18 Aprile 2024
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18 Aprile 2024

Intervista a Mario Venuti: degrado e bellezza nella dualità della Sicilia

Mario Venuti, un viaggio musicale tra critica sociale e riflessioni sulla cultura siciliana, tra suoni internazionali e temi esistenziali.

Mario Venuti
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Mario Venuti esce oggi con  “TRA LA CARNE E IL CIELO”, in digitale e in fisico ,undicesimo album in studio prodotto dall’etichetta Microclima.

Un lavoro che affronta senza filtri tematiche di critica sociale in un gioco virtuoso di contrasti con sound, ritmi e strumenti musicali che dipingono contaminazioni sonore ricercate e sorprendenti.

Anche questa volta Venuti affida a Tony Canto la produzione artistica e buona parte degli arrangiamenti. Questo progetto discografico è composto da canzoni originali, tranne ANDIAMO VIA, adattamento in italiano di VOCÊ NÃO ENTENDE NADA di Caetano Veloso in una versione rock blues.

La gamma di sonorità internazionalista spazia dal pop al jazz e al blues con un occhio sempre attento al suo amato Brasile e più in generale alle contaminazioni con i ritmi e i suoni del mondo. Gli strumenti utilizzati sono molteplici e affatto scontati, chitarra classica, elettrica, synth, programmazione elettronica, basso tambourine, pianoforti, basso elettrico,contrabbasso, percussioni, sax tenore, trombone, tromba, archi, violini, viole e violoncelli etc.

Denominatore comune la voce di Mario, sempre calda e riconoscibile, capace di creare naturalmente intimità e di accompagnare l’ascoltatore nella perenne tensione “tra la carne e il cielo”.

MARIO VENUTI INTERVISTA

Degrado è il singolo di lancio dell’album. Racconta di una Catania rassegnata al degrado urbano, però c’è anche una resistenza davanti a certe dinamiche della società…

In fondo, ciò che conta davvero è l’atteggiamento un po’ cinico e sarcastico che si cela dietro tutto questo perché il degrado porta a situazioni paradossali, come l’immagine dei cumuli di spazzatura con i turisti che si fotografano con lo sfondo dei rifiuti perché trovano la cosa assurda. E così, ci ritroviamo a sorridere, anche se con un sapore amaro.

Tutto si risolve con una sorta di rassegnazione, non tanto al degrado in sé, ma alla constatazione che, alla fine, rimaniamo qui, nonostante le situazioni che possono farci arrabbiare. Bisogna prendere il sud così com’è. Posso addirittura difenderlo dicendo che ci sono persone che scelgono di viverci: trovano un certo fascino nell’aria un po’ trasandata, un po’ abbandonata e pittoresca, se vogliamo. Ci sono persone affascinate da questa piacevole anarchia, da questa atmosfera.

La canzone più forte emotivamente è sicuramente Abusando, perché parla di abuso, di manipolazione e di ipocrisia nel non vedere certe cose. C’è un evento che ti ha portato all’urgenza di un testo così tagliente?

Faccio riferimento a “Il caso Spotlight” che è un film su un’inchiesta del Washington Post sugli abusi nella chiesa americana nella contea di Boston. Il film mi aveva colpito molto. È un argomento che ogni tanto riaffiora poi ci sono state anche recentemente un po’ delle illazioni riguardo al caso di Emanuela Orlandi, in cui pare che ci sia anche la responsabilità di Papa Wojtyla.

Insomma c’è sempre un po’ qualcosa di torbido dietro, ma queste cose non è che mi hanno colpito adesso, sono cose che si raccontano da tanto tempo, però forse per me era venuto il momento di parlarne e così è stato.

Il filo conduttore dell’album mostra sicuramente una visione un po’ esistenzialista, quindi tocca quello che è la visione dell’esistenza umana, la libertà individuale, il senso della vita. La musica per te ha un obiettivo sociale?

Ma onestamente in tutto questo non c’è un disegno preciso, è un modo che mi viene anche abbastanza istintivo. Quando scrivo le canzoni con Kaballà viene abbastanza naturale per quella che è la nostra storia, la nostra cultura, la nostra sensibilità umana, politica, analizzare certi argomenti ma non c’è quel sovraccarico di voler fare il di più…

I testi profondi, gli argomenti intensi e maturi dell’album fanno da contraltare alla copertina dell’album: è solare, ci sei tu e tua sorella, sorridenti, bambini. Come mai questa scelta?

Ma forse è stata la fotografia che hai scelto me, non io che ho scelto la fotografia.  Mi sembrava molto poetica e in qualche modo, in una maniera non didascalica, è legata al titolo dell’album “Tra la carne e il cielo”.

La figura del bambino è tra la carne e il cielo, perché sta prendendo confidenza con gli aspetti terreni, materiali della vita, però ha ancora una purezza nel cuore che lo avvicina al cielo.

Come ti vedi fra dieci anni?

Onestamente non riesco a formulare grandi progetti per il futuro. A volte, nell’arco di un’ora, i miei pensieri vanno in tante direzioni diverse. Però mi rendo conto che la vita va avanti come una macchina che non si ferma mai. Anche se talvolta mi sento stanco, mi rendo conto che sono parte di un sistema inarrestabile.

Non sono un pesce fuor d’acqua, ma certamente a volte mi trovo a fare fatica ad integrarmi completamente in questo mondo, soprattutto considerando che vivo in Sicilia.

Hai scelto di vivere in Sicilia…

I miei tentativi di stabilirmi a Milano in pianta stabile sono falliti. Alla fine in qualche modo sono rimasto intrappolato in Sicilia, perché mi sono trovato imprigionato in quelle dinamiche che conosco anche se a volte sono critico nei confronti dei miei concittadini. Ma il problema, per me, è storico, culturale.

A volte mi arrabbio perché i siciliani sembrano essere come bambini viziati, persone che persistono nei loro capricci, vizi, cattive abitudini, e si giustificano dicendo “ma amu fattu sempre accussì, picchì amu accanciari?” cioè abbiamo fatto sempre così perché dobbiamo cambiare? Ma è proprio il cambiamento che è vitale! Invece c’è questa pigrizia mentale, questo senso di amicizia e famiglia che, come diceva Sciascia, diventa l’anticamera della mentalità mafiosa.

Ci sono tutta una serie di atteggiamenti, di cultura, che è difficile da estirpare.

Di contro però la Sicilia sforna poeti e artisti in tutte le svariate forme d’arte…

Sono sempre stato convinto che, dal punto di vista artistico e culturale, il Sud Italia abbia molto da offrire. Certo, c’è una massa che fatica ad emanciparsi, ma in mezzo a tutto questo emergono delle piccole realtà che non solo si distinguono, ma vanno ben oltre.

In Sicilia, abbiamo scrittori come Bufalino e Consolo, intellettuali di un livello straordinario. Le nostre eccellenze brillano, sia nel campo artistico che in quello musicale. La Sicilia partorisce personalità uniche, anche se rare, ma veramente grandiose. Pensa a Battiato, unico come lui non ce ne saranno altri. Ma anche Carmen Consoli, forse un po’ anche io.

Sull’onda di questo ti chiedo: cosa vorresti che il pubblico ricordasse di te, della tua musica nel tempo?

Ovvio che speri che quello che fai, resti. Però una soddisfazione me la sono già presa: alcune mie canzoni “fortuna”, “crudele” “veramente” anche a distanza di 20-25 anni continuano a mantenersi perlomeno fresche, a loro modo sono dei piccoli classici il che significa che ci sono le caratteristiche affinché possano rimanere senza che il tempo le consumi.