5 Novembre 2019
Condividi su:
5 Novembre 2019

Niccolò Fabi, Tradizione e tradimento cronaca di un bel disco

Anche un aneddoto personale nella recensione di Federico Traversa all'ultimo disco del cantautore

Condividi su:

Niccolò Fabi Tradizione e Tradimento recensione di Federico Traversa.

L’arte non è una posa ma resistenza alla mano che ti affoga”.

Ecco, è condensata qui, in questa efficace invocazione laica il senso del nuovo disco di Niccolo Fabi.

Un album misurato, ispirato ma mai invadente, di un artista che ha scelto di raffrontarsi alla vita con il garbo delle persone per bene.

Voglio dire, in un mondo in cui le proprie convinzioni si urlano, Fabi le sussurra ma questo non vuol dire non arrivino ugualmente forti.

C’è la tradizione di un lavoro che si mantiene fedele alle peculiarità della sua cifra stilistica, fatta di suoni rarefatti, geometrie abbozzate, fra riflessioni dalla comprensione immediata e intuizioni che si assimilano dopo diversi ascolti.

Ma c’è anche il tradimento di un album che nasce con la voglia di sperimentare soluzioni più giocose, vivaci, sprigionando bassi ed elettronica, ma poi si arena nella comprensione che decide il fiume della visione dove va l’artista, e non viceversa.

Ma questo non è un limite, semmai una prerogativa dei grandi. E Fabi un fuoriclasse lo è diventato, perlomeno questo testimoniano i suoi ultimi dischi.

Ha trovato la sua voce ed è un piacere sentirla. Dicono che ricordi Bon Iver, Scott Matthew, persino i Sigur Ros; certo può essere, come secondo me non manca qualche rimando al Battisti dell’era Panella, ma non credo sia importante.

Oggi Niccolò Fabi è Niccolò Fabi, lo senti e dopo due note lo riconosci, come capita a quelli bravi.

In Tradizione e Tradimento il nostro ci accompagna tanto nei territori immacolati dello spirito dove non esistono spazio, tempo e tutto è possibile, quanto nel regno della materia, al centro delle miserie di una contemporaneità avvelenata dall’ignoranza.

Con un uso costante ma misurato dell’elettronica Niccolò snocciola ispirati frammenti, riflessioni sulla vita e le sue sfumature, a partire dal ridimensionamento del nostro ego che precipita nella clessidra del tempo (A Prescindere da Me).

Niccolò è sempre stato lucido, ponderato nelle sue analisi ma stavolta la sua fotografia del mondo pare ancora più vivida, a fuoco, non scontornata seppure spesso in controluce (Amori con le Ali).

Il disco scorre, non si cristallizza mai, gioca col riverbero ma non smette di muoversi, e viaggia in questo mondo chiuso a riccio (I Giorni dello Smarrimento).

E anche quando parla di una cosa semplice, quasi banale come un amore malinconico (Nel Blu), lo fa con grazie e ispirazione, attento al dettaglio, dentro polaroid che grondano significato.

E ancora pulsa, il suono quanto l’intenzione, che si fa favola nel raccontare storie di mari e tempeste, potenti che si comportano come mendicanti e un futuro da coccolare con calde cucchiaiate d’empatia perché sennò il domani ghiaccia.

Oppure Scotta, come l’omonima canzone, il brivido caldo dell’oceano di una melodia che si spende fino ad affondare nel buio di giorni senza destinazione (Migrazioni).

E poi c’è Io Sono l’Altro, che ha tutto per diventare un passaggio imprescindibile del canzoniere italiano impegnato.

Con il suo testo dalla doppia interpretazione, che se da un lato giustamente ci invita all’empatia, a immedesimarci appunto con il diverso da noi, dall’altro si rivela per quello che è: un’attenta riflessione che affonda le proprie radici tanto nelle filosofie orientali quanto nella fisica quantistica, che la visione di suddette filosofie oggi sorprendentemente sorregge.

Una visione che ci vede NON come individui separati ma come onde diverse del medesimo oceano, spazi e materia di un unico grande tutto che scorre chiamato vita.

Ora vi raccontò una cosa che non c’entra col disco, o forse sì, ma che desidero condividere con voi.

Poco più di dieci anni fa venni invitato dal mio amico Tonino Carotone a tenere un mini reading di poesia all’interno del suo show, una consuetudine che in quel periodo si ripeteva spesso.

A Genova ci esibimmo per la Comunità San Benedetto di Don Gallo in una manifestazione legata all’incontro fra culture diverse.

Quella sera, oltre a noi, in cartellone c’erano un sacco di musicisti e personaggi dello spettacolo. Ricordo il rapper Inoki, Vladimir Luxuria, Teresa De Sio. Ma soprattutto ricordo Niccolò Fabi.

Eravamo nella stesso stanzone adibito a camerino, lo vidi a un passo da me appena entrai, eppure non andai a presentarmi come faccio spesso in simili circostanze. Mi limitai a osservarlo un momento, abbozzai un timido sorriso e poi abbassai lo sguardo.

No, non era timidezza la mia. Era imbarazzo. Lui aveva da poco vissuto una perdita terribile, mostruosa e insopportabile. E dopo una cosa del genere qualsiasi cosa dici è fuori luogo.

Non mi andava di fare finta di niente davanti a un uomo che poco tempo prima aveva tragicamente perso una figlia, né volevo accennare a un dramma che non avevo il diritto nemmeno di menzionare.

Così scelsi di non fare nulla, nonostante la grande stima per il musicista e la sua musica.

Con questa recensione, più di dieci anni dopo quel fatto, mi presento a Niccolò nel modo migliore possibile, alzando il calice a uno dei dischi più belli e ispirati usciti quest’anno… Niccolò Fabi Tradizione e tradimento.

Cin, cin.
Sciapò.
E alla prossima.

BRANO MIGLIORE: Io Sono l’Altro
VOTO: 8


Niccolò Fabi Tradizione e tradimento tracklist

  1. Scotta
  2. A prescindere da me
  3. Amori con le ali
  4. Io sono l’altro
  5. I giorni della smarrimento
  6. Nel blu
  7. Prima della tempesta
  8. Migrazioni
  9. Tradizione e tradimento

[amazon_link asins=’B07Y3KG4MC,B07Y3J5X12′ template=’ProductCarousel’ store=’allmusita-21′ marketplace=’IT’ link_id=’62830279-5967-4b5e-a336-f075b71c2c9a’]