10 Maggio 2023
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10 Maggio 2023

Intervista a Federico Dragogna: “Se la musica diventasse solo una questione di classifiche e di Sanremo sarebbe impossibile non sputtanarsi”

Si parla del nuovo album, "Dove nascere", del suo modo di scrivere e del mondo che ci circonda.

Federico Dragogna intervista
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intervista a federico dragogna, seconda parte

Quando ascolto un disco faccio un gioco: ascolto il disco per tanto tempo, poi dopo per due giorni non lo ascolto più e cerco di capire qual è la prima canzone che mi rimane in mente, in questo caso è stata Musica per aeroporti. Racconta un po’ le contraddizioni del nostro tempo e anche questo bisogno di viaggiare da una parte all’altra. Siamo sempre in viaggio, sempre nella velocità.

E poi mi ha ricordato una cosa molto interessante che diceva Marc Augé sul fatto che gli aeroporti sono ‘non-luoghi’, non hanno un’identità e mi ha colpito perché sono appunto questi luoghi di passaggio senza identità, la Musica per aeroporti mi sembra comunque un riferimento alla musica contemporanea, quindi mi domandavo: ma è davvero senza identità?

Ma allora a parte che è la seconda volta che viene citato Marc Augé oggi, anche il buon Marc viene tirato in mezzo… ma allora più che senza identità trovo che ci sia una specie di progetto mondo che credo sia un po’ fermo più o meno a 25 anni fa. Prima di tutto questa idea del fatto che pensiamo che che il mondo sia una specie di parco di cui possiamo disporre, quest’idea del viaggiare che adesso sta un po’ rientrando, nel senso che siamo cresciuti con i voli low cost ma oggi c’è un aumento dei prezzi, oggi la nostra idea di centralità nel mondo sta cambiando.

Il pezzo, per farti proprio un riferimento, è nato durante una giornata passata anni fa in uno dei miei scali per viaggi all’aeroporto di Dubai che è una specie di cittadella, sostanzialmente è un posto enorme e avevo circa 8 ore per girarlo (gli scali dei voli low cost). Una cosa molto interessante che ho notato è che nell’aeroporto di Dubai non c’erano libri. Forse ora hanno messo su un’edicola o qualcosa del genere, ma quando ci sono stato qualche anno fa non c’era un solo libro in vendita. Questo mi ha portato a riflettere sul fatto che in quel mondo, in un certo senso, c’è un progetto di società dove si vendono solo profumi, droni, cioccolato e panini. È possibile che noi abbiamo ancora questa idea antiquata della cultura, intesa come libri, dischi e così via, come se fosse una specie di panda in pericolo, ma non riusciamo a pensare che possa scomparire perché ci sembra una parte fondamentale della nostra vita, qualcosa di letteralmente funzionale.

C’è poi quell’altro progetto, il cosiddetto “progetto dei cattivi” che non credo esista, ma che comunque può espandersi solo fino a un certo punto, perché poi ci sono degli anticorpi della nostra vecchia Europa. Quando ci sono stato, mi sono chiesto se questa situazione riguardasse anche la musica, non tanto per ciò che viene creato, ma per le vetrine che possono esporla senza dover combattere contro i player di streaming e quant’altro. Altrimenti, mi daranno conto quando esce l’album.
Ma comunque ci siamo arrivati un po’ senza accorgercene.

Adesso c’è un po’ di monopolio sulla musica, un po’ di monopolio in un paese dove c’è già un altro grande monopolio culturale-musicale, Sanremo. E quindi a un certo punto ti viene da dire: “Ehi, ma se la musica diventasse solo una questione di classifiche e di Sanremo per tutto l’anno, per quasi tutti, è impossibile non diventare sputtanati e perdere credibilità“. Ecco, in questo senso, si potrebbe pensare che tutto sia possibile, anche da questo punto di vista, perché stiamo comunque parlando di cultura.

Insomma, cosa è la cultura? La cultura non è solo “vitamine” (per usare un termine alla Veltroni), ma è ciò che una società produce e che serve da collante per ritrovarsi insieme. Tutto sommato, questa è la cultura. Io faccio musica e la gente la ascolta. Poi veniamo ai concerti, ci incontriamo e ne parliamo. Ma a un certo punto potrebbe succedere che le cose che ci faranno stare insieme saranno incredibilmente volatili. Tutto sommato, potrebbe succedere. Sarà un mondo peggiore o migliore? Questo non lo so, forse non ci saremo più. Ma insomma, questo è parte della riflessione.

Peggiore mi sa… il problema di oggi è anche la velocità di ascolto.

Credo che la discussione possa continuare all’infinito, ma ritengo che la nuova articolazione dei nostri media e così via stia dando una nuova idea di ciò che è l’autore. Potrebbe darsi che l’autore, inteso come singola persona che si dedica alla scrittura di canzoni o alla produzione di contenuti, non sarà più il modo principale di produrre contenuti. Ad esempio, i meme, che sono una produzione culturale molto diffusa e spesso geniale della nostra epoca, sono spesso condivisi e rielaborati senza avere un autore specifico.

Potrebbe essere che il futuro veda una riduzione degli autori e una maggiore attenzione all’umanità che rielabora continuamente i contenuti, mentre l’autore diventa sempre più un’entità secondaria. In questo senso, il meme potrebbe essere incredibilmente più umano di un sacco di altre cose umane, no? Quindi il meme potrebbe essere anzi da molti visto già come un anticorpo all’intelligenza artificiale. E semplicemente magari appunto, mancherà l’autore. Esattamente come, che ne so. Ma anche all’autore di un sacco di fiabe o di favole di una volta o di anche la Bibbia chi l’ha scritto? Boh.

L’ultima domanda riguarda la canzone “Cascate”, che recita: “E non riesci a capire qual è il momento per saltare? Lasci fare al fiume e aspetti le cascate”. Mi sono interrogata molto su questa concezione del fallimento e della paura di sbagliare, perché saltare è un po’ questo, mi chiedo se sia una questione individuale, quindi anche di personalità, oppure se in realtà ci hanno abituato a mirare alla perfezione e inculcato questo senso di fallimento e paura di sbagliare.

Quindi tutto ciò che non è simile alla perfezione è sbagliato e ci sentiamo falliti. In questa canzone mi interrogo proprio su questo salto, ti chiedo se sia una questione di personalità oppure se sia il modello di società che ci ha generato questa paura.

Guarda questa canzone deriva da rapporti e relazioni molto strette con persone, alcune che fanno parte anche della mia vita e che mi sono molto care, con un problema di paura di terrore del fallimento e quindi di ansia.
L’ansia è sicuramente un male nuovo della nostra epoca e, per quanto mi riguarda, non ne soffro e forse devo ringraziare mia madre e la genetica.

Per anni sono stato un po’ severo anche con i miei partner che avevano questo problema, ma ora capisco che l’impianto della società e il terreno su cui siamo partiti fanno diventare questo problema sistemico. Ci sono persone che hanno semplicemente una predisposizione chimica all’ansia, così come alla depressione e ad altre cose. Non ho la soluzione a questo problema, ma credo che la musica e le canzoni possano essere utili, soprattutto per le persone che soffrono d’ansia. Ho visto con i miei occhi come la musica possa aiutare a superare l’ansia. Conosco molte persone capaci che raggiungono grandi risultati ma che hanno problemi a saltare, come se aspettassero che qualcosa li costringa a scegliere. La musica ha la sua specialità nel poter alleviare l’ansia e può essere un buon farmaco più dei farmaci che già esistono. In questo pezzo, ho fatto un’allegoria delle cascate per esprimere il momento in cui si deve saltare, quando qualcosa ti costringe a farlo. Questa è la vita per molte persone, e sperano che qualcosa li costringa a scegliere, invece di essere loro a scegliere con i loro problemi.

Sono convinto che la musica e le canzoni siano di grande utilità in questo senso. Ho visto con i miei occhi come esse possano aiutare le persone che soffrono di ansia, anche persone molto capaci che raggiungono incredibili risultati ma che hanno il problema di dover saltare letteralmente, no? Parte di questo pezzo è nato dalle prime volte in cui ho cercato di fare i tuffi. I tuffi sono quei momenti in cui dai un segnale alle gambe per saltare e una volta dato il segnale non puoi più tornare indietro. Quindi in questo senso l’allegoria delle cascate, perché a un certo punto si aspetta qualcosa che ci costringa a saltare, a fare una scelta, qualcosa che deve succedere. Conosco molte persone che vivono la vita in questo modo, sperando che a un certo punto qualcosa le costringa a dover scegliere, anche se non sono loro a scegliere. Credo che la musica abbia questa piccola funzione di utilità e di specialità, cioè di poter fare di più rispetto ad altre cose, come pagine motivazionali o simili. Credo che possa alleviare l’ansia, sebbene non possa curarla. La musica può essere un buon farmaco, più efficace di molti altri che già esistono, e per questo ne sono grato.

Ph. Chiara Mirelli

 

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