22 Gennaio 2018
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22 Gennaio 2018

INTERVISTA a DAIMON: da band a solista ci apre le porte del suo manicomio personale con “Bedlam”

"Bedlam", ovvero manicomio, è il titolo del suo primo singolo da solista. Conosciamo meglio il punk-rock di Daimon con un'intervista

Daimon
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Oggi andiamo alla scoperta di un artista emergente che ha da poco pubblicato il suo primo album da solista… lui si chiama Daimon e il disco è Bedlam, uscito lo scorso 8 dicembre per l’etichetta (R)esisto.

Corrado Pizzolato, in arte Daimon, classe 1989 di Casale Monferrato (AL), nonostante sia inciampato per tutta l’infanzia sul pianoforte della madre, si avvicina alla musica solo all’età di vent’anni, scegliendola come valvola di sfogo per poter esternare il suo bisogno ed esprimere la sua vena artistica.

Per questo decide quindi di prendere le prime lezioni di chitarra e seguito dal Maestro Alberto Pani impara in poco tempo a destreggiarsi con abilità tra note e accordi.

Conseguita la laurea in scienze motorie, lo studio prima ed il lavoro poi, lo portano a trasferirsi a Bologna, dove come nella più classica delle storie americane fonda la sua prima Garage Band.

Nascono così i Daimon, band in cui Corrado si occupa di voce e chitarra e con cui inizia a tirare giù i primi pezzi inediti che nel tempo diventeranno un album ed un EP.

Terminata l’esperienza di gruppo ed ereditando per sé il nome Daimon, Corrado torna a Casale Monferrato e si dedica ad un nuovo inizio, questa volta come solista.

Abbiamo incontrato Daimon, all’anagrafe Corrado Pizzolato, per farci raccontate meglio questo nuovo disco e i prossimi progetti musicali in un’intervista.

Buona lettura!

Daimon

Ciao Daimon, allora raccontami un po’ di questo nuovo progetto… “Bedlam”

Lo considero un lavoro molto introspettivo ed intimo in cui ho cercato di mescolare al meglio diverse sonorità, abbracciando le mie influenze punk e rock con toni più melodici che hanno portato a pezzi che si alternano tra momenti armoniosi e dolci con altri più grezzi e duri.

Per esempio Unhappy Feeling è un breve intermezzo musicale molto melodico, così come Casting Away che presenta un’intro quasi tutta di pianoforte.

Bedlam, Pigments e soprattutto Now Let ME Go Home hanno invece sonorità molto più grezze, molto più punk e rock.

Non trovi che la filosofia punk non si sposi molto con pianoforte e melodia?

Può essere, ma la mia influenza punk è soprattutto rappresentata dal fatto che la mia passione ed il mio interesse sono quelli di non lavorare troppo le emozioni che voce e chitarra mi permettono di esprimere, ma di far si che siano le più sincere possibili, proprio come nella migliore mentalità punk.

Proprio per questo in fase di produzione ho fortemente voluto che la mia voce fosse lavorata il meno possibile e suonasse proprio così com’è, con i suoi pregi ed i suoi difetti e anche che i suoni delle chitarre e della sezione ritmica fossero più analogici ed il meno possibile elaborati a tavolino.

Quali sono gli artisti o i gruppi che più hanno influenzato il tuo modo di fare musica?

Ce ne sono tanti, ma sicuramente quelli a cui sono più fortemente legato sono i Dinosaur Jr, gli Stooges, i Ramones, i Cure di Roberth Smith, i Black sabbath e i Beatles, ma come anche Neil Young, Lou Reed e Kinks.

Qual’è il messaggio che hai racchiuso nel disco?

Il messaggio che ho voluto comunicare è soprattutto quello di un tormento interiore, un malessere nascosto nei confronti di una società a parere mio troppo stereotipata, priva di interessi artistici e soprattutto non in grado di provare e trasmettere emozioni. Una società che vedo chiusa in una scatola, incapace di aprire il coperchio e scappare fuori.

Cosa rappresenta in particolare l’immagine del manicomio (Bedlam), dentro al quale tra l’altro sei rinchiuso nel video che accompagna il primo singolo?

Perché quella del manicomio è la metafora più appropriata per rappresentare la necessità di essere isolato da questo mondo così apatico. Un manicomio che mi tiene prigioniero ma che allo stesso tempo mi protegge da una società che non mi appartiene e a cui non appartengo, in cui mi sento sempre fuori posto e dalla quale mi sento diverso.

Come mai dopo anni con una band hai deciso di intraprendere la carriera solista?

La mia idea di musica è sempre stata legata al gruppo, un’entità in cui ognuno dà il proprio contributo partendo da un’idea di base, che viene rielaborata insieme mediante la creatività dei singoli elementi per ottenere un qualcosa di migliore e più completo.

Poi si sa, la vita ti sottopone ad una serie di circostanze e ti mette davanti a delle scelte da fare … ed io ho deciso di andare avanti da solo, come solista.

E perché la scelta di cantare in inglese?

Ciò deriva soprattutto dalle mie influenze e della tipologia di musica che mi piace e che mi ha portato ad approcciarmi alla lingua anglofona.

Pensi che scriverai mai in italiano?

Sì, sto componendo qualcosa in italiano però il tutto è ancora in forma molto embrionale…ora sono concentrato soprattutto sul tour per la promozione di Bedlam.

Dopo la title track dell’album, Bedlam, uscito lo scorso novembre, hai in progetto altri singoli?

Sì per febbraio è prevista l’uscita del secondo singolo e quindi a breve sarò impegnato anche nelle riprese del video con Simon Barletti, che già mi ha accompagnato nel video di Bedlam.

Daimon

Prima hai parlato della promozione di Bedlam: sono quindi previsti a breve spettacoli live?

Sì insieme a Paolo Lasazio che, oltre ad essere amico e manager mi accompagna al basso, intraprenderemo un tour che mi vedrà in una versione elettro/acustica di Bedlam.

Dove possiamo trovare il disco e dove i nostri lettori possono conoscerti meglio?

Il disco si trova sulle principali piattaforme di divulgazione musicale come iTunes, Google Play e Spotify, oppure fisicamente tramite i miei contatti diretti. Per seguirmi, rimanere in contatto con me o scrivermi…mi trovate sui principali social Network come Facebook (qui), Instagram (qui) mentre i miei video sono su YouTube nel canale Daimon Official.