🇷🇺 RUSSIA: Manizha, Russian Woman ☆☆
Scelta coraggiosa per la Russia, che lascia a casa i Little Big (da noi noti come i “Piccolo Grandi” di Ciao 2020) e presenta in gara Manizha – cantante di origine tajika la cui selezione ha creato una forte polemica in patria, essendo lei attivista per i diritti delle donne e della comunità LGBT in un paese dove ancora vige una forte spinta liberticida. La canzone celebra in chiave folk l’evoluzione della moderna “donna russa” e la sua trasformazione da angelo del focolare ad individuo in grado di assumersi le proprie responsabilità e combattere gli stereotipi. Sicuramente sarà un messaggio che farà parlare e potrebbe attrarre consensi in tutto il bacino di voto dell’est Europa, quest’anno a corto di una favoritissima di riferimento.
🇸🇲 SAN MARINO: Senhit, Adrenalina ☆☆
Già rappresentante della repubblica del Titano nel 2011 (fu eliminata in semifinale con Stand By), la bolognese Senhit si presenta con grandi ambizioni al via dell’ESC 2021. Il brano, scritto da due leggende dell’Eurovision moderno come Thomas Stengaard e Linnea Deb (rispettivamente vincitori come autori nel 2013 con Only Teardrops di Emmelie De Forest e nel 2015 con Heroes di Måns Zelmerlöw) si configura come una uptempo di genere etnopop con inserti rap e la collaborazione di Flo Rida, rapper americano da oltre 100 milioni di copie vendute. Vige ancora il segreto su una possibile presenza di Flo Rida sul palco di Rotterdam, ma al di là di questo Senhit si sta già preparando a regalare ai sammarinesi il miglior risultato della loro breve storia eurovisiva.
🇷🇸 SERBIA: Hurricane, Loco Loco ☆
A rappresentare la Serbia un trio di giovani artiste di belle speranze che si inseriscono a pieno titolo nel filone “pop femminile” imperante quest’anno: una di loro è Sanja Vučić, già 18° classificata all’Eurovision 2016 con il brano Goodbye (Shelter). Popolarissime in patria, le Hurricane si presentano in gara giocando suppergiù la stessa carta con cui avevano vinto la selezione Beovizija l’anno passato prima di venire riconfermate internamente per il 2021: un dance-pop movimentato con accenti etnici che sicuramente può trovare spazio fra le proposte di quest’anno e riscontrerà grande successo in tutta l’area balcanica.
🇸🇮 SLOVENIA: Ana Soklič, Amen ☆
Anche il Christian pop è rappresentato all’Eurovision grazie alla slovena Ana Soklič, cantante di forte fede cristiana con un background nella musica gospel. Amen è una ballata d’impatto che mette in evidenza la potenza vocale dell’interprete; fra gli autori compare l’americano Charlie Mason, che nel 2014 vinse l’Eurovision scrivendo l’immortale Rise Like A Phoenix per Conchita Wurst. Inserita nella prima semifinale, sulla carta la più dura delle due, la Slovenia arriva a Rotterdam senza alcuna ambizione – ma con l’obiettivo di strappare in extremis un posto tra le 10 finaliste grazie al supporto delle giurie. Al momento sembra difficile (ma non impossibile) vederla ancora in gara sabato sera.
🇪🇸 SPAGNA: Blas Cantó, Voy a quedarme ☆
Poche speranze anche per la Spagna, che si affida al murciano Blas Cantó (ex membro degli Auryn, boyband brevemente lanciata come risposta spagnola agli One Direction) e ad una pop ballad generica e già sentita. Con soli tre piazzamenti nei 10 (peraltro tre decimi posti) dal 2004 a questa parte, la Spagna è il membro delle big 5 che vanta i peggiori risultati nell’Eurovision moderno, malgrado una delle comunità di fan più numerosa e accanita. Non sarà questo l’anno in cui cambieranno le cose, con Voy a quedarme che si configura come candidata ideale al tanto malignato ultimo posto.
🇸🇪 SVEZIA: Tusse, Voices ☆☆
Il diciannovenne Tusse – ragazzo originario della Repubblica Democratica del Congo arrivato in Svezia a soli 13 anni come rifugiato di guerra – ha dominato l’edizione 2021 del Melodifestivalen con le dimensioni del plebiscito, conquistando il massimo dei voti da tutte e otto le fasce del televoto per un totale di quasi tre milioni di preferenze. La canzone però non ha mai convinto gli eurofan, andando a inserirsi nella tradizione svedese di questi ultimi anni che vede la selezione di pezzi impeccabili dal punto di vista della produzione e della performance artistica ma spesso carenti di “anima”. Partito per giocarsi una posizione nei primi cinque, Tusse ha perso consensi dopo una brutta esibizione andata in onda sulla TV svedese all’interno di un galà celebrativo dell’Unicef – avvenuta pochi giorni dopo quella che è stata raccontata come una piccola operazione per risolvere un problema alle corde vocali. È impossibile sottovalutare la Svezia, che dal 2011 ad oggi ha raccolto due vittorie, quattro podi e otto top10 in nove edizioni: l’impressione è però che quest’anno sia più dura del previsto, e se Tusse non riuscisse a riprendersi in tempo anche la qualificazione alla finale potrebbe essere a rischio.
🇨🇭 SVIZZERA: Gjon’s Tears, Tout l’univers ☆☆☆☆
Artista albanese formatosi musicalmente in Svizzera, Gjon Muharremaj in arte Gjon’s Tears arriva a Rotterdam con l’intento dichiarato di continuare la striscia positiva aperta dai rossocrociati nel 2019 con il quarto posto di Luca Hänni. Il brano è scritto da Wouter Hardy, uno degli autori dell’ultima vincitrice Arcade, ed è una midtempo che punta sull’emotività e le doti vocali dell’interprete. Sicuramente in lotta per un piazzamento di vertice e un vasto consenso fra i giurati, la Svizzera si giocherà tutto sulla performance decisiva: con il ricordo dell’ultimo vincitore ancora così vivido (in particolare a causa del suo boom tardivo su TikTok) differenziarsi e fornire qualcosa di nuovo sarà fondamentale per provare a tornare sul podio per la prima volta in ventotto anni.
🇺🇦 UCRAINA: Go_A, Shum ☆☆
L’Ucraina conferma il loro act del 2020 e scende in campo con una proposta musicalmente fra le più innovative e peculiari di questa edizione. I Go_A sono una band electro-folk di Kiev attiva dal 2012, in gara con un brano interamente in lingua che mescola beat techno e folklore tradizionale ucraino. Sicuramente si tratta di una proposta divisiva, sulla carta più apprezzabile ad est del Danubio e un po’ al di là dei riferimenti del pubblico medio – però è pur vero che in un contest che in questi ultimi anni ha spesso premiato l’unicità e la sperimentazione, giocarsi una carta di questo tipo sicuramente può permettere di non passare inosservati e raccogliere un buon consenso trasversale. Partiti con l’obiettivo di evitare la prima non qualificazione nella storia dell’Ucraina all’ESC, i Go_A sembrano poter giocare apertamente per un posto nei primi dieci.
🇮🇹 ITALIA: Måneskin, Zitti e buoni ☆☆☆☆☆
Vincitori del 71° Festival di Sanremo dopo uno scontro finale in cui hanno letteralmente sbancato al televoto contro i favoriti (sulla carta) Francesca Michielin e Fedez, i Måneskin arrivano a Rotterdam come prima band a rappresentare il nostro paese addirittura da 42 anni (gli ultimi furono i Matia Bazar, quindicesimi nel 1979 con Raggio di luna). La canzone vincitrice di Sanremo, un brano rock con influenze punk caratterizzato da una forte critica generazionale incentrata sulla difficoltà degli adulti a comprendere i più giovani, ha immediatamente convinto gran parte dei fan della kermesse europea ma è stata accolta con un certo scetticismo in merito al suo possibile piazzamento finale – in ossequio a una regola non scritta che segna la difficoltà delle proposte rock ad affermarsi nell’Eurovision moderno, concetto peraltro sconfessato più volte (il metal dei finlandesi Lordi, vincitori nel 2006 con quella che fu all’epoca la vittoria più schiacciante nella storia dell’ESC; il 2° posto dei turchi maNga e del loro alternative rock nel 2010; l’ottimo 6° posto al televoto di una proposta ancora più estrema come quella degli islandesi Hatari nel 2019). Senza contare che proprio nelle edizioni più recenti abbiamo visto vincitori quanto mai poco omologati l’uno all’altro, passando dal premiare una bossanova in portoghese al dance-pop con influenze mizrahi dell’israeliana Netta nel giro di un anno solare.
La vera missione e il leitmotiv dell’Eurovision moderno è saper presentare il pacchetto complessivamente più forte fra le ventisei finaliste, a prescindere dal genere di appartenenza e dai preconcetti che possono esistere a livello musicale, culturale e finanche geopolitico.
Mettiamo in campo una squadra già rodata in ambito ESC (Marta Donà, manager dei Måneskin, ha vissuto anche le partecipazioni di Marco Mengoni nel 2013 e Francesca Michielin nel 2016) e un team artistico d’eccezione unito ad una band che sulla performance visiva ha costruito buona parte del proprio successo, a partire dai loro esordi a X Factor 2017. Colpire sul piano visivo, storicamente il nostro tallone d’Achille e il punto che ci è costato più volte carissimo nella stretta finale per la vittoria, è quest’anno possibile come e forse anche più di tutte le principali concorrenti. E soprattutto in una manifestazione che in questi ultimi anni ha visto come unica vera tendenza la capacità di coinvolgere, colpire e rimanere impressi nella mente del pubblico durante i tre minuti di esibizione, è indubbio che i Måneskin siano i performer più unici, carismatici e memorabili di questa annata. Al televoto faranno sfracelli veri, e aspettarsi una buona posizione anche con le giurie (che già premiarono Mahmood due anni fa consentendogli di raggiungere l’argento) è più che lecito in un anno dove quel voto potrebbe finire per frammentarsi fra le varie proposte che ci puntano più o meno dichiaratamente. Inoltre, un brano così emotivamente carico come Zitti e buoni potrebbe essere vissuto anche come un vero e proprio urlo liberatorio a rappresentare la rabbia e la voglia di vivere che tutti proviamo dopo oltre un anno di pandemia.
Lo dico senza mezzi termini: prepariamoci perché è l’anno buono.