2 Luglio 2025
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2 Luglio 2025

Chi ha il coraggio di dire no a Spotify? Auroro Borealo lascia la piattaforma

Il cantante dichiara i suoi motivi etici. Un gesto politico nel silenzio della scena musicale italiana.

Auroro Borealo annuncia la rimozione della sua musica da Spotify in segno di protesta contro i finanziamenti del CEO Daniel Ek all’industria bellica.
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Auroro Borealo lascia Spotify

C’è un gesto che fa rumore, nonostante il silenzio generale. È quello di Auroro Borealo, nome d’arte del cantautore e performer Francesco Roggero, che ha deciso di rimuovere la sua musica da Spotify. Non per una strategia di marketing, ma per una scelta etica e politica. Il motivo? Il CEO della piattaforma, Daniel Ek, ha investito personalmente oltre 690 milioni di dollari in Helsing, una società europea specializzata in software militari e intelligenza artificiale applicata alla difesa.

Una notizia che non ha generato reazioni di massa nel mondo musicale, fatta eccezione per rare voci fuori dal coro. Eppure, chi ha a cuore la musica come forma d’arte e di pensiero non può ignorare la contraddizione: la piattaforma più potente dell’industria musicale globale è oggi finanziariamente legata all’industria bellica.

Auroro Borealo lascia Spotify, la sua dichiarazione

Auroro Borealo ha scelto. Ha scritto su un post Instagram e nelle storie:

PERCHÉ LA MIA MUSICA NON È PIÙ SU SPOTIFY

A partire da oggi la mia musica non è più su Spotify.
Ho deciso di toglierla dalla piattaforma dopo aver appreso che Daniel Ek, fondatore e amministratore delegato di Spotify, ha investito 690 milioni di dollari per finanziare Helsing, una startup tedesca che produce droni militari.
La musica che faccio esiste per portare leggerezza e qualche sorriso nella giornata di chi la ascolta.
Non mi è mai importato di guadagnare pochi millesimi di euro da ogni stream, ma quando gli introiti della mia musica vengono impiegati nel mercato delle armi, la questione diventa per me
eticamente insostenibile.
Seriamente, a voi piace l’idea che in questo momento esista nel mondo un drone militare finanziato da una canzone che si chiama “Sessone” o “Gli occhi del mio ex”? Per quanto io ami l’assurdo, questo è troppo anche per me.

Non si è limitato a rimuovere i brani, ma ha lanciato un appello pubblico:

Mi rivolgo a tutte le persone che fanno musica in Italia e nel mondo: mi piacerebbe che questa decisione, che ho preso non certo a cuor leggero, fosse un seme, anche solo l’inizio di una riflessione, un dialogo.
Ho scelto di fare un piccolo gesto in un ambito in cui posso fare la differenza. Sono consapevole dell’impatto che avrà su parte della mia attività, ma credo che sia necessario prendere una posizione in un momento storico in cui troppe persone innocenti vengono coinvolte.
A chi ascolta la mia musica: se cercate i miei dischi, li trovate per ora su tutte le altre piattaforme di streaming e su Bandcamp, dove potrò gestire il mio catalogo in maniera più consapevole.

Con amore,
Francesco 

La sua musica resta disponibile su Bandcamp e su altre piattaforme di streaming non legate a Spotify.

Ma intanto, la domanda resta sospesa: chi seguirà il suo esempio?

Tra i colleghi, al momento, solo poche reazioni. Una tra tutte, quella di Piero Pelù, (ne abbiamo parlato qui) che ha definito l’investimento di Ek “inaccettabile” e ha scritto:

Noi poveri ingenui pensavamo che questi investimenti andassero alla ricerca sul cancro o alle ONG che salvano vite in mezzo ai mari, invece no…

Se molti artisti facessero pressione su questo padrone insensibile della nostra arte, potrebbero farlo ragionare.

Finora però, le grandi voci tacciono. Il mondo musicale mainstream, spesso pronto a erigersi a paladino di cause sociali, rimane in silenzio.

Perché qui non si tratta di sponsorizzare uno slogan o colorare un palco, ma di mettere in discussione un pilastro dell’intero ecosistema musicale.

E allora, il peso ricade tutto su chi sceglie di esporsi. Chi, come Auroro Borealo, decide di rinunciare a parte della propria visibilità per coerenza con le proprie idee. È una rinuncia simbolica, certo. Ma forse è proprio dai gesti simbolici che nascono i veri cambiamenti. Gesti che interpellano anche chi ascolta.

Perché non sono solo gli artisti a dover fare scelte. Anche gli utenti, gli ascoltatori, i milioni di abbonati che ogni mese finanziano — consapevolmente o meno — queste dinamiche.

E allora, la vera domanda diventa: quanto siamo disposti, tutti, a rinunciare a qualcosa per ciò in cui diciamo di credere?

Immagine tratta da Instagram – se ritenete che questa foto violi diritti di copyright, potete scrivere a redazione@allmusicitalia.it per richiederne la rimozione.