29 Gennaio 2020
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29 Gennaio 2020

Analisi del singolo di Mahmood che ha scalato le classifiche, e anche le “Rapide”

Il Prof di latino di All Together Now debutta con una sua rubrica su All Music Italia.

Mahmood Rapide
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Mahmood Rapide, primo capitolo.

Premessa… Solo il Direttore Longo poteva pensare al Prof di latino cantautore per ostinazione, sceso dal muro di All Together Now, per la rubrica TESTO & conTESTO.

E io lo faccio, vengo in aiuto degli amici preparati e impreparati che interrogano Google sul significato delle canzoni del momento, perché voglio sempre “trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha”.

TESTO & conTESTO significa spiegare e contestualizzare o spiegare e contestare? Un po’ entrambi, all’occorrenza. Perché a essere bipolari ci si guadagna sempre: ci si perdona a fasi alterne e non ci si prende mai sul serio.

Mahmood ha scalato le classifiche e, a quanto pare, anche le Rapide. Mentre gli esperti di rafting le avranno sfidate o al più risalite, lui le ha addirittura scalate.

Sono rapide chiuse nell’iride / Che scalerò…” canta nel nuovo singolo. È chiaro che parla di lacrime, meno chiaro il significato dell’operazione alpinistica.

Proviamo a capire.

MAHMOOD RAPIDE: TESTO

La canzone è la fotografia di un amore alla deriva: immagini che si affollano nella memoria o nel cuore. Vediamo correre questa storia tra le vie di una Milano caotica: da quando si litigava fuori dal Love, ci si tradiva nascostamente, ci si feriva con ripicche, a quando, a rottura consumata, subentrano ripensamento e nostalgia.

Colui che si vantava di essere un cornificatore seriale diventa un sottone: si logora in rimpianti e in domande irrisolte, ricerca alibi per perdonarsi. E ricorda un passato che non può più tornare: un gesto, un’abitudine, un paio di scarpe si riaffacciano, rendendo più pesanti le domande sul futuro. La poesia di un amore incompiuto e delle sue infinite contraddizioni.

Ma, mentre stiamo per riconoscere tra le righe una di quelle relazioni isteriche che ci hanno straziato…, Paff! Mahmood ci mette alla prova con espressioni destabilizzanti. Il pianto di immedesimazione è interruptus, con la violenza di una telefonata di mamma nel silenzio di una manovra autoerotica.

Io allora mi fermo, ferito o provocato. E vi porto con me a osservare il CONTESTO. Quindi, se mi è concesso, conTESTO.

MAHMOOD RAPIDE: ConTESTO

Ti amo solo quando veniamo / Quindi perché mi sputtani in giro?

Primo squillo di mamma.

Quel “Quindi” mi fa male; spezza la mia identificazione nel traditore seriale-sottone, che stavo iniziando a conoscere, e mi induce a inveire: Te lo chiedi pure? Pretendi che lei sia felice di essere amata solo nello spazio di un coito?
E dissing sia.

Ora che non ho niente mi difenderò / dalla fiducia che non avevo e non ho

Secondo squillo.

Mi sfugge come ci si possa difendere da qualcosa che non si ha, né si è mai avuto prima. Se manca il nemico…

Mi chiedo se ritornerai, Ah / Con il solito paio di Nike

Ritorno a versare lacrime. Ripenso alle troppe volte in cui avrei implorato un amore, in cui avrei ammesso di essere sbagliato per riaverlo.

Poi arriva quell’Ah che solo Mahmood sa cantare così, vero e struggente, al confine tra un gemito orgasmico e l’espressione di sorpresa di un bambino. Ma… Terzo squillo di mamma: “Con il solito paio di Nike”.

Mi sforzo di pensare che è vero: in fondo, quando finisce un amore, recuperiamo non i grandi, ma i piccoli ricordi.

Quante volte ritornano oggetti e dettagli insignificanti del passato che la distanza amplifica e rende eterni! Chi non ha provato, nel dolore dell’abbandono, la dolcezza del ricordo di quel solito paio di… NIKE (!?).

’Ste Nike fanno un po’ lo stesso effetto della Mercedes del ritornello. Strizzano l’occhio a quella moda autorale, tipicamente rap o trap, che insiste sugli status sociali citando ‘gratuitamente’ marchi di qualità. E per ‘gratuitamente’ intendo ‘senza motivo plausibile’, non ‘senza compenso’… La lingua italiana è a volte ambigua.

Sono rapide chiuse nell’iride / che scalerò, scalerò, scalerai, scalerò…

Squillo prolungato di mamma. E che c***o, mi stava piacendo!

Una metafora così ardita va visualizzata. Così per tutta la canzone mi porto dietro quest’immagine epica di Mahmood aggrappato alle scale delle rapide, che sono lacrime scaturite da un’iride che “scalerò, scalerò, scalerai, scalerò”. UNA SCALATA DI SCALE DI RAPIDE DI LACRIME che neanche Giovan Battista Marino avrebbe saputo concepire.

Mi sforzo di vedere il poeta fissare gli occhi di lei, scorgere delle lacrime implose (“chiuse nell’iride”), ma travolgenti e vorticose come “rapide”. Le lacrime di ogni amore che resta dentro, anche quando tutto è perduto.

Ma quando è il momento di SCALARLE, mi fermo. Non riesco neppure a capire perché le scalino entrambi, se a quanto pare si mandano a quel paese senza mai tornare all’origine del loro amore.

Suggestiva immagine, lo riconosco, ma troppo complessa anche per i miei polpacci (che nel video hanno faticato) e troppo aulica accanto a “perché mi sputtani in giro” e “ca**o ne sai di me”.

Penso di aver preferito “Ti amo solo quando veniamo”: almeno prometteva una conclusione felice!

MAHMOOD RAPIDE: SCRUTINIO FINALE

Voglio confessarvi che a me piace questo Mahmood ondivago, che ora ha la ruvidità di chi vuole cantare la strada, ora si abbandona a un eccesso di lirica. Mi intenerisce.

I ragazzi di oggi scrivono e pensano proprio così: sono tanto profondi nel toccare la terra, quanto ingenui nel credere di afferrare il cielo con un “’o famo strano”. Ma questo, spesso, li rende autentici.