21 Agosto 2023
di Direttore Editoriale
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21 Agosto 2023

La riflessione di Caffellatte sulle radici dell’episodio di stupro di gruppo a Palermo: “Noi ‘gatte’ dobbiamo stare al nostro posto…”

"Da ragazza sono stata rimproverata per essere stata me stessa, perché attiravo attenzioni maschili. Il testosterone non si può tenere a bada, una ragazzina sì, sempre e comunque..."

Caffellatte
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Sono una donna ma sono stata un’adolescente, prima ancora una bambina.” Con queste parole la cantautrice Caffellatte si apre sui social per una profonda riflessioni sull’essere donna e su quanto ancora della società e della cultura c’è da cambiare perché episodi come lo stupro di Palermo non accadano più.

Quello che è successo è qualcosa che fa decadere il concetto stesso di essere umano. È qualcosa che va cambiato ora, anche con un’educazione mirata nelle scuole, per far sì che le generazioni attuali e, soprattutto, quelle future, non siano cresciute “dall’internet” e non imparino a conoscere il sesso solo attraverso video a carattere pornografico.

7 ragazzi hanno fatto bere e fumare una ragazza di 19 anni per poi violentarla a turno mentre uno di loro, l’unico che la conosceva, filmava. Quello che poi avrebbe scritto in una chat Whatsapp queste terribili parole:

Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo 100 cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei porno, eravamo troppi e sinceramente mi sono schifato un poco, però che devo fare la carne è carne, ma ti giuro che dopo che si sentita pure male, piegata a terra, ha chiamato l’ambulanza, l’abbiamo lasciata lì e siamo andati via.

Voleva farsi a tutti, alla fine gli abbiamo fatto passare il capriccio”.

C’è qualcosa di distorto e malato in queste parole e nell’ultima frase. C’è qualcosa di malato in questa mascolinità tossica e nel come la donna deve essere vista.

E qualcosa di ancora più malato nella madre di uno di loro che, oltre a nascondere i telefoni per coprirli, spingeva perché loro sottolineassero alle autorità, una volta scoperti, che la ragazza “è una poco di buono“.

Ed da questo concetto, e parlando di sé e della sua storia di donna, che Giorgia Groccia, in arte Caffellatte, parte con la sua riflessione su Instagram.

le riflessioni di Caffellatte

Sono una donna ma sono stata un’adolescente, prima ancora una bambina.

Sono stata una di quelle ragazzine pestifere da ‘punire’ molto spesso, e nella maggior parte dei casi (ma questa è un’altra storia) mi sono salva dalle ‘punizioni’ per puro caso, fortuna oserei dire.

Sono stata una di quelle ragazzine rimproverate a casa e a scuola per l’abbigliamento eccentrico, per la matita agli occhi e per lo smalto alle dita. Sono stata rimproverata tantissimo per essere stata me stessa perché così facendo attiravo TROPPE attenzioni maschili; Il testosterone, gli ormoni, eh no, quelli non possono tenersi a bada. Ma una ragazzina si può tenere a bada sempre e comunque

Noi ‘gatte’ dobbiamo stare al nostro posto, possibilmente odiandoci a vicenda sin da adolescenti. In competizione per quelle stesse attenzioni che spesso, specialmente a quell’età, diventano poco rassicuranti all’improvviso. 

Ma dipendono da noi, perché se facessimo sesso al di fuori di una relazione stabile meriteremmo quelle punizioni. Perché non siamo state buone e care come la società ci ha educato ad essere. Buone, care, disponibili ma non troppo: altrimenti è colpa nostra.

E tra gelosie, le invidie, tra le micro violenze (quelle che non finiscono sui giorni, quelle che non fanno notizia), negli anni cresciamo con un solo credo, la paura.

Parole importanti pronunciate da una ragazza, una donna, forte e che ha imparato a conoscere sé stessa ma, al tempo stesso, anche ad osservare il mondo fuori capendo che spesso la figura delle donna, santa o puttana, sia un concetto inventato dall’uomo stesso. E su questo, del condizionamento della società sulle ragazze, Caffellatte si è confrontata anche con il suo ragazzo, il cantautore Mezkal

Ieri parlavo con il mio fidanzato, riflettevo su quanto volte in quante situazioni mi sia tirata indietro per paura che ‘si spargessero voci’, ho passato gli ultimi 15 anni a volermi sentire brava, una da storie serie e basta, una che se non c’è amore non si può fare, e in parte è vero.

Ma la paura amici, la paura di essere oggetti, la paura di valere meno di una bestia da montare, è decisamente il motore che accende in noi quella scintilla di quando eravamo piccole: essere buone, sentirci dire che siamo ragazze serie.

Se non si iniziano a correggere le micro violenze normalizzate a cui le bambine sono soggette sin dai primi anni di vita, queste brutture non smetteranno mai e poi mai di esistere e si continuerà a restare sconvolti quando la notizia fa il giro senza cambiato nulla alla radice.

Non siamo noi a dover essere protette; bisognerebbe educare noi alla libertà, loro al rispetto degli altri esseri umani.

Questa la lunga riflessione dell’artista. A noi, pensando a quanto avvenuto, viene d’istinto concludere con le parole usate sui social dalla nostra Monica Landro, discografica, giornalista e madre di due ragazzi di vent’anni, a conclusione di un suo post sull’argomento:

… per tutto questo chiedete perdono a quel Dio nel quale vi conviene credere perché qui, su questa terra, sarà impossibile farlo. Perché qui non vi vogliamo, perché qui vi vomitiamo.