10 Maggio 2023
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10 Maggio 2023

Intervista a Federico Dragogna: “Se la musica diventasse solo una questione di classifiche e di Sanremo sarebbe impossibile non sputtanarsi”

Si parla del nuovo album, "Dove nascere", del suo modo di scrivere e del mondo che ci circonda.

Federico Dragogna intervista
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Intervista a Federico Dragogna a cura di Anna Ida Cortese.

In occasione dell’uscita del suo primo album da solista, Dove Nascere, progetto fuori dal 5 maggio 2023, abbiamo incontrato Federico Dragogna per farci raccontare la genesi di questo progetto e delle sue canzoni.

Partiamo dall’inizio, quindi dal titolo Dove nascere che sicuramente fa riferimento ad una canzone che è inserita all’interno del disco, si parla di questo futuro in cui c’è una possibile scelta sul “dove nascere”. In riferimento al tuo percorso tu avresti cambiato qualcosa o meglio avresti scelto dove nascere?

No, credo di essere molto affezionato a come sono andate le cose, nel bene e nel male, e quindi penso di essere tra quella parte della popolazione mondiale che può guardarsi indietro e dire “Ok, sceglierei tutti gli stessi passaggi, tutte le stesse cose“. Credo che forse non tutti, ma una buona parte delle persone si trovi in questa situazione, e ogni tanto ci dimentichiamo un po’ di considerare questo punto di vista, da cui possiamo vedere tutto, e ci sembra così facile sparare giudizi o pensare cosa gli altri dovrebbero fare o non fare.

Un’altra cosa: come può una vita non ancora nata scegliere dove nascere? Può farlo solo nella misura in cui i genitori decidono dove far nascere i loro figli, quindi adattarsi a ciò che c’è. Questa è l’unica tecnologia consentita, e la cosa incredibile è che il motivo per cui l’umanità è rinata su questo mondo è esattamente questo: qualcuno ha deciso che il proprio figlio non sarebbe nato in questa valle, ma in un’altra zona vicino al fiume o da un’altra parte. A volte questo mi fa arrabbiare, altre volte mi commuove a seconda del mio stato d’animo.

Le persone che parlano di questo fenomeno, che è letteralmente il motore della vita sul pianeta, e pensano che questa cosa possa essere regolata, limitata o direzionata, mi sembrano veramente buffe.

In questo album c’è anche un altro concetto molto bello, secondo me. Si tratta del tempo che si dedica a soffermarsi su ciò che accade attorno a noi. Ascoltandolo, mi sembra un diario di bordo di una vita che viene raccontata attraverso immagini. Nella comunicazione relativa all’album, hai scritto che le canzoni sono come delle Polaroid, delle immagini che catturano un’ambientazione. La mia domanda è: quando sono state scritte queste canzoni e c’è qualcuno a cui sono destinate? 

Allora sì, sicuramente il fatto che questo disco e queste canzoni siano state elaborate in tanto tempo è notevole, considerando che la canzone più vecchia risale al 2017, quindi sono già passati sei anni. Spesso scrivo su molti quaderni, compro sempre nuovi quaderni quando li trovo, anche se non sempre li uso subito. Quindi a volte mi capita di prendere un quaderno a caso e di scrivere su di esso anche se è di dieci anni fa. Se un mio biografo dovesse cercare di capire quando è stata scritta una determinata frase, probabilmente avrebbe bisogno del carbonio 14 per farlo.

Quindi ho diverse epoche, e ci sono frasi che magari risalgono a 15 anni fa, e ogni tanto vado a cercare materiale vecchio. Quindi sì, tutto viene lasciato decantare e questa è sicuramente la scelta che ho fatto per il disco, una scelta molto netta e consapevole. Non nel senso che altri dischi non lo siano, ma in questo caso è stato tutto completato esattamente come lo avevo in mente, prima di decidere di pubblicarlo. Quindi è stato un processo molto consapevole. Il disco è dedicato a tutti quelli che mi hanno preceduto e a cui avevo promesso di farlo.

Sono sempre stato convinto di riuscire a farlo, ma quando è arrivata la pandemia, avevo già lavorato su un po’ di materiale e avevo in mente di iniziare a pubblicare della musica. Poi è successo tutto quello che ho descritto qui, alcuni volevano che il disco uscisse, altri no, e io ho dovuto lottare un po’ per farlo uscire. Grazie a Dio, ho ricevuto l’aiuto di tante persone.

A chi è destinato il disco? Forse a chi vuole trovare altri temi nelle canzoni. Trovo che in questo momento ci sia troppa propaganda su certi temi, e non abbastanza spazio per artisti che affrontano temi diversi e discussioni diverse. Ci sono molti colleghi giovani e non giovani che fanno cose bellissime, ma a volte, come ascoltatore, mi mancano alcuni temi e discussioni.

Non ho delle risposte certe per molti problemi, e non mi piacerebbe trovarle con altri attraverso la propaganda. A volte le mie idee più solide nascono da discussioni con altre persone, piuttosto che da viaggi solitari. Quindi mi piacerebbe che ci fosse più spazio per discutere dei temi che sono al centro del dibattito nazionale, invece di solo sponsorizzarli.

Bene, riguardo a ciò che dicevi sullo scrivere queste canzoni in tanti diari e quaderni, volevo chiederti se sapevi già che erano destinate ad un tuo progetto solista quando le hai scritte, oppure se hai deciso di intraprendere questa strada in un secondo momento, considerando che sei legato ai Ministri da circa vent’anni. In altre parole, quando è scattata la scintilla che ti ha spinto a voler dare voce a queste parole? 

Allora, bella domanda. Io ho sempre scritto tanto, anche se magari quantitativamente ci sono altre persone che scrivono di più. Non ho mai deciso precisamente quale fosse la destinazione dei miei pezzi, ma per tanti anni il mio principale contenitore sono stati i Ministri. Funzionava così: portavo i pezzi in sala e poi si provavano nella loro versione band, con Divi che cantavano e così via.

Alcuni di questi brani, per forma caratteristiche musicali, ma soprattutto caratteristiche di tonalità e di posizione della voce, mi piacevano con la mia voce. Semplicemente mi sembrava che avessero un loro posto, che forse non era il migliore del mondo, nel senso che massimizzare la funzionalità di ogni canzone sarebbe stato possibile, ma su certi pezzi mi è piaciuto a un certo punto che fossero così, con i loro limiti. Scomparire il Rumore, che è uno dei primi pezzi del disco, è un pezzo che non ha un vero ritornello, non esplode in un certo punto, non c’è il vocalizzo di suo di qua, di là. È tutto un po’ sospeso, anche armonicamente, e mi piaceva questa cosa. Mi piaceva che rimanesse con i suoi limiti, le sue imperfezioni, invece di lavorarlo con un sacco di altre persone per cercare di renderlo una hit.

In questo senso devo dire che tanto del panorama delle canzoni italiane di oggi è molto improntato al cercare di far funzionare tutto al massimo, e lo capisco, perché ogni tanto ci sono dei risultati bellissimi. Il pop è sempre stato così, anche se uno va a vedere un pezzo di Michael Jackson ci sono venti firme in SIAE, però provare tutti a fare lo stesso sport, proprio letteralmente, rende il tutto un po’ noioso. Quindi è bello invece portare un po’ di imperfezione.

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