornografia, pedofilia e violenza sessuale che coinvolgono la piattaforma, casi per i quali non ha mai pagato un centesimo e – soprattutto – non ha mai cambiato il suo modus operandi, per evitare che almeno l’orrore si ripetesse.

Questa è una petizione per farli chiudere, e ciò è (secondo me) impossibile che accada.

Quel che potrebbe accadere è il sollevarsi di un tale polverone che li porti per lo meno ad agire per tutelare la salute e la sicurezza delle persone che appaiono nei suoi video (6 milioni di nuovi video caricati ogni anno – 42 miliardi di accessi – 90% degli account premium sono uomini).

È su quei corpi che l’azienda guadagna, che non siano mai più corpi vittime di violenze.”