28 Marzo 2016
di Officina del talento
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28 Marzo 2016

CANZONI SENZA ETICHETTA – ENZO BECCIA – RECENSIONE

Enzo Beccia, il cantastorie imperfetto, pubblica "Canzoni senza etichetta", il suo album di debutto. Ecco la nostra recensione!

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Fan dei vocioni all’americana, delle note perfette, della perfezione vocale, smettete subito di leggere, questo album non fa per voi. Canzoni senza etichetta di Enzo Beccia nasce sotto l’influenza del cantautorato italiano, quello più retrò di Edoardo Bennato e quello più recente di Daniele Silvestri (nei pezzi più giocosi) e Niccolo Fabi (in quelli più intimisti).

Enzo è un amico di All Music Italia. Arrivato nell’Officina del Talento, lo spazio dedicato agli emergenti, si è subito imposto per il suo estro, la sua originalità e, soprattutto, la semplicità, una dote ormai rara nella musica sempre in cerca di artefizi e nuove soluzioni.

Dopo qualche mese da quell’esperienza è arrivato il suo primo album autoprodotto, Canzoni senza etichetta, voluto fortemente dal suo stesso pubblico che ha partecipato ad un’iniziativa crowdfunding di successo, a cui io stesso, che vi sto scrivendo, ho voluto prendere parte, conscio sulla fiducia dell’ottimo risultato finale.

Canzoni senza etichetta è il simbolo concreto della gavetta, dei sogni che possono diventare realtà, del sudore della fatica e delle lacrime di gioia. Enzo, “il cantastorie imperfetto”, scrive (con l’aiuto della paroliera e compagna Fiorenza Sasso), suona, si fa accompagnare, gira locali per suonare, vuole far arrivare la sua musica e non molla.

Il disco parte con Con il sole sulla faccia un brano molto orecchiabile, che in radio non sfigurerebbe affatto. Si parla subito dell’esistenza, della difficoltà di mantenere un equilibrio e guardare le cose con ottimismo: “Ci si dice che andrà meglio, ci si crede veramente, se potessi trovare la giusta direzione…“.

L’analisi sulla vita prosegue anche nella più introspettiva A portata di mano, con un retrogusto sonoro quasi brasiliano. Le esperienze vissute come bagaglio per affrontare il futuro con consapevolezza (“All’ombra dei miei quarant’anni, mi cerco nei ricordi, le carezze di mia madre, un passato lontano a portata di mano“) e l’amore come panacea (“Mastico una vita meno amara da quando ho incrociato il tuo sorriso“).

La spensierata Come la musica ci prepara ad uno dei pezzi più interessanti del disco, Neanche fossi un santo. L’arrangiamento dal gusto tropicalista, sembra trascinarci idealmente su una spiaggia lontana. A tratti parlato, il brano è il vero manifesto dell’artista non ancora famoso, che vive in bilico fra le incombenze della realtà e i sogni che non si spengono: “Di passioni ne ho tante, di lavori pure, il tempo non manca ma la voglia è stanca, senza soldi mi arrangio, senza amore arranco“.

L’emozione si fa viva in una delle tracce più belle, Non mi dire niente, una dedica familiare mai esplicitata nel testo, che si snoda ancora una volta fra i meandri della vita, il fulcro e cardine di questo disco. Enzo la canta con tenerezza e un pizzico di amarezza: “Perché fa così male vederti andare via, perché posso provare solo nostalgia (…) La vita è pura casualità, c’è solo da incassare anche quando non ti va“.

Si cambia decisamente registro con Mina vagante, spregiudicata e ironica, seppur fin troppo ripetitiva. Enzo manda a quel paese, in musica, gli egoisti, gli arroganti, gli approfittatori: “Sei la tipica mina vagante… Una persona che pensa solo a sé, non vedi nulla ma una falsa realtà, sei un pericolo piuttosto inutile e la tua vita è davvero futile“.

Frasi di circostanza si fa notare soprattutto per gli inserti distorti grunge, mentre Normalità apparente, altro figlio della scuola brasiliana, torna ad offrirci nuovamente il punto di vista dell’artista non ancora affermatosi, dell’uomo e la sua quotidianità: “Essere nessuno mi rende libero di essere banale quanto voglio (…) Sogno ad occhi aperti ma senza illudermi“.

Il cielo è troppo grande è il pezzo perfetto per farsi accompagnare viaggio on the road. Atmosfere rilassate, l’armonica a dare colore, la dolcezza profonda del testo. Cosa siamo di fronte alla vastità dell’universo e quanto grandi possiamo diventare, insieme, con l’amore?: “Ora il cielo è troppo grande, vorrei solo spazi piccolissimi, per stringermi a te (…) Combinazione perfetta di amabili difetti, armonica unione io e te“.

La traccia naif Troppo facile fa da contraltare alla sagace Alla tavola delle contraddizioni, un lucido ritratto dell’ipocrisia del mondo:”Sette miliardi di commensali alla tavola delle contraddizioni (…) Come fanno a guardarsi negli occhi e trovare parole comuni? Cosa avranno da dirsi davvero, domande e vuote promesse, per nutrire gli ideali degli  e i tenaci miraggi degli altri (…) Come può l’assoluta opulenza parlare alla cruda miseria?

A chiudere il disco è la simpatica La fine della festa, l’autoironica autobiografia musicale di Enzo Beccia: “Son musicista da quattro soldi, un aspirante contaballe, con tante facce nel mio diario (…) Potrei toccare le corde giuste delle chitarre della gente, ma senza amici ad ascoltare, che ne sarebbe delle mie parole?

BRANO MIGLIORE: Non mi dire niente / Il cielo è troppo grande
VOTO: 7.5/10

TRACKLIST:

1) Con il sole sulla faccia
2) A portata di mano
3) Come la musica
4) Neanche fossi un santo
5) Non mi dire niente
6) Mina vagante
7) Frasi di circostanza
8) Normalità apparente
9) Il cielo è troppo grande
10) Troppo facile
11) Alla tavola delle contraddizioni
12) La fine della festa