29 Settembre 2022
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29 Settembre 2022

Volevo Magia dei Verdena è un disco davvero rock

Un ritorno al passato e uno sguardo al futuro nel nuovo album "Volevo Magia" dei Verdena.

Verdena Volevo Magia
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È uscito il 23 settembre il nuovo album dei Verdena, Volevo Magia

All Music Italia ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione dell’album, la trovate qui, ed ora vi recensisce questo nuovo progetto con le parole di Dario Costa: musicista, compositore dalle tinte elettroniche che lavora nel mondo del teatro da diversi anni e fan fedele, ma anche critico all’occorrenza, della band.

Lasciamo a lui la parola…

Quando Anna Ida mi ha chiesto di scrivere la recensione del nuovo album dei Verdena, un loro intramontabile fruitore come me ha subito pensato: “Sì, ok, ma te la faccio l’anno prossimo”. I loro dischi hanno bisogno di essere ascoltati, profondamente, per far sì che le stratificazioni delle produzioni di Alberto Ferrari (anche cantante e chitarrista della band) si lascino a poco a poco scoprire facendo emergere all’orecchio ogni singolo elemento dal marasma sonoro.

Quante cose in futuro si potranno dire ancora di Volevo Magia, settimo lavoro in studio uscito dopo sette anni di attesa? Appare quindi per ora una semplificazione provocatoria affermare che sia solamente un disco rock. Ma non è affatto scontato.

In questi anni passati ad aspettare il trio bergamasco sono accadute molte cose. La musica pop ha preso varie forme e in questa mutazione il nostro orecchio si è ormai abituato ad altre sonorità, relegando al rock un ruolo quasi nostalgico, da ascoltare quando si vuole “tornare alle chitarre elettriche”.

Quest’ultime in realtà le stanno riscoprendo sempre di più, con un’impronta forse maggiormente pop punk, anche artisti che negli anni ’10 dell’Alternative Italiano andavano ancora alle scuole medie, come Chiello per citarne uno nominato dallo stesso Ferrari tra i suoi ascolti recenti. (ndr ne abbiamo parlato qui)

È quindi sempre più chiaro che il rock sia in una fase di transizione, che necessiti forse come spesso accade di tornare a lavorare nel sottobosco per far emergere un domani forme nuove e convincenti anche per il grande pubblico.

Quando ciò accade il genere si inquina e si contamina, con il pop il blues l’elettronica e perché no anche con il rap e lo spoken.

Ed è in questo scenario di non scontata transizione che si colloca questo disco rock, in senso ampio, con l’acclamato ritorno dei Verdena per come ci possiamo aspettare i loro sofisticati brani pastiche, ma anche con un po’ di delusione da parte di chi desiderava una nuova rottura e una nuova svolta come accadde col folgorante Wow (2011).

Si tratta invece di un lavoro ultra ermetico, complesso come sempre e forse ancor di più, con la voce impastata nel mix a livelli estremi rendendola praticamente incomprensibile, che mantiene per altro anche una certa continuità nelle sonorità con il precedente Endkadenz (2015) seppur più pulite e meno distorte.

Non è un caso che il disco si apra con Chaise Longue, una sintesi perfetta dell’ultimo periodo sonoro che pare quasi un medley tra brani estratti da Wow ed Endkadenz, dalla quale emerge la batteria dell’inconfondibile Luca Ferrari (fratello di Alberto) ma con un suono a tratti diverso dal solito, quasi brit pop à la Blur.

I synth sono gli stessi dell’ultimo periodo e li possiamo ascoltare anche in Certi Magazine, ballata sognante piena di malinconia, con una batteria che non rinuncia ad essere incalzante per suggerire un moto emozionale dinamico e perpetuo.

Il basso di Roberta Sammarelli lo troviamo invece protagonista indiscusso in X Sempre Assente, in grado di disegnare una melodia pop complessa e articolata per una ballad vivace.

Tornano anche, per fortuna, le chitarre distorte con il fuzz di cui Alberto si è innamorato in Endkadenz. Preponderanti e mescolate in un riverbero infernale, le troviamo in Pascolare: tempi lenti per un viaggio stoner degno di una grande hit internazionale, sicuramente uno dei pezzi più importanti del disco.

Con Paladini riescono invece a portarci nelle viscere della terra dove ci imbattiamo nuovamente in un riverbero che dona luce e spaventa allo stesso tempo, mentre i colpi di batteria ci piombano addosso come macigni sonori.

Grandi distorsioni le troviamo anche in Crystal Ball nella quale la presenza di qualcosa di simile a un ritornello, percepibile e quindi cantabile (elemento raro in questo album), suggerisce una potenzialità da live hit che va dritta come un treno.

Il brano che però è forse destinato a diventare il più cantato ai live è Sino a Notte (D.I.), grazie al tempo ballabile e ai due tormentoni tutti da urlare: “Mi mostrò le gambe nude!” e “Scopri! Scopri le meningi!”.

La traccia che dà il titolo al disco, Volevo Magia, è invece un divertissement hardcore nato per caso in sala prove: uno sfogo post-pandemico del nostro trio che non vede l’ora di farci rompere qualche osso sotto il palco (e noi siamo pronti).

Ma diamo ora un possibile sguardo al futuro. C’è una traccia di questo album che fin dall’inizio ci fa percepire quelli che potrebbero essere i primi sentori di una prossima direzione Verdeniana: si tratta di Dialobik, criptico brano che si apre con una sorta di aria per fake-clarinetto e fake-archi.

Un elemento compositivo spiazzante che viene ripreso anche a metà brano, occupando una posizione centrale mentre batteria e voce sono relegate ai lati, quasi come a dire: “ehi, questo è il mio spazio, aspettatemi, io già esisto”.

Altri elementi di innovazione li troviamo in Nei Rami, che si apre con un mélange di suoni elettronici e una chitarra dal suono quasi nu-jazz. Questo brano chiude il disco nel massimo dell’ermeticità dal punto di vista di testo e di intelligibilità: un canto intimo, che quasi non desidera realmente condividere quei pensieri.

L’arrangiamento, che lascia ben sperare per il futuro, torna con degli archi preponderanti verso la fine del brano e va poi a esaurirsi in una sperimentazione di synth e chitarre tutta da esplorare.

Menzione speciale per Cielo Super Acceso: un graditissimo ritorno di un brano à la Il Suicidio dei Samurai (2004), con suoni più ruvidi ma in una forma canzone (seppur atipica) come negli anni in cui eravamo abituati a vederli in rotazione sulle TV musicali.

Basso e Batteria viaggiano ad alta velocità in una sorta di trance, fino ad una chiusura sperimentale probabilmente estratta da qualche tape registrato in prova.

Potremo forse dire un domani, chissà, che Volevo Magia sia stato in realtà un disco “di passaggio” per i Verdena, nel quale la loro ricerca musicale li abbia portati ad accennare quelle nuove sonorità che non ci aspettavamo proprio, ma se sarà così lo scopriremo solo tra un bel po’ di anni.

Nel frattempo godiamoci i loro live che sicuramente ci spegneranno quella sete nostalgica di rock aggressivo come forse non lo assaporiamo dai tempi del tour di Requiem (2007).

Ringrazio l’amico Daniele Panaroni, con cui mi sono confrontato costruttivamente su questo album.

BRANI MIGLIORI: Pascolare, Dialobik, Cielo Super Acceso
VOTO: 7,5
⭐⭐⭐⭐⭐⭐⭐1/2

VERDENA VOLEVO MAGIA TRACKLIST

  1. Chaise Longue
  2. Paul e Linda
  3. Pascolare
  4. Certi Magazine
  5. Crystal Ball
  6. Dialobik
  7. Sui Ghiacciai
  8. Volevo Magia
  9. Cielo Super Acceso
  10. X Sempre Assente
  11. Paladini
  12. Sino a Notte (D.I.)
  13. Nei Rami