1 Luglio 2020
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1 Luglio 2020

tha Supreme e la nuova generazione di celebrità avatar

Matteo Mori ci parla di tha Supreme e della nuova generazione di celebrità sotto forma di avatar.

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Se negli ultimi mesi gli artisti hanno fatto una corsa per accontentare la richiesta di maggiori esperienze visive stimolanti, tha Supreme era già avanti. Il suo merito? Aver capito prima l’importanza di un avatar virtuale.

Tutti noi abbiamo creato o utilizzato un avatar nell’era del web: la memoji nell’iPhone, un personaggio su The Sims, un’icona illustrata nei blog.

L’avatar è una rappresentazione virtuale di noi stessi. La sua funzione è di essere un tramite per le nostre azioni nel mondo digitale, andando a sostituire il nostro corpo reale.

Questo fenomeno sta trovando ampio utilizzo nell’industria musicale. Diverse aziende e artisti stanno cercando di portare avanti l’idea di avatar, sia per questioni creative che economiche.

Sembra assurdo parlare di cantanti avatar che prendono il posto di quelli in carne e ossa, come se fossimo in un film di fantascienza, ma nei mesi di quarantena qualcosa ha cambiato il modo di consumare i media. Abbiamo dovuto cercare modi nuovi per evadere dalla monotonia dello stare chiusi in casa.

Per esempio, per i più giovani, videogiochi come Minecraft, Fortnite o Animal Crossing si sono trasformati in veri e propri centri di aggregazione sociale.

THA SUPREME E IL FENOMENO DEGLI AVATAR

Dopo un’ondata di esperienze statiche, come i “concerti” su Instagram, gli artisti si sono trovati di fronte a un problema: senza la possibilità di spostarsi da casa propria, come si possono creare contenuti visivi per il proprio pubblico?

Molti hanno optato per l’assunzione di designer e animatori, per creare visual senza far perdere interesse al proprio seguito. In questo contesto, infatti, sono usciti video come Easy di Federica Carta, Houseparty di Annalisa oppure House of Keta di Populous.

Ma tra gli esperimenti più riusciti di animazione c’è quello del già citato tha Supreme, che, quasi in modo preveggente, da due anni a questa parte si è affidato alla Racoon Studio.

Dalla creazione del suo avatar fino alla realizzazione dei suoi videoclip e performance (da ricordare, quella a X Factor 2019), tha Supreme e la Racoon sono riusciti a creare un universo digitale, trasformando il personaggio animato in un simbolo più riconoscibile della faccia dell’artista stesso.

È notizia di pochi mesi fa quella della Tha Supreme 23 6451 Virtual Experience: un’esperienza nella quale i fan potevano scattarsi una foto in realtà aumentata con l’avatar del cantante.

Spostandoci verso l’America, uno degli esempi più recenti è quello della produttrice e cantante Grimes. Durante la sua gravidanza, ha creato War Nymph, un suo alter ego digitale. “Grimes non vuole più andare in tournée, voleva creare un’entità che potesse prendere il suo posto“, afferma Kosta Elchev, uno degli sviluppatori dietro a War Nymph.

Il suo avatar ha posato per diversi servizi fotografici ed è protagonista degli ultimi video musicali al posto della cantante.

Alcune aziende hanno già affiancato degli sviluppatori ai cantanti per la realizzazione dei loro avatar, destinati ad applicazioni il cui scopo principale è la ricondivisione sui social.

Jadu ricrea ologrammi in realtà virtuale di artisti tra cui le Pussy Riot, HANA e PoppyGenies offre un vasto catalogo di avatar animati di diverse celebrità. Basta scorrere il loro sito per trovare personaggi come Rihanna, Shawn Mendes e J Balvin. Proprio quest’ultimo ha usato il suo Genies per promuovere il suo nuovo album, Colores.

Alcuni designer virtuali, invece, hanno dedicato il loro lavoro alla creazione di spazi per eventi musicali online. La Epic Games, la casa di sviluppo di videogiochi come Fortnite, ha collaborato con Travis Scott e Marshmello per la realizzazione di concerti in-game. La Open Pit ha creato diversi festival e concerti online nei server di Minecraft.

Gli avatar, quindi, permettono di poter dare degli sviluppi creativi e commerciali interessanti che non sarebbero efficienti in altri modi. Non che queste trasformazioni non siano costose, anzi.

Per creare un ologramma per Jadu, l’artista deve visitare lo studio dell’azienda a Los Angeles e acquisire video volumetrici utilizzando oltre 100 telecamere specializzate.

Per il concerto di Travis Scott su Fortnite si ipotizza siano state spese dalle sei alle sette cifre, principalmente per l’ingegneria del software. Inoltre, l’aumento di domanda verso l’assunzione di artisti CGI ha fatto lievitare i costi offerti da questi. Tuttavia ci sono software open source come Blender o Daz 3D, che rendono il lavoro meno costoso e più accessibile a tutti.

Ma se questi sono esempi di celebrità che diventano avatar, abbiamo anche casi di avatar che diventano celebrità.

Lil Miquela è una cantante diventata il volto di Calvin Klein e Prada e con 2.4 milioni di followers su Instagram. La particolarità di Miquela? Non esiste. O meglio, esiste ma solo grazie a dei software digitali. La cantante, in realtà, è un prodotto della Brud, un’azienda di Los Angeles specializzata nella robotica e nell’intelligenza artificiale.

Prima questo era un fenomeno più diffuso in Giappone, con esperimenti tipo i vocaloid, come Hatsune Miku o Luo Tianyi, oppure i V-Tubers, ovvero youtuber-avatar con oltre 9000 canali presenti nel social.

La domanda a cui rispondere nel caso delle celebrità avatar è come intendere i crediti da parte degli artisti che scrivono e producono le canzoni per loro. In uno degli ultimi singoli di Miquela, tra i produttori troviamo nomi importanti come Rodaidh McDonald, già produttore di Adele e The xx, e Teyana Taylor.

Certamente opzioni simili sembrano un’utopia per tutti gli artisti indipendenti, che continuano a lottare nelle stesse piattaforme sotto l’egemonia delle major. Ma è importante parlarne, in quanto questo nuovo modello mostra un cambio nelle abitudini di consumo dei media. Un medium simile ha alla base l’immaginazione, e questo può portare a delle possibilità creative illimitate.

Ciò sta ridefinendo i meccanismi dietro il coinvolgimento tra l’artista e il proprio pubblico. La crescita esponenziale di comunità online che enfatizzano l’immersione diretta tra i due va a cambiare l’idea di interazione con i fan.

In mezzo a un momento delicato come questo, gli avatar si sono dimostrati degli strumenti potenti per gli artisti volenterosi di portare nuovo brio grazie a mondi fantastici e più interessanti della vita stessa.

Resta da vedere se l’industria musicale sia disposta a usare questa alternativa come metodo per ampliare le possibilità artistiche o solo come modo per trasferire i suoi difetti e contraddizioni anche in universi virtuali.

 

(S)cambio generazionale è la rubrica in cui il 19enne Matteo Mori racconta cosa significhi essere nati in un mondo dove la musica era già agli stadi finali nel suo formato fisico e più vicina alla digitalizzazione.