14 Marzo 2018
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14 Marzo 2018

INTERVISTA a ROBERTO PEZZINI: “Sostrano è il frutto del mio lavoro… ad un talent ci ho pensato. Poco!”

Intervista a Roberto Pezzini, vincitore del Premio Miglior Testo al Limatola Festival – Voci Emergenti 2016, assegnato da All Music Italia.

Roberto Pezzini
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Anche oggi torniamo a parlarvi di Roberto Pezzini, artista a cui All Music Italia ha conferito il Premio Miglior Testo al Limatola Festival – Voci Emergenti 2016.

E dopo l’esclusivo ascolto del suo album d’esordio Sostrano (lo trovate in anteprima fino al 16 marzo QUI), ecco un’intervista per conoscere meglio questo istrionico cantautore.


Ciao Roberto, ti abbiamo conosciuto all’interno di un contest musicale. Ci puoi raccontare i tuoi primi approcci con la musica?

Ci tocca andare parecchio indietro nel tempo…
Come la maggior parte dei bambini, i primi approcci alla musica li ho avuti alla scuola elementare con quel “fantastico strumento” che è il flauto dolce…
Cioè dico, il flauto dolce!

Io non so perchè nella scuola italiana ci sia questa nefasta tradizione del flauto dolce…
Ma è ancora così? Cioè nelle scuole insegnano ancora il flauto dolce?
Ma qualcuno conosce per caso qualche persona che è diventato un “flauto dolcista” di professione?
Me lo faccia conoscere, che vorrei dargli tipo qualche onorificenza…
Per il coraggio perlomeno.

Comunque, tralasciando questo tragico argomento, mi ricordo che ero piccino quando partecipai al mio primo concorso. Tipo a dieci anni. Il concorso si chiamava Spaccatimpani. Dal nome forse non prometteva molto bene. Ma era una cosa simpatica, un evento organizzato dall’oratorio del piccolo paese dove abitavo, Vigano Certosino, nella provincia milanese.
Se non ricordo male, mi pare che vinsi quella prima edizione, cantando Non so ballare, una canzone piena di doppi sensi che faceva da sigla ad un programma televisivo comico dell’epoca.
Ho cominciato alla grande proprio…
Ecco, però diciamo che un po’ di quel Roberto lì, timido e impacciato, ma che cantava una canzone che faceva divertire, mi è rimasto.

Roberto Pezzini

Nella tua vita artistica hai partecipato a numerosi concorsi musicali. Cosa ti hanno dato? Hai mai pensato a un talent?

Si è vero, ho partecipato a molti concorsi.
A parte quello di cui ho scritto sopra, dove ero molto piccolo, dal 2014 ho cominciato a partecipare a parecchi concorsi nazionali. Perché? Perché avevo bisogno di feedback. Dovevo sapere se le mie canzoni potessero piacere ad un pubblico molto più ampio rispetto alle persone che mi erano vicine.
E fortunatamente così è stato.
E poi partecipare ad un concorso, a volte, può essere un’ottima occasione per conoscere altri musicisti e persone che lavorano nel settore. In questo caso è grazie al premio che ho vinto al Limatola Festival che sto facendo questa intervista…

A un talent ci ho pensato. Poco.
Nel 2015 ho partecipato al casting di X Factor. Ho passato la prima selezione. Basta.
Non penso che comunque io sia adatto a quel tipo di situazioni.
Sia perché ormai penso di essere fuori età (ho 39 anni), sia perché credo che la maggior parte di questi programmi cerchino talentuosi interpreti (magari di bell’aspetto) dalla grande vocalità. Cosa che io non sono.
Io sono un cantautore. E nel mio caso, il mio punto di forza non sta nella grande vocalità, ma in ciò che scrivo e mùsico. Questo non vuol dire che non mi alleni costantemente per migliorare la mia tecnica vocale, ma la cosa su cui punto è un’altra.

Il tuo album d’esordio si intitola “Sostrano”. Si tratta di una dichiarazione d’intenti o di una presa di coscienza?

È una presa di coscienza. Una consapevolezza che ho ormai da tempo.
Per quanto mi riguarda deriva da una parte di infanzia e adolescenza vissuta da mezzo disadattato.

Ma in generale, oggi, la società che ci siamo creati e in cui viviamo ci influenza profondamente ad omologarci. Ad essere tutti uguali. Di conseguenza, falsi o superficiali.
Quindi per me essere strano è anche un rifugio per restare autentico.
Ma è anche un invito rivolto agli altri ad essere quello che sono. A mostrare senza vergogna la propria parte sensibile, debole, diversa o misera.
Chi non fa qualcosa, magari nel suo intimo, per cui potrebbe essere giudicato strano dalle altre persone? Che ne so…un modo di pensare, un abitudine particolare, un difetto, una ferita…
Se ti dico che io sono strano, mi avvicino in qualche modo a te, perché anche tu, per qualche ragione anche diversa dalla mia, ti puoi sentire strano. O ti sei sentito così almeno una volta nella vita.
E se non ti sei mai sentito strano, allora sei il più strano di tutti!

Roberto Pezzini - Copertina Album

Si tratta di un album che parla di evoluzione umana con un approccio decisamente divertente e scanzonato. Come mai hai scelto un tema così insolito?

Non l’ho scelto. Semplicemente cerco di fare quello che mi viene meglio. E mi viene fuori così.

C’è chi potrebbe pensare che l’ispirazione è arrivata da Francesco Gabbani e da Occidentali’s Karma… E’ vero?

Lascia perdere… guarda. Lo so!
A Febbraio dell’anno scorso stavamo decidendo lo script del video Meglio le scimmie con le banane e avevo deciso di inserirci anche un balletto. Ed ecco che mi esce il Gabbanone con Occidentali’s Karma con tanto di scimmia e balletto.
Mi è preso un mezzo coccolone.
È vero anche che nel mio video non compare nessuna scimmia e la canzone tratta un tema diverso dalla sua, ma come dici tu, qualcuno potrebbe pensare che abbia preso ispirazione da lui.
Ma la realtà non è assolutamente questa. Meglio le scimmie con le banane è nata circa cinque anni fa, molto prima di Gabbani a Sanremo.
Penso però che con Gabbani ci sia qualche tipo di affinità. Non tanto nello stile, ma forse in alcune idee. Sennò non mi spiegherei com’è che tra tutte le cover che poteva fare, abbia scelto proprio di cantare Susanna di Celentano nel suo disco, una canzone che ho nel mio repertorio di cover e che volevo presentare nel mio live. Dico io, quante canzoni in italiano esistono? Milioni?
Ecco, Susanna!
Gabbanone mi perseguita.

Musicalmente il tuo album è estremamente vario. Qual è il filo conduttore?

Mi sa che non c’è.
Funziona così per me: io scrivo un pezzo, poi me lo canto anche un centinaio di volte e da lì prende la forma che più gli si confà. Una volta che ho trovato il suo abito musicale in chitarra-voce, suono il brano con la mia band e lì subisce un’altra trasformazione.
L’arrangiamento lo facciamo nel modo migliore che possa funzionare, per far sì che la canzone “esca”. Senza seguire o lasciarci influenzare da nessun filo conduttore, ma solo da ciò che il pezzo richiede.
Poi è anche vero che chi scrive le canzoni sono sempre io. Quindi un filo conduttore c’è. Sono io.

Roberto Pezzini

Ascoltando l’album riesco a cogliere diverse sfumature, ma non un vero e proprio modello di riferimento. Quali sono stati gli artisti che più ti hanno ispirato, anche indirettamente, nella composizione dell’album?

Non so se sia un limite o una cosa positiva il fatto che non ci siano stati artisti che mi abbiano ispirato.
Questo perché la musica, per me, è una cosa personale. Con questo non voglio dire che non riconosca la grandezza di alcuni artisti, sia chiaro.
Ma come dici tu non ho un vero e proprio modello di riferimento, perché, nella mia esperienza, prendere qualcuno come riferimento è una cosa che non mi fa bene.
Niente modelli di riferimento, quindi niente paragoni.
Niente paragoni, quindi niente competizione o senso di inadeguatezza.
Niente senso di inadeguatezza, quindi più libertà di ricerca e creatività.
Quindi per me i modelli di riferimento possono aiutare fino a un certo punto, perché penso che ognuno di noi, se si guarda in profondità, è unico e originale. Non per forza speciale. Ma unico, sì.

Di solito mi viene da fare questo esempio:
Io faccio l’amore a modo mio. Se mi metto a prendere come modello quello che generalmente si dice che l’uomo debba fare a letto, oppure se mi metto a far confronti con chi ce l’ha più grosso o più piccolo, o chi è più bello o più brutto, o al fatto che debba essere in un modo piuttosto che in un altro…non ne esco più così… Io faccio l’amore a modo mio. Può piacere o non può piacere, ma è il mio modo. Ed è unico. Non c’è nessuno che fa l’amore come me. Questo non significa che io sia migliore o peggiore. Ma unico. Come dovremmo essere tutti.

Quindi, chiarito il fatto sugli artisti che (non) mi hanno ispirato, non posso dire che il mio processo di composizione sia esente da influenze. Dirette o indirette che siano. E le influenze sono tutto ciò che ho ascoltato nell’intera mia vita. E sono delle più svariate.
Che so, su un passaggio di una canzone mi posso essere lasciato influenzare da Behind dei Talk Show (un gruppo grunge attivo nella fine degli novanta), mentre su un altro passaggio di un altro brano da Tropicana del Gruppo Italiano (una hit estiva degli anni ottanta). Due cose forse agli antipodi, ma che filtrate attraverso la mia visione, prendono una forma, secondo me, armonica.

Poi mi si può anche dire che alcuni miei brani possano assomigliare a canzoni di qualche altro cantautore. E va bene, chi se ne frega. Se non sei un precursore come i The Beatles, i Led Zeppelin o tutti gli artisti che hanno fatto la storia, ci sarà sempre qualcuno che ti dirà che assomigli a qualcun altro. Ma non è detto che debba essere per forza una cosa negativa, se l’artista cui ti paragonano è un bravo artista. No?
Comunque la cosa più importante per me, a livello musicale (ma anche nella vita), è la ricerca della mia autenticità. E quella posso solo trovarla indagando, nella maniera più sincera, umile e costante, dentro me stesso.

Il singolo Meglio le Scimmie con le Banane ha un ritmo molto estivo. Non credi sia stato un limite farlo uscire d’inverno?

Se avessi avuto
– migliaia di fan
– dei canali già aperti a livello di distribuzione
– un’etichetta discografica
– grandi radio pronte a trasmettere il singolo
…Allora sì, sarebbe potuto essere un limite. Ma, per ora questo non è il mio caso.
Meglio le scimmie con le banane è il mio biglietto da visita. Ne arriveranno altri.

Il singolo è accompagnato da un divertente videoclip. Quanto è importante l’aspetto visivo nella tua musica?

Mah…, sinceramente non penso a quanto possa essere importante. Ma questo non vuol dire che non dia all’aspetto visivo la necessaria cura e attenzione.
Ti spiego come funziona per me: prendiamo per esempio la realizzazione di un videoclip. Succede che mi arrivano delle immagini nella testa (che possiamo chiamare ispirazione). Quindi lavoro su quelle immagini da solo o insieme ai miei collaboratori, facendomi suggestionare anche dalle loro idee e dalla loro competenza. Una volta che abbiamo deciso il da farsi cerchiamo di farlo al meglio delle nostre possibilità.
Un lavoro che comprende un mix di ispirazione, creatività, pragmatismo e cura.

A breve partirà una serie di concerti dal vivo. Ci puoi anticipare come saranno?

– No, ovviamente, perché dovete venire a vederli e ascoltarli!!

Cosa ti aspetti da “Sostrano”?

Ma è ovvio! Che mi faccia diventare presidente del consiglio! Anzi, presidente del mondo!!!
No, dai…
Che mi aspetto? Guarda, io parto del presupposto che l’aspettativa in sé non porta nulla di buono. Genera illusioni e idealizzazioni. Cose che non sono attinenti alla realtà e che procurano malessere.
Quindi zero aspettative, maniche rimboccate e avanti con il mio passo (lento) verso il mio obiettivo: vivere della mia musica.
Daje daje daje!


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