7 Febbraio 2020
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7 Febbraio 2020

Achille Lauro e Anastasio: se i giovani parlano dei vecchi e di vecchie questioni…

l Festival di Sanremo 2020 ci ha regalato due modi di essere artisti e di performare. Ecco una nostra analisi

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Anastasio e Achille LauroSanremo 2020. Di cosa ci parlano le canzoni? Che processo creativo c’è dietro? Perché si devono tenere in considerazione anche le performance degli artisti e la capacità di performare sul palco?

Prendiamo in esame due artisti in gara al Festival di Sanremo 2020: Achille Lauro e Anastasio, 29 anni e 22 anni.

Due modi completamente diversi di raccontare il nostro tempo ma entrambi hanno l’esigenza di sviscerare temi importanti.

Al di là dei nostri gusti personali musicali bisogna prendere in considerazione la modalità in cui si presentano al pubblico e soprattutto cosa vogliono raccontare. Non si può negare che in entrambi c’è un aspetto performativo – tematico molto interessante.

Sanremo 2020 Achille Lauro

Achille Lauro si presenta nella sua fluidità raccontando a tutti con un comunicato stampa e sui social di essere diventato una signorina, omaggiando la delicatezza e la sensibilità femminile.

La stessa fluidità la porta sul palco dell’Ariston.

“Sono fatto così mi metto quel che voglio e mi piace: la pelliccia, la pochette, gli occhiali glitterati sono da femmina? Allora sono una femmina. Tutto qui?

Io voglio essere mortalmente contagiato dalla femminilità, che per me significa delicatezza, eleganza, candore. Ogni tanto qualcuno mi dice: ma che ti è successo? Io rispondo: ‘Sono diventato una signorina’ ”

Achille Lauro – tratto dal libro Sono io Amleto.

Analizziamo il suo percorso sanremese dalla sua prima apparizione con Me ne frego.

Appare a piedi scalzi coperto da un mantello firmato Gucci, si spoglia rimanendo in tutina davanti a milioni di spettatori cantando “me ne frego” come per dire “voi mi imbottite di veleno e me ne frego, io vado avanti”.

Senza scendere nella profondità del simbolismo del gesto che già è stato ampiamente raccontato, si deve sottolineare un aspetto importante, lui sa perfettamente di recitare una parte, di stare siglando un patto con lo spettatore e si permette all’interno di quello spazio di essere provocatorio, sicuro di sé ma appena finisce tutto e ritorna la “normalità”, lui vive quell’imbarazzo che lo rende fragile.

Il suo gesto per coprire le sue parti intime a fine esibizione racconta tutto lo spessore che c’è dietro la sua operazione.

Una rottura degli schemi, per cui se canto devo essere io e invece no, se canto posso essere anche un altro e trasfigurare le azioni in gesti eclatanti.

Tutti ne parleranno, lui lo sa ma dietro quei click passerà anche il suo messaggio di uguaglianza, di libertà di espressione, di leggerezza.

Poi nella serata delle cover sfida le provocazioni di scimmiottare Bowie e lo diventa veramente cantando una delle canzoni più femminili che esistano Gli uomini non cambiano di Mia Martini.

Canta con un’emozione sincera, mettendo al centro la donna in ogni sua sfumatura, accompagnandola, Annalisa Annalisa che con la sua voce arricchisce un’interpretazione già toccante.

Sembra dire “Gioco fino alla fine questa mia provocazione nella serata delle cover, la mia visione è questa e ve la mostro…anche se Annalisa è al centro della scena”. Delicato, umile.

Sanremo 2020 Anastasio

E se Achille Lauro “gioca” con la spettacolarità dall’altra parte c’è chi la racconta con passione ed energia.

Anastasio sa bene di rappresentare la “rabbia” di una generazione che si sente presa in giro, una generazione truffata da un sistema che spettacolarizza ogni cosa.

Nel suo brano Rosso di rabbia è evidente come condanni tutta la società dello spettacolo di cui anche lui fa parte. La sua rabbia è perciò disinnescata.

Lui usa il suo grande talento di scrittore, ha dato prova nel suo percorso artistico di saper sintetizzare attraverso le sue rime temi davvero importanti e di riuscire a confrontarsi con canzoni ritenute “intoccabili”.

Chi non si ricorda di Generale… Arriva dritto, senza giri di parole. Un bombardamento poetico che trasforma immediatamente il palco in un luogo dove poter essere liberi. Lui ci sta bene, ne sente la forza e la restituisce.

Nella serata di cover mostra come ci sia un fil rouge che lega le sue performance. Rimprovera i cinquantenni che guardano la rai ma è proprio lui su Rai1 a cantare in prima serata.

La nostra è la società dei paradossi, in cui il sentirsi disattivati può essere strumentalizzato.La pornografia fei sentimenti. La viviamo giornalmente, la temiamo ma alla fine è anche quella che ci fa sentire meglio, meno soli.

Anastasio fa proprio questo : sviscerare ciò che viviamo e che ci sta fossilizzando. E portando sul palco la PFM inscena un vero e proprio confronto generazionale.

Lo fa prendendo entrambi i punti di vista e arrivando alla conclusione che ciò che lega le due esperienze è una comune paura della solitudine e della perdita.

Un invito a costruire il futuro e a non giudicare troppo il presente perché siamo tutti destinati a compiere le stesse azioni che si ripetono da millenni. Masticati e dopo vomitati.

La banalità del fatto che quei giovani poi saranno vecchi mette in discussione l’intero sistema, ciò che è stato rivoluzionario un tempo sarà lo stesso giudicato vecchio a posteriori, anche se a cantarlo è un ragazzo di 22 anni.

In conclusione dietro questi due artisti c’è un percorso: per questo motivo sarebbe opportuno prima di giudicare un’esibizione artistica cercare non solo di comprendere il contesto in cui essa avviene ma anche tutto ciò che c’è dietro la sua realizzazione.

Ecco il testo della cover Spalle al muro di Anastasio con la PFM:

Spalle al muro, quando gli anni sono fucili contro, qualche piega sulla pelle tua, i pensieri tolgono il posto alle parole, sguardi bassi alla paura di ritrovarsi soli.

A volte il mondo cambia passo e c’è chi non tiene il ritmo e il suo passo è un passo falso chi ha lo sguardo basso parte già sconfitto.

I cinquantenni sembran nati ieri, si magari foste nati ieri sareste un po’ meno disorientati in questo mondo di schermi per collegati di problemi seri scaricati sul groppone di scemi che neanche nati sono già schedati nelle banche dati, sono masticati e dopo vomitati, masticati e dopo vomitati, masticati e dopo vomitati, ingozzati come Tamagotchi e lasciati a raccogliere i cocci, voi generazione di ereditieri male che vada vi è andata bene.

Sempre a pensare a come era ieri perché il domani non vi appartiene. Tu che non sai usare il cellulare ripeti slogan fatti per le masse , sei solo buono a pagare le tasse e guardare la rai, a farti truffare on line, ma dai.

Vecchio diranno che sei vecchio con tutta quella forza che c’è in te

Vecchio quando non è finita c’è ancora tanta vita e questo tu lo sai

Non l’avrei mai detto io, di trovarmi vecchio, con il corpo che mi regge ancora e con un nodo in gola fatto bello stretto, sarò molto schietto.

Conto cinquant’anni e sembro un ragazzetto, mica sono vecchio, e allora perché questi gridano vecchio, intere giornate passate allo specchio a cercare un indizio del tempo più per i peli bianchi sul mento e basta, qualche ruga sparsa ma si vede a stento, la faccenda è un’altra.

Già è che sono vecchio in testa e abbiamo fatto il nostro tempo, adesso cambia il vento e quello che mi resta è di vedere morire le mie convinzioni in nome delle nuove e infine restarmene solo, restarmene zitto marcire in un ospizio e fare spazio a loro: i giovani, i supereroi, con gli occhi che chiedono aiuto e il terrore fottuto di essere noi.

Arriverà il giorno che toccherà a voi di restare indietro, di battere i pugni sul vetro di un mondo cieco e sordo quando non c’è spazio a bordo chi non serve resta giù

Vecchio diranno che sei vecchio con tutta quella forza che c’è in te

Vecchio quando non è finita, c’è ancora tanta vita e l’anima la grida e tu lo sai che c’è

Masticati e dopo vomitati

Arriverà il giorno che toccherà a voi di restare indietro, di battere i pugni sul vetro di  un mondo cieco e sordo e quando non c’è spazio a bordo chi non serve resta giù.

 

Articolo di Anna Ida Cortese