18 Marzo 2016
di Officina del talento
Condividi su:
18 Marzo 2016

RED RONNIE, basta crociate contro i talent, gli interpreti hanno la loro dignità

Tramite Fanpage, Red Ronnie torna a scagliarsi contro i talent e gli interpreti. Ma il cantautore ha necessariamente una marcia in più?

Condividi su:

Tramite Fanpage, Red Ronnie torna a parlare dei talent. In un’intervista pubblicata da Gianluca Gazzoli sulla piattaforma Youmedia, il conduttore televisivo ha espresso nuovamente la sua opinione molto negativa sul meccanismo degli spettacoli televisivi che lanciano nuovi artisti nel panorama musicale.

I Talent Show dominano la televisione e la discografia. Ma nel silenzio i cantautori sembrano essere spariti dalla circolazione. Gente come De Andrè, Battisti, Gino Paoli, oggi non troverebbe spazio. Non è che forse i talenti veri li stiamo perdendo invece che ricercando? Lo abbiamo chiesto a Red Ronnie.

L’opinione di Red Ronnie sui talent era nota, non l’ha mai nascosta e, anzi, ha sempre ribadito le sue idee. Il suo discorso apre le porte a molte considerazioni e qualcuna ci teniamo a sollevarla.

All Music Italia, rispetto a Red, è sempre stata più malleabile sul discorso talent: non pensiamo siano la salvezza assoluta della musica italiana, allo stesso tempo non li riteniamo il motivo della sua attuale “decadenza” se così vogliamo definirla. È giusto ribadire che non tutto dei talent è da buttare, così come non tutto nella vita è bianco o nero. Sacrosante sfumature.

Dall’intervista a Red, sembra trasparire una netta predilezione per i cantautori rispetto agli interpreti. La lotta fra cantautorato e interpretazione ce la portiamo dietro dalla notte dei tempi e nel 2016 ci chiediamo come sia ancora possibile ritenere gli interpreti un gradino sotto nella “scala della musica”. Essere interpreti sembra essere diventato il male del secolo per molti critici musicali. Per noi c’è la stessa dignità nell’interprete e nel cantautore, semplicemente sono due modi diversi di esprimersi.

Dove va una che ha una bella voce?” si chiede Red. Alcune di loro hanno fatto la storia con la voce, rendendo grande la musica italiana: Mina, Mia Martini, Giuni Russo, Anna Oxa, giusto per fare qualche chiaro esempio. Whitney Houston per uscire dai fuori dai nostri confini.

Scrivere e musicare canzoni non è/non è stato il loro compito, bensì cantare, e farlo benissimo, trasmettendo le emozioni che la musica deve trasmettere… non è un caso che un grande cantautore come Ivano Fossati abbia deciso di affidare alcune delle sue più belle composizioni proprio alle interpreti.

Siamo certi che il cantautore abbia a priori una marcia in più? Quante volte avete avuto l’impressione che la canzone del cantautore x o y non fosse poi così bella, nonostante l’avesse scritta di proprio pugno e di tutto punto? Per non parlare del proliferare dei “finti cantautori”, che la firma sul pezzo ce l’hanno, ma in realtà se hanno aggiunto una virgola o un punto, è già tanto. L’industria musicale è piena zeppa di casi del genere e qualcuno lo si può anche scoprire guardando le differenze tra gli autori nel booklet di un cd e quelli registrati nell’archivio della Siae.

Un appunto anche sui talent. Perché criticarli così aspramente e poi dare la possibilità ai ragazzi, che dal talent sono spuntati fuori, di suonare ed esprimersi sul proprio palco? Perché citare artisti e colleghi che criticano il talent, ma poi siedono come giudici sulla sedia dello show?

Sulla velocità di salita e discesa di certi progetti Red ha ragione, ma allo stesso tempo pensiamo sia la naturalità delle cose. Chi ha talento è rimasto, chi non lo aveva ed è stato venduto come tale, è subito sprofondato. Non basta vincere il talent, lo abbiamo visto. Se la gente non ti vuole, non ti vuole, punto. Ovviamente a volte intervengono altri fattori per cui un talento è più immediato di un altro per esempio o viene semplicemente spinto di più.

Infine, tutte le questioni sullo sfruttare, non sfruttare… da quando l’industria musicale è un raduno di associazioni benefiche?