29 Novembre 2021
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29 Novembre 2021

Raf e Tozzi all’Auditorium di Roma. Non un concerto, ma il racconto di una storia che è di tutti e che vorremmo riavere

"Due. La nostra storia" di Raf e Tozzi è in tour nei teatri italiani. Il nostro Prof di latino ci racconta la tappa romana.

Raf Tozzi
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Raf e Tozzi all’Auditorium di Roma. Il Prof di latino Davide Misiano ci racconta la tappa romana di Due. La nostra storia (info sul tour qui).

Non è solo il repertorio a fare del tour di Raf e Tozzi un evento memoriale e memorabile. Non è solo la scaletta dall’articolazione sapiente ad assicurare un’immersione totale nei ritmi e nelle armonie più iconiche degli ultimi 40 anni di musica italiana. È il sentimento che sta alla base del progetto il vero punto di forza.

Un percorso che è essenzialmente storico, perché, da Battito animale a Gloria, ci porta per mano tra gli stili, i linguaggi, i suoni che hanno toccato la vita di non poche generazioni, e ci rimette in contatto con i ricordi di un mondo che è dietro di noi ma che “batte” ancora, forse più “animale” di prima.

Che abbiamo bisogno di ritornare indietro è evidente. Che la musica voglia pulsare di nuovo e urlare storie come quando la sua voce non era arginata da minacce di contagio è la verità più struggente. Ne ho avuto conferma domenica sera all’Auditorium Parco della Musica di Roma, nella sala Santa Cecilia.

Ore 21.00: unica tappa romana del tour Due. La nostra storia, che adesso vi racconto.

RAF E TOZZI ALL’AUDITORIUM DI ROMA – IL RACCONTO DELLA SERATA

Mentre attendevo che entrassero in scena Umberto Tozzi e Raf a suggellare sul palco il loro ormai datato patto di amicizia musicale, guardavo la gente seduta con non poca perplessità.

Pensavo che saremmo stati costretti a indossare la mascherina per tutta la serata e a rispettare rigorosamente le norme di distanziamento. E forse il bisogno di rispettare i divieti avrebbe compromesso quella adesione spontanea e fisica alla musica che rende sempre i concerti delle esperienze tribali in cui liberare corpi e voci.

I corpi hanno mantenuto le distanze, lo confesso, e si sono ritagliati i loro piccoli spazi per non rinunciare alla danza. Ma le voci hanno improvvisamente superato ogni barriera sin dalla prima canzone, e alla fine delle due ore di spettacolo – uno spettacolo che si snoda senza pause né cadute o decelerazioni di ritmo – mi sono commosso nel pensare che quel corpo sonoro non aveva idealmente mascherine, benché i volti continuassero a indossarle.

Il repertorio lo conosciamo tutti, è vero. Ma fa impressione vedere concentrati in un’unica scaletta pezzi di successo italiano e internazionale che sono stati capaci di immortalare un’epoca (Cosa resterà degli anni ’80, Gloria) o di fissare senza sbavature un sentimento senza tempo (Gente di mare, Si può dare di più).

Fa impressione assistere in un unico spettacolo alla celebrazione di un vitalismo trasversale a tutte le generazioni (Battito animale, Due, Ti pretendo, Stai stella stai, Ti amo, Tu, Notte rosa) e alla riproposizione originale di canzoni che parlano di verità antiche, che ispirano da sempre il nostro modo di sentire la vita (Oggi un Dio non ho, Gli altri siamo noi).

Due. La nostra storia: il significato

“Le canzoni sono evocative di un momento”, dice Raf durante il concerto per presentare Come una danza, l’ultimo singolo realizzato in collaborazione dai due artisti. Ma la forza di questo spettacolo è che, tutte insieme, quelle canzoni sembravano essere paradigmatiche di ogni momento.

I due artisti, nella loro ampia ed eterogenea produzione, hanno saputo raccontare con vigore e modernità i movimenti delle epoche che hanno attraversato, le hanno sapute cantare nelle loro verità più basilari, essenziali, persino istintuali e primitive.

E le loro voci, domenica sera, hanno saputo riconsegnare al pubblico, con la riconoscibilità che le ha rese sempre distintive, il senso della loro ricerca.

Una ricerca che non si è fermata, anche nella sperimentazione sonora. Gli arrangiamenti del tour hanno infatti mantenuto l’identità dei pezzi, aggiungendo suggestioni contemporanee (ottimo, a mio avviso, il lavoro alle tastiere di Maurizio Campo) ma non rinunciando al sapore di orchestralità (ho trovato straordinario il contributo del trombettista Gabriele Blandini).

Delicato e commovente anche il momento acustico: il mio vicino di poltrona, stando alle lacrime, ha molto apprezzato la voce dolcemente ruvida di Tozzi in Dimentica Dimentica; io ho sognato con uno dei pezzi più commemorativi della mia giovinezza, Inevitabile follia di Raf.

Molto tenero il passaggio di testimone che si è registrato durante l’esibizione dell’ospite, Samuele Riefoli, in arte D’Art, figlio minore di Raf. Molto promettente il suo nuovo singolo Brutti sogni, che è stato dato in anteprima al pubblico, impreziosito da una commovente coreografia del ballerino di Amici 20, Samuele Barletta.

Il finale

La climax finale, che da Immensamente ha portato a Infinito e a Gloria, ha sintetizzato il senso dell’intero spettacolo: le canzoni belle sono tappe, sono fermo-immagine della vita che abbiamo lasciato alle spalle; se hanno saputo narrare, ritornano e ci ridanno i pezzi più importanti della nostra storia.

Lo fanno soprattutto adesso, adesso che, più che mai, sentiamo il bisogno di riguardare indietro, di ritornare a ciò che siamo stati. Ora che abbiamo bisogno di credere che quella storia è ancora possibile.