30 Novembre 2015
di Cantautore, autore e giornalista
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30 Novembre 2015

VISSI D’ARTE… MA D’ARTE SI PUO’ VIVERE?

"...d'arte si può' vivere?" se lo chiede Enrico Nascimbeni nel suo blog... e con il suo stile asciutto, cinico e realista si risponde anche...

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Silenzio. Si gira. Anzi. Si vive. Come? Da artisti? E come si vive in questi tempi da artisti? Diciamo, per non prendersi troppo sul serio, come vive uno che fa dell’arte. O quantomeno tenta di farla. E lo fa per lavoro. Non per hobby. Per lavoro. Cioè della sua produzione artistica vorrebbe vivere. Dignitosamente.

Non una popstar. O il Fabio Volo di turno. Uno che del suo produrre cose artistiche vorrebbe mangiare, pagar bollette e affitto. Si può vivere? Sopravvivere? No.

La mia risposta è no. Vessati da tutte le parti. Spernacchiati. A volte fottuti. I produttori d’arte si aggirano per le strade come alieni. E questo inverno fa freddo. Se poi parliamo di strade virtuali…Social… Tutti in procinto di fare…Belli sorridenti. Con la foto giusta. Con tanti mi piace e un cazzo nel culo lungo da qui ad Atlantide. Dimenticavo. Nei giovani risiede la speranza. L’incoscienza. La forza. Ed è giusto che sia così. Ma, per quelli come me, un po’ stagionati. Un po’ scafati. Un po’ stanchi. Per quelli come me che hanno limonato per un attimo col successo vero ed ora… ed ora… Bisognerebbe ricominciare tutto da capo. Fare l’album del secolo. O libro del secolo… E sto scherzando. Ma quando mai. “Siamo rivoluzionari (realisti) senza mai perdere la tenerezza” scriveva Che Guevara. E aveva ragione. Bisogna essere realisti.

Ma io come faccio ora a studiare da gobbo perché da grande voglio fare il cammello? Troppo tardi. Mamma e papà se ne sono andati in vacanza in cielo. E ti mancano i rimproveri di mamma. O i silenzi di papà. Ti manca tutto. Invecchi. Da vecchio scorreggione artistoide. Rimpiangi il posto fisso che avevi. E che hai lasciato per tornare a far l’amore con la musica. Con i libri. Qualcuno ti chiama “maestro”. Altri ti chiamano “poeta”. Tu sorridi. Di notte dormi male. La mattina ti svegli con la faccia che “ricorda il crollo di una diga”. Per dirla alla De Gregori.

E allora si può campare d’arte? Ma certo. E’ un destino. E’ un talento. E’ una interminabile partita a scacchi. Dove sai che perderai. Ma devi giocare. La musica. Le parole. I fogli che scrivi. Sono il tuo meraviglioso allenamento. Per l’infinito.