18 Luglio 2014
di Officina del talento
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18 Luglio 2014

NEW GENERATION: INTERVISTA A PAOLO MACAGNINO

Concorrente dell'ultima edizione di Amici, Paolo Macagnino ha pubblicato il suo primo EP "Universi paralleli" e ne parla ad All Music Italia...

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Paolo Macagnino, ‘classe 1983, tarantino. Lo abbiamo conosciuto nell’ultima edizione di Amici di Maria De Filippi, dove si è subito differenziato dal resto dei colleghi per la sua naturale propensione verso il genere rock e la carica estroversa portata sul palco.

Diverse le critiche incassate durante l’avventura televisiva, altrettanti i complimenti, e pur non riuscendo ad arrivare nella finalissima del talent, Paolo ha ottenuto un premio altrettanto grande e significativo: il primo EP, Universi paralleli, prodotto da un’icona della musica italiana di ogni tempo, Ornella Vanoni.

Il cantante si confessa a noi di All Music Italia raccontando il periodo precedente allo show televisivo, il percorso al suo interno e la nascita dei brani inclusi nel primo progetto discografico.

Paolo-Macagnino

Partiamo dal tuo percorso pre-Amici: l’esperienza con i Noyse. Cosa ti ha lasciato e qual è secondo te la differenza fondamentale fra essere in un gruppo e portare avanti una carriera solista?

La band ti fa fare la gavetta, cominci a prendere dimestichezza con il pubblico, con il microfono, mixer, gente, contatti, pub. Fai le esperienze che possono darti una mano, farti diventare più esperto e muoverti in questo campo. Avere una band alle spalle e lavorare come singolo sono due cose completamente diverse, sono due energie diverse e ognuna ha i suoi pro e i suoi contro.

Nella band si è una squadra, il contro è che devi dare retta a cinque teste, quindi non sempre è facile, ci sono molti più problemi, molte più cose da digerire e a volte bisogna far finta di niente. Crei una famiglia, è come se fossi fidanzato con cinque persone. Quando sei singolo ci sono meno problemi, la testa è una, o due o tre al massimo, in caso si sia affiancati da un produttore. Il contro è che quando sei sul palco sei solo tu e ti manca magari quell’energia in più.

Mi ha fatto sorridere leggere il tuo soprannome. Dopo l’aquila di Ligonchio (Iva Zanicchi), la pantera di Goro (Milva) e la tigre di Cremona (Mina) adesso ci sei tu, la “tigre di Massafra”. Perché ti chiamano così?

Si riferiscono al mio modo di cantare sul palco. Faccio rock e già di per sé è uno dei generi più grintosi. Ho sempre fatto rock e questo è il genere in cui mi sento più me stesso. Sul palco ho una presenza scenica, a detta degli altri, abbastanza energica e quindi mi hanno soprannominato così, ma è una cosa simpatica, fatta per scherzare (ride, ndr).

Da grande appassionato di rock, perché hai scelto di tentare la strada di Amici che ha sempre prediletto un altro tipo di genere, il pop melodico all’italiana?

Oggigiorno partecipare ad un talent show è una delle possibilità più immediate per avere una visibilità che altrimenti bisognerebbe costruirsi in anni, senza nemmeno essere sicuri di riuscirci. Mi sono buttato anche per confrontarmi con gli altri e vedere a che livello fossi dal punto di vista canoro, quanto valessi. In primis è una sorta di test per se stessi, mi sono detto: “Vediamo dove arrivo in una situazione del genere”.

Durante l’avventura di Amici sei stato messo spesso in discussione. Ad esempio Carlo Di Francesco ti accusava di avere un’interpretazione troppo forzata, di rendere i brani troppo simili tra loro, di muoverti troppo sul palco. Come ti sentivi in quei momenti?

Una critica è sempre una critica, fai fatica ad accettarla e a digerirla. È chiaro che a tutti piacerebbe avere i complimenti. A me piace avere critiche perché attraverso queste puoi crescere. I complimenti vanno bene, per carità, ma da questi non puoi prendere appigli, suggerimenti per migliorare. All’interno della scuola arrivavano sempre pareri dei professori che ovviamente prendevo in considerazione, li esaminavo tutti chiedendomi “Perché mi sta dicendo questo? È effettivamente così?” e da lì partiva un ragionamento psicologico per capire se fosse il caso di seguire quel consiglio e smussare alcuni angoli, se ci fosse una possibilità di crescita oppure no. Chiaramente è una questione personale scegliere se seguire o meno i consigli, quello di Carlo Di Francesco era una parere rispettabilissimo come quello degli altri.

Ipotizzo che si entri nel programma con un’idea di sé ma a volte capita che gli insegnanti cerchino di distruggere il tutto per poi ricostruirti…

Sì, cercano di farlo. Ognuno dà le proprie direttive, poi sta a te decidere se proseguire per la tua strada oppure dargli ascolto e rivedere la tua presenza scenica, il tuo modo di cantare, sempre assumendosi le proprie responsabilità. Ti può andare bene o male, sia se accetti i consigli e li segui, sia se non lo fai. Magari decidi di rimanere te stesso ma poi ti eliminano, quindi ti dici “Sono rimasto me stesso ma mi hanno cacciato dalla scuola!” (ride).

L’esperienza della scuola è stata poi raccontata in un brano del tuo album, Sopra le nuvole. Riporto alcuni stralci del testo: “…Contando solo sulle forze mie e la voglia di sorprendere, lottando giorno dopo giorno anche quando non è facile. (…) Quando ti chiedi se tutto quanto ha un senso, poi alla fine ti sembra che tutto sia completamente da rifare, apro gli occhi e scopro che c’è una strada proprio qui davanti a me”. Si evince un percorso molto burrascoso, alla fine sono stati più i momenti bui o quelli pieni di luce?

I momenti belli ci sono stati, figurati, già stando lì dentro senti di aver avuto una grande opportunità e ti senti molto molto fortunato.

Sempre in Sopra le nuvole canti: “Io credevo di perdere tutto quello che credevo fosse intorno a me”. È cambiato l’atteggiamento delle persone che ti conoscevano prima del talent?

Beh un po’ sì, vieni fuori da un’esperienza grossa, quindi l’atteggiamento cambia in positivo, così come la vita. Un cambiamento inevitabile, fa parte proprio della psicologia umana. Poi c’è sempre qualcuno che vuole approfittarsene, tenta di “sfruttare” quello che tu hai fatto nella scuola, ma io ho la mia squadra che mi segue da tanto e quindi “squadra che vince non si cambia!” (ride).

Se qualcuno che non ha mai seguito la trasmissione ti chiedesse un solo brano fra quelli eseguiti per capire chi sei, quale consiglieresti?

Mmm… Who wants to live forever dei Queen che ho fatto al serale, ma anche These boots are made for walking è stata una bella esibizione. Forse però l’esibizione dell’entrata nella scuola, Panic station dei Muse, è stata quella più rappresentativa, paradossalmente direi.

A differenza di altri talent, ad Amici, togliendo il periodo del serale, avete la possibilità di seguire ciò che i fan e i detrattori scrivono sui social network. Come affrontavi il giudizio, positivo e negativo, del pubblico?

Io sinceramente non guardavo nulla, perché è facile farsi influenzare. Ti ritrovi da un giorno all’altro  con tremila richieste di amicizia, non riuscivo neanche a gestirlo. Vedere tante critiche e complimenti può anche distogliere l’attenzione, può farti scoraggiare o farti montare la testa. Preferivo rimanere lontano dai social, altrimenti sarebbe stata la fine! (ride) Preferivo rimanere concentrato, la concentrazione è molto importante.

All’interno della scuola hai avuto modo di duettare o anche solo di ascoltare grandi personaggi della musica italiana e internazionale. Chi ti ha colpito e perché?

Mi hanno colpito un po’ tutti perché ognuno aveva da raccontare la sua storia, la sua esperienza. Molti di loro mi dicevano “Non mollare, questo mondo è molto duro”. Mi hanno colpito i loro discorsi, ci hanno incoraggiato tutti a non farci scoraggiare. Sono molto contento di aver avuto questa possibilità, perché soprattutto psicologicamente si arriva ad un punto in cui è dura andare avanti e quelle parole potevano fare davvero la differenza. Non so, cito Biagio Antonacci ed Elisa, ti dicono “Mi raccomando, non mollate mai!” e, cavolo, quelle parole ti danno la forza. Ci credi e ti dici “Se lo ha detto lei ci sarà un motivo, no?”.

Com’è avvenuto il contatto con la Vanoni? Ti ha spiegato perché ha scelto proprio te e cosa puoi raccontarci della Ornella dietro le quinte?

Ad Ornella piace il mio modo di cantare e di stare sul palco, le è piaciuto il mio progetto e ha deciso di sposarlo, di produrlo. Ha deciso di scommettere su di me e questo mi fa grande onore perché è la regina della musica italiana, non una qualunque. Vuol dire che qualcosa c’è, no? (ride). Chiaro, la strada è molto in salita, c’è da imparare tanto, però ci stiamo mettendo in gioco, con sacrificio, umiltà, tentando di costruire una carriera sana e duratura.

Ornella dietro le quinte è una persona eccezionale, incredibile, ti fa morire dalle risate. Ha una grande esperienza, un sacco di aneddoti da raccontare, puoi solo imparare.

Ascoltando il tuo EP sembra che tu abbia un rapporto burrascoso con il sentimento d’amore. Ecco alcune frasi che mi hanno colpito: “Questa nostalgia che morde e penso non sarai più mia” (Universi paralleli), “Ci lasciamo qui senza chiederci un altro domani, vado via così col cappotto stretto tra le mani” (Sempre), “Nei tuoi pensieri io mi perdo ma non credo che ritrovarsi sarà facile” (Non andare via)”.

Sono frasi che si riferiscono a diverse esperienze. Si tratta di argomenti che ti ritrovi ad affrontare in un modo che magari prima ignoravi, prima di conoscere il tuo lato artistico. Tendi a modificare certi rapporti, certe relazioni che avevi costruito e che non riesci più a tenere a bada. Alcuni testi nascono anche da come immagini diverse situazioni, c’è sempre una percentuale di esperienza personale ma anche una piccola dose di fantasia. L’amore poi, quando c’è è positivo, quando finisce solitamente un po’ ti dispiace, soprattutto se sorgono problemi. Anche se ti lasci in modo pacifico ti rimane l’amarezza di aver perso una persona a cui tenevi, quindi diventa burrascoso.

Il primo singolo estratto da “Universi paralleli” è “Madama Butterfly”. Chi è la protagonista della canzone e perché hai scelto la metafora della farfalla? Rappresenta qualcosa in particolare?

Ho preso ispirazione dalla Madama Butterfly di Giacomo Puccini. La protagonista dell’opera è la geisha Cio-Cio-San, una donna dai gusti sessuali un po’… espliciti. Il mio è un testo scherzoso, non ha nessuna morale, è l’omaggio alla figura di una donna che ha dei gusti sessuali un po’ spinti (ride), abbiamo giocato col testo, costruito delle metafore. La butterfly si riferisce alla figura pucciniana, niente di che.

Mi ha colpito una parte del testo in particolare, quella in cui canti “Vuoi elogiare i tuoi riflessi soffermandoti sulla tua intimità britannica”. Cosa intendi con “intimità britannica”?

Sai, sono aggettivi un po’ difficili da spiegare, hanno una storia dietro. È una questione molto personale. Ti posso dire che amo tutto ciò che è inglese o americano… Comunque in un testo non si deve spiegare tutto, molto è lasciato all’interpretazione di ognuno.

In un altro brano già citato, Universi paralleli, ho riscontrato delle sonorità simili a quelle de Il fantasma dell’opera. È frutto di una mia impressione o c’è un riferimento voluto?

Assolutamente no, mi rendo conto che alcuni pezzi hanno delle sonorità un po’ teatrali ma non c’è alcun legame con il teatro dell’opera. Amo Il fantasma dell’opera ma non c’è nessun riferimento.

Prima di lasciarti, ti propongo il nostro gioco solito di fine intervista, il “rompi cd”, che ricalca lo stile del “gioco della torre”. È molto divertente, quindi prendila per quello che è, spiegaci poi il perché delle tue scelte…

A chi rompi il cd tra Deborah Iurato e i Dear Jack?

(ride) Non ho un motivo, come faccio a rispondere? Sono davvero tutti e due in gamba, sono artisti forti,  ho ascoltato entrambi i cd e sono validi, non ho motivo di rompere uno di questi due cd!

Alessandra Amoroso o Emma?

Mmm… devo dire che ci ho sempre pensato. Ho cercato spesso di trovare analogie e differenze, è nella natura dell’uomo fare analisi e “classifiche” certe volte. Per gusto soggettivo salvo Alessandra Amoroso, mi piace più dell’altra.

Moreno o Miguel Bosé?

(ride) Come si fa a confrontare Miguel Bosé con Moreno? Bosé ha una carriera artistica alle spalle che non posso assolutamente paragonare ad altri, è un altro livello.

Coldplay o Muse?

I Muse tutta la vita, salvo loro.

Nirvana o Queen?

Che domanda!!! Mmm… preferisco i Queen.

Grazie a Red & Blue

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