26 Marzo 2015
di News, Interviste
Condividi su:
26 Marzo 2015

Intervista a KARIMA: “Continuo ad amare le differenze. Un desiderio? Farei il coach a The Voice!” (VERSIONE INTEGRALE)

KARIMA si racconta ad aLLMusicItalia: tra i temi, il nuovo album "Close to you", il mito di WHITNEY HOUSTON, l'amore per l'essere diversi e... molto altro!

Condividi su:

Una vocalità sontuosa e versatile, la presenza scenica e la carica di una giovane Aretha Franklin, l’eleganza di una Dionne Warwick dei giorni nostri: queste sono solo alcune delle qualità di Karima Ammar, interprete italo-algerina che alcuni di voi ricorderanno per la partecipazione ad Amici di Maria De Filippi, altri per quella al 59° Festival di Sanremo nelle “Nuove Proposte” col brano Come in ogni ora. Ospiti della seconda serata del Festival, con lei sul palco dell’Ariston, Mario Biondi Burt Bacharach!

Di lì in avanti, le strade di Burt Bacharach e di Karima sono destinate a incrociarsi nuovamente: prima nelle date del tour italiano del celeberrimo compositore, per le quali la giovane cantante viene scelta come speciale guest; poi, qualche anno dopo, per la produzione di un grande progetto discografico, fortemente voluto dalla Ammar, che ha per protagonista il prezioso repertorio di Bacharach, già portato in auge da voci femminili immense, più di tutte la sublime Dionne Warwick.

Noi di All Music Italia l’abbiamo raggiunta telefonicamente in occasione dell’uscita di questo nuovo album che si intitola Close to you – Karima sings Bacharach (QUI tutti i dettagli) e prende il nome dal primo singolo estratto, in rotazione radiofonica dal 27 febbraio; ma prima dell’intervista ecco una piccola clip del making of in cui, direttamente dallo studio di registrazione, potete vedere e ascoltare com’è nata la traccia Walk on by!

Ciao Karima! Come stai? Farai delle date instore o porterai direttamente dal vivo il nuovo disco?

Tutto bene, è un bel momento per me! Stanno buttando giù un calendario instore per le librerie La Feltrinelli, la data che ti dò per certa è il 30 marzo a Roma (in via Appia). Inoltre ti posso anticipare che sabato 28 sarò ospite ad Amici di Maria De Filippi, nell’ultima puntata del pomeridiano.

Bene! Dopo l’uscita di Close to you ci sarà un tour tutto italiano o andrai anche all’estero? Hai già pensato al live?

L’agenzia di booking sta lavorando sulla cosa, per cui il live è in lavorazione. Naturalmente faremo concerti in tutta Italia, ma l’idea di portare l’album all’estero c’è, in primis da parte mia: il progetto si presta, il songbook di Burt Bacharach è famoso in tutto il mondo, arrivando fino in Oriente, dove sono amanti della musica del maestro. Pertanto ci sono tutte le carte in regola per portare il live oltre i confini italiani, assolutamente sì.

Era il 2009 quando arrivavi nei negozi di dischi col tuo primo EP Amare le differenze. Dalla tracklist ho pescato il brano Come le foglie d’autunno, in cui canti: «Il mio cuore è una festa popolare, un coinvolgimento totale».

Quel brano lo conosco bene, quando lo canto parlo di me: è stato scritto da Enzo Avitabile, il quale arriva dalla cultura musicale napoletana che, si sa, è molto vicina a quella araba, a partire dalle note e dalle scale che vengono utilizzate nella composizione di canzoni. Enzo ha quest’amore per il mondo arabo e per le sue sonorità, quando ci siamo conosciuti, è stato curioso di ascoltare la mia storia: gli ho raccontato le mie origini, quelle dei miei genitori… E lui ha scritto di me, realizzando un pezzo che per me suona come un’autobiografia.

Il titolo Amare le differenze è bellissimo e offre innumerevoli spunti di riflessione. Ne cogliamo un paio. Spesso il nostro non si dimostra essere un Paese tollerante verso chi arriva dall’estero per stabilirsi da noi. C’è chi a volte usa parole molto dure verso il fenomeno dell’immigrazione (vengono in mente alcuni politici, non occorre fare nomi).
Ti va di esporre una tua riflessione a riguardo?

Per me, siamo figli di un mondo in cui tutto dovrebbe essere di tutti, nessun padrone! Ognuno di noi è di passaggio e la sua vita ha lo stesso valore di quella degli altri, perché siamo sulla Terra per portare avanti un messaggio e una missione, differenti da persona a persona. Ciascuno può avere la propria visione, credere in ciò che sente ed essere più o meno spirituale, ma sempre con la consapevolezza che l’idea della proprietà ci rende schiavi, che l’attaccamento alle cose ci avvelena e ci porta al conflitto. Personalmente, non discrimino nessuna religione e cerco sempre di capire a fondo i motivi dell’intolleranza, così come ad esempio posso comprendere il timore che si ha nei confronti dei migranti alla luce di alcuni fatti di violenza, che, va detto, spesso gli stessi telegiornali mirano a mettere in bella mostra. In più, senza giustificare nulla, è la disperazione che quasi sempre porta queste persone a compiere furti o altri piccoli e grandi reati. In Italia l’economia non gira, non c’è lavoro e a questo punto, che importanza può avere il posto da dove vieni, se anche un qualunque italiano che non arriva a fine mese, può vedersi costretto a fare gli stessi errori di un immigrato?

Qual è il tuo rapporto con la spiritualità?

Un rapporto molto profondo e ho la fortuna di poterlo condividere col mio compagno, che è maestro di yoga e ha una scuola qui a Livorno, studia taiji e medicina cinese da 25 anni… Lui mi aiuta molto, cerchiamo sempre di migliorarci, di crescere insieme e di essere aperti al confronto e al cambiamento. Del resto, questo è l’uomo, nient’altro che un essere in evoluzione. Poi è chiaro che con alcune persone puoi spingerti oltre, puoi condividere certi pensieri, mentre con altre sei più misurato, perché ti vedrebbero come un pazzo, ma è del tutto normale.

Amare le differenze fa pensare anche a quell’amore diverso che lega persone dello stesso sesso.
Karima è a favore o contro i matrimoni gay? E cosa pensa delle adozioni nelle famiglie arcobaleno?

Sono a favore dei matrimoni gay e sono a favore delle adozioni, riconoscendo le difficoltà di quest’ultime. Sono a favore perché, in tutti i casi, ci vuole l’amore: che si tratti di un uomo e una donna, o di due donne insieme, o di due uomini insieme. Preferisco mille volte che una coppia gay abbia un figlio e che lo cresca con amore, piuttosto che ad averlo sia una coppia eterosessuale che non ha le palle per garantirgli ciò di cui il bambino ha bisogno, facendolo crescere nella violenza e nel disamore.

Da persona che ha molti amici – e sono i migliori amici! – omosessuali e bisessuali, da vicino ho visto l’esperienza di alcune adozioni di coppie gay che vivono all’estero e mi rendo conto che non è facile, posso prendere in esempio una coppia di amici, due uomini che stanno insieme da 23 anni e che hanno adottato un bambino vietnamita di 9 mesi. Il bambino, che ha adesso l’età di 7 anni, come vede una donna ha un approccio molto forte, ammira il seno e le forme: gli è mancato tutto quello che una donna può dare a un figlio, è un bambino che non è stato allattato, mentre l’allattamento è una cosa fondamentale nella vita di un neonato. Forse, e dico forse, se fosse stato adottato da due donne avrebbe vissuto di meno questa mancanza; da mamma, ti dico che, per quanto un padre ami il figlio, il bimbo avrà sempre un legame più forte, viscerale, con la donna che lo ha partorito, dopo averlo avuto in grembo 9 mesi. Poi, di contro, sicuramente a un bambino adottato da una coppia di donne, mancherà la figura di un uomo a dargli sicurezza, ma siamo persone e non siamo fatti per la perfezione: sono certa che le mancanze ci siano sempre e comunque, anche se cresci in una famiglia tradizionale con genitori etero, perché ogni persona ha i suoi limiti.

Allora mi domando: perché non esaudire una persona che desidera veramente un figlio e magari ha avuto già la “sfortuna” di nascere in un corpo che non la rispecchia pienamente? Anzi, più semplicemente, perché bisogna privare le persone della gioie in generale? Questo dico, perciò mi trovi favorevole su tutto!

Sei stata davvero esaustiva, grazie per questa risposta! Torniamo alla musica: alcune tracce di Amare le differenze sono confluite nell’LP Karima, album vero e proprio uscito nell’aprile 2010 per Columbia/Sony.
Ti è capitato di riascoltarti attraverso quel disco ultimamente?

Posso dirti la verità? A parte quando bisogna curare le cose tecniche di un disco e facendo eccezione per l’ascolto finale prima della sua pubblicazione, io non mi riascolto mai, salvo se non mi capita quando vado nelle radio e inseriscono in playlist i miei pezzi. Per dire, è impossibile che io mi sieda in macchina e metta un mio album, non perché non mi piaccia, ma già mi sento tutti i giorni parlare e cantare…! Inoltre devo dirti che ricordo molto bene ogni momento di quel progetto, ero molto presente durante le registrazioni e dentro di me, resta tatuata ogni singola sequenza.

Sai, dopo che li hai fermati in un album, i brani nel tempo si ridefiniscono, maturano: la stessa Just Walk Away, pezzo scritto per me da Bacharach e prima traccia di Karima, nel live è diventata completamente diversa, è tutt’ altra cosa, perché appunto è avvenuta un’evoluzione.

Karima porta il tuo nome, è un album in cui ti sei identificata.

In quel momento sì. Ma sai, coi dischi funziona un po’ come quando una donna cerca un uomo e dice: «È dolce, è simpatico, però…! Gli manca questa cosa! …È bravo, è ricco, però…! Gli manca quest’altra» Voglio dire, il disco perfetto, quello che riesce a raccogliere proprio tutte le sfaccettatura di un artista, non esisterà mai. Se io faccio un disco oggi, a dicembre per me è già un disco vecchio, per cui o esce subito…! Io tra qualche mese canterò già in una maniera differente, i cambiamenti sia pure impercettibili, ci saranno. Mi chiedi se Karima mi rappresenta al 100%? Ora ti dico di no.

Com’è il tuo approccio al mercato discografico italiano e cosa ti aspetti? Indubbiamente tende più al pop che a un genere più colto come il tuo, soprattutto alla luce di Close to you

Hai ragione, e infatti non mi aspetto niente, proprio perché mi rendo conto che il nostro mercato italiano è molto pop, dopodiché viene tutto il resto, la classica, la lirica, etc. Tengo molto al mio pubblico italiano, ma vorrei che Close to you avesse un prosieguo anche nel resto d’Europa e nel mondo.

Hai aperto i concerti di Bacharach e ti sei ritrovata a cantare il suo repertorio, sei stata anche prodotta da lui.
Potevi chiedere di più?

No, hai detto bene! L’ho conosciuto a 22 anni e molte persone pensavano non sapessi nemmeno chi fosse, ignare del fatto che io abbia iniziato a cantare il repertorio di Bacharach all’età di 16 anni! Quando l’ho incontrato, non solo sapevo benissimo con chi avevo a che fare, ma ho coronato un sogno: mi porterò dentro quell’emozione per tutta la vita.

Com’è nata la proposta di questo progetto insieme?

È partita da me! In realtà, come dicevo, conosco bene il suo repertorio, a 19 anni ho anche realizzato un progetto legato a esso, in chiave esclusivamente jazz, facendo un paio di concerti nella mia Livorno; poi l’ho lasciato nel cassetto diversi anni e nel frattempo ho fatto altre cose.

Quando l’abbiamo ripreso in mano tre anni fa col mio pianista, abbiamo rivisitato tutti gli arrangiamenti per rendere il progetto più trasversale: c’è del funk, dell’R&B, del soul, oltreché il jazz.

Hai vissuto la gioia di conoscere il grande compositore da vicino…

Bacharach è una persona di una semplicità incredibile. Sono stata a casa sua per la pre-produzione del disco e ho potuto vedere quanto sia umano ed essenziale in tutto, pur avendo i miliardi direbbe qualcuno: i grandi si vedono da queste cose, c’è poco da fare. Poi viene a fare il soundcheck sempre, e dico sempre, in tuta e new balance. Certo, al concerto si presenta col completo, ma negli altri momenti e giù dal palco è di una semplicità devastante. Questa è la sua forza e io lo apprezzo tanto, perché per me chi è, non deve dimostrare, non ha bisogno di alzar la voce, di farsi agghindare e di indossare vestiti griffati.

Cosa l’ha colpito di te?

Lui per fortuna ha riconosciuto il mio talento, altrimenti non avrebbe deciso di lavorare con me. Prima di un suo concerto – l’ultimo all’auditorium Parco della Musica di Roma, il 26 luglio 2009, in cui io aprivo e poi duettavamo insieme su Come in ogni ora, il brano di Sanremo – mi disse una frase che non dimenticherò mai, e cioé: «Tu canti al livello di Mariah Carey e Céline Dion!» . Io, emozionatissima, risposi: «Maestro, detto da una persona come lei… Ma è sicuro?!».

Facciamo un gioco. Scegli tre tracce da Close to you: una da associare a Karima bambina, una alla Karima attuale e una a quella futura.

Bello! Allooooora… Okay, ho qui in mano l’album, vado a sensazioni… Metterei per la me bambina What The World Needs Now Is Love Sweet Love; alla Karima di oggi assocerei Waiting For Charlie; e per la futura… God Give Me Strenght!

Quanto tempo è durato l’intero lavoro? C’è una canzone che ti ha preso maggiore tempo per venire come desideravi?

Lo abbiamo registrato in presa diretta, tutto dal vivo. Forse il brano su cui ci siamo messi più di impegno è Just Walk Away, in tutti i modi registrare un album in presa diretta chiede di per sé una concentrazione e una cura di ogni dettaglio che non ti sto a raccontare: ti dico solo che questo tipo di lavoro ormai non lo fa quasi nessuno e ciò la dice lunga su quanto sia complesso e impegnativo. Devi essere un treno, “spaccare la nota”, perché non c’è l’auto-tune che aggiusta l’intonazione.

Considera che l’intero disco è stato registrato in due giorni di studio eh! Sei o sette brani al dì, la sera arrivavo esausta. Certo, naturalmente c’è tanto lavoro dietro, abbiamo suonato quel repertorio dal vivo per due anni e siamo arrivati alla produzione ben rodati e prontissimi.

Hai aperto i concerti del tour italiano di Whitney Houston. Sei riuscita a parlare un po’ con lei?

Lei mangiava in mensa con degli addetti ai lavori e quando l’ho vista, con questi occhialoni neri…  mi son resa conto che già non stava benissimo. Con il cd in una mano e la macchinetta fotografica nell’altra, ho scelto, un po’ a malincuore, di non avvicinarmi. Poi avevo letto che in quel periodo rispondeva male, che era un po’ lunatica. Sai, adoro Bacharach… Amo Stevie Wonder, potrei morire per lui… Però Whitney Houston per me è l’amore della vita e un mito deve rimanere un mito. Ho pensato che se per qualche motivo mi avesse risposto male, mi avrebbe spezzato il cuore e così ho desistito dal disturbarla.

Poi lei è stata eccezionale, sul palco mi ha ringraziata per averle aperto il concerto, assolutamente, ho bei ricordi.

Il video del tributo di Karima alla grande artista nella reinterpretazione del suo brano più famoso.

Parliamo un po’ della tua voce. È un dono che ti appartiene sin da piccola, dato che hai partecipato, giovanissima, a Bravo BravissimoC’è qualche particolare consuetudine che ti aiuta a tenere la voce sempre al top? Magari una dieta alimentare ferrea, qualche aiuto naturale…

Mah, chi canta deve eliminare tutti i cibi acidi, quindi pomodoro, arancio, in generale i succhi di frutta. Poi, forse sarà ovvio dirlo, niente nutella e simili. Per il resto, ti porto la mia esperienza: io sono vegetariana e tendo al veganesimo, non assumo quasi affatto proteine animali, carne zero, uova zero, formaggio quasi niente… Pesce saltuariamente, proprio qualcosina quando son fuori. Non assumo zuccheri raffinati, né farina bianca… Lo faccio prima di tutto per sentirmi bene, ma capisco che non è semplice per tutti.

Hai una splendida gamma vocale: usi anche il registro di fischio per caso? Alcune cantanti, come Mariah Carey, possono raggiungere vette altissime grazie a questa particolare attitudine vocale…

Grazie del complimento! No, personalmente non uso il registro di fischio.

Cosa fai prima di un concerto per prepararti alla performance?

Si canta con tutto il corpo e non solo con la voce, quindi faccio anzitutto un po’ di riscaldamento fisico, dopodiché mi esercito con dei vocalizzi, ma in maniera blanda, niente di super impegnativo, perché poi occorre fare un’ora e mezzo o due di concerto.

Recentemente abbiamo intervistato Dennis Fantina che ti ha segnalato tra i migliori talenti di Amici.
Che ne pensi di chi avendo già fatto un talent, tenta nuovamente questa carta provando a farne un altro?

Ah, non ho letto, ma lo ringrazio molto. Penso che a volte possa servire a rinascere e a rilanciarsi, quindi se lui come altri hanno scelto di giocarsi questa carta, personalmente dico: perché no?

Tu ci hai pensato o è un’ipotesi che hai scartato del tutto?

L’ho scartata del tutto, assolutamente. Però voglio fare il coach di The Voice, prima o poi ci arriverò! (ride, ndr) Ma è una cosa che mi piacerebbe tantissimo fare, non scherzo: trovo molto bella l’idea che vengano scelti dei talenti senza il giudizio di come uno è fisicamente. Guarda, questa è una cosa a cui tengo tantissimo, perché io, quando nel 2003 feci il primo provino ad Amici, non venni presa perché ero più grassa di come poi mi sarei ripresentata tre anni dopo.

Bisogna andare oltre a certi schemi e The Voice va oltre, perciò mi piacerebbe molto che mi venisse proposto di essere giudice nelle prossime edizioni.

Dal 2009 a oggi hai proposto nuovi brani alla Commissione di Sanremo? Tornerai su quel palco?

Perché no! Ho presentato un pezzo quest’anno, ma non mi hanno presa. Mi piacerebbe fare Sanremo con un’altra consapevolezza e un’altra maturità. Staremo a vedere!

Te lo auguriamo! Karima, grazie della disponibilità e della simpatia, l’intervista volge al termine. Ci salutiamo col nostro abituale giochino rompi-disco! Rispondi pure con leggerezza, naturalmente qui non ci sono bocciature. Partiamo subito: a chi rompi il disco?

Rachelle Ferrell o Chaka Khan?

Argh! Tosta… Chaka Khan.

Etta James o Mahalia Jackson?

Mahalia Jackson.

Esperanza Spalding o Dionne Warwick?

Esperanza Spalding.

Incognito o James Taylor Quartet?

Ehh.. per amore, James Taylor Quartet. Salvo Incognito!

Whitney Houston o Mariah Carey?

Mariah Carey.

Lady Gaga o Adele?

Lady Gaga.

Giorgia o Elisa?

Elisa.

Cristina Donà o Fiorella Mannoia?

Cristina Donà.

Nek o Eros Ramazzotti?

Mmh… Eros Ramazzotti.

Baglioni o Venditti?

Venditti.