26 Ottobre 2020
di Interviste, Recensioni
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26 Ottobre 2020

Intervista ad Alberto Salerno, un signore della musica pieno di aneddoti e dietro le quinte curiosissimi da raccontare.

Da Mina ai Nomadi, passando per Tiziano Ferro, Zucchero, Loredana Bertè, Mango, Eros Ramazotti, Loredana Berté e tanti altri nel racconto dell'autore e discografico

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Intervista ad Alberto Salerno a cura di Fabio Fiume.

Partiamo subito con una novità, da questa settimana, probabilmente da mercoledì, All Music Italia ospiterà sulle sue pagine con la rubrica, già avviata con un buon successo su YouTube, Storie di Musica.

Un viaggio di Alberto Salerno alla riscoperta delle canzone e dei dischi insieme ad ospiti davvero speciali. Per l’occasione abbiamo chiesto al nostro Fabio Fiume di realizzare un’interessante intervista con questo personaggio cardine della musica italiana. Buona letturi

Intervista ad Alberto Salerno

Incontrare per una bella chiacchierata un monumento della musica italiana, di quelli di cui tutti conoscono il nome, in questo caso persino gli affetti, ma in pochissimi la faccia è qualcosa che mi riempie di soddisfazione. Il motivo è che, da giornalista di settore oggi, ma appassionato prima di tutto, posso finalmente chiedere una marea di cose che negli anni mi son passate per la mente ed esserle spiegate, data la controparte, in maniera esauriente, curiosa e non avara di particolari e con una schiettezza che spesso va addirittura contenuta.

Si tratta di Alberto Salerno di cui molti di voi sanno che è il marito di Mara Maionchi ed anche se oggi ha un po’ l’immagine del principe consorte, come per Filippo, il marito della Regina Elisabetta, data la popolarità enorme di cotanta moglie, fino a ieri non era certo nel cono d’ombra della coppia.

Già perché diciamocelo pure senza mezzi termini: Alberto Salerno è un grandissimo autore di testi. Ha scritto e lavorato per tutti i più grandi o quasi della nostra musica, e la sua carriera fenomenale va, cronologicamente parlando, a posizionarsi esattamente dietro quella dei più maturi di lui Franco Migliacci e Mogol. Ecco, dopo questi due c’è Alberto Salerno.

Ho occasione di chiacchierare con lui perché il nostro è da un po’ che porta avanti, sul proprio canale YouTube, una vera e propria trasmissione, Storie Di Musica, in cui la racconta proprio la musica, non solo quella che lo ha visto impegnato in prima persona, ma tutta quella che ritiene sottolineabile e meritevole di ricordo.

Ed ammetto che spesso è per me, che altrettanto sono autore e conduco la trasmissione Ride On Time su Onda Web Radio & Tv, una sorta di enciclopedia da cui poter attingere cose che anagraficamente non posso conoscere, permettendomi di recuperarle.

Le tue Storie In Musica stanno per approdare come appuntamento fisso sulla testata web per cui scrivo, All Music Italia…

E’ una cosa che era nell’aria da un bel po’ di tempo. Conosco il direttore Massimiliano Longo da qualche annetto, essendoci incrociati spesso in varie situazioni. Tempo fa mi aveva chiesto se volevo collaborare a questo suo progetto scrivendo.

Non se ne fece nulla perché in realtà nacque un progetto mio per cui sostanzialmente facevo la stessa cosa, da cui però mi son tirato fuori quando ho capito che camminavano bene anche senza di me.

Poi recentemente durante il lockdown e “la prigionia” forzata, come tanti mi sono inventato questa cosa delle dirette, seguita poi dal canale YouTube specifico. Così Longo è tornato a propormelo e mi sono detto: “perché no”?

Non è piaggeria ma volevo informarla che non mi perdo una puntata delle sue Storie Di Musica…

Anzitutto dammi il tu!

Ok, come vuoi!

Mi fa molto piacere. E’ chiaro che sono cosciente di proporre una cosa per pochi. In fin dei conti, se ci pensi, le mie trasmissioni contano poco più di un migliaio di visualizzazioni, che non sono certo numeri enormi. Però chi mi segue lo fa proprio perché gli interessa ciò che racconto. E’ un ascolto attento e fedele.

E poi è quel che in realtà ricerco, visto che racconto la musica ed i dischi dal punto di vista di chi ci ha lavorato, risaltando i musicisti, la produzione, cose di cui interessa a pochi ma senza le quali quei dischi non esisterebbero nemmeno.

Approfitto per chiederti una cosa frivola! Da dove viene il look che hai scelto di utilizzare in cui sei un misto tra i Blues Brothers ed i Men In Black?

Proprio da li ( ride ndr ). Io mi diverto molto. Ora ad esempio, per questo periodo autunnale sto usando un cappello a tesa stretta nero. In estate non ho mancato di mettere anche quelli di paglia ad esempio.

E cosa dicono non solo tuia moglie Mara, ma anche le tue figlie di queste tue apparizioni in rete?

Ah guarda, non ne parliamo proprio. Loro criticano tanto, mi danno del padre degenere ( ride di gusto ndr ). Ma io mi diverto molto. Sono senza filtri, dio ciò che penso e qualche volta magari dovrei star più attento.

Loro su questo mi riprendono ad esempio. Ma alla fine io gioco semplicemente a fare l’anarchico, ma mai con cattiveria.

Sei figlio di Nicola Salerno, in arte Nisa, che ha scritto canzoni consegnate alla storia per Renato Carosone, Aurelio Fierro, nonché la note pure alle pietre Non Ho L’Età per Gigliola Cinquetti. La musica era decisamente di casa da te?

Sai quale è il ricordo più bello? Quando venivano i musicisti a casa. Mio padre li conduceva nel salone dove c’era un grande piano e loro si sedevano per suonare ciò che avevano composto e su cui mio padre doveva poi scrivere il testo. Io li osservavo e mi sembrava di sognare. Seduti li attorno vedevo nascere cose nuove… proprio una magia.

E’ lui, papà, che ti ha iniziato alla scrittura?

Non direttamente, ma sicuro il merito è suo. Pensa che ad otto anni scrissi il mio primo testo, una cosa ignobile. S’intitolava “Il Piatto” e diceva cose tipo: “il piatto serve per mangiare” , ispirato chiaramente dal fissare questo oggetto mentre si era in tavola.

Ignobile? Avevi pur sempre otto anni…

Già, hai ragione. Poi chiaramente gliele facevo vedere queste mia scritture e lui mi insegnava i rudimenti, le regole di base, la sintesi.

Papà ha fatto in tempo a vedere il successo che hai ottenuto seguendo in qualche modo le sue orme?

Per fortuna si. E’ mancato nel 1969 ma io avevo già raccolto il primo contratto come autore. Avevo giù scritto Avevo Un Cuore nel 1967 che aveva ottenuto un successo importante.

Guadagnavo bene e, non so se lo si fa anche oggi, ma all’epoca era buona regola che, quando iniziavi a lavorare, contribuivi in casa, pur se non ce n’era bisogno. Io ricordo ancora che giravo ai miei dei soldi per il mio mantenimento. E fu una soddisfazione, l’emancipazione nonostante avessi nemmeno 20 anni.

Poi mi comprai la mia prima macchina, la mitica Mini Cooper e quel fatto che me la pagassi da solo… ecco questo mio padre l’ha visto e sono felice.

Il primo enorme successo da te firmato come hai detto è Avevo Un Cuore scritta con e portata al successo da Mino Reitano; è stato il cambio di marcia?

Si, direi che lo è stato per entrambi. Anche Mino cercava il successo importante e lo trovammo assieme. Io però avevo già scritto parecchie canzoni per I Corvi, band molto in voga in quel periodo li.

Poi sono arrivate d’enorme importanza anche L’Isola Di Wight, nel 1970 per i Dik Dik e Io Vagabondo nel 1972 per i Nomadi…

Il successo de L’Isola di Wight, che era in realtà un adattamento in italiano di un pezzo francese dell’anno prima , e che scrissi con Daiano, fu immediato mentre quel che la gente ha rimosso è che in realtà Io Vagabondo quando uscì , non fu quel successo epocale che poi è diventato.

Si, entrò in classifica arrivando mi pare al n° 6 o 7, ma dopo i 4/5 mesi di promozione, perché all’epoca un pezzo di discreto successo durava almeno 4/5 mesi, finì come norma tra le canzoni del loro repertorio come altre. Fu grazie a Fiorello nei primissimi anni 90 che la inseriva sempre nel suo Karaoke che la gente si accorse di quanto fosse splendida quella canzone, soprattutto la generazione giovane dell’epoca.

Sia io come autore, ma anche loro come band, ne giovarono tantissimo. Ricordo che non era proprio un bellissimo periodo per loro che erano stati sempre fortissimi nei live.

E’ diventata anche un simbolo perché poi, di li a poco, il frontman carismatico della band, Augusto Daolio, venne a mancare e la canzone è stata associata molto al suo ricordo…

Sai che avevo scordato la cosa? Si, effettivamente manco poco dopo il ritorno al successo della canzone.

Toglimi un’altra curiosità: oggi tutti quelli che scrivono poi vogliono pure cantare, tanto che la categoria degli interpreti è andata in crisi. Tu non hai mai pensato di metterci la faccia?

No davvero… e non perché fossi stonato, anzi, direi d’esser abbastanza intonato. Solo che ho sempre riconosciuto i miei limiti. Essere intonati non è mica sufficiente? Poi se tu sapessi come rompo le palle io in studio quando, soprattutto da produttore, lavoro con gli artisti… sono di una pignoleria sull’intonazione che guarda…

Beh oggi ci sono molti escamotage di studio per vincere questi errori…

Si ma io, a parte i rapper che fanno un’altra cosa, pretendo che uno che vuol fare il cantante canti bene. Se non sei ingegnere non pretendi di fare un ponte no? Pensa che, non faccio nomi per educazione, ma una volta feci registrare tutto da capo ad un mio artista che aveva stonato per tutta la sessione di registrazione.

Anche io non faccio nomi ma, nel guardare il parterre di stelle che hanno cantato cose tue, non ho potuto fare a meno di notare che ci sono anche diversi artisti che poi non hanno raggiunto al fama, eppure tu non hai smesso di continuare a lavorarci. Ci credevi molto?

In alcuni si ma non in tutti. Diciamo però che tra gli anni 70 ed 80 un contratto discografico in genere prevedeva almeno tre lavori completi e non come oggi, che prevede un singolo e se va male… ciao.

C’era la legge del diritto a provarci, nel credere nella tua proposta sennò nemmeno ti facevo il contratto e quindi, pure se il pubblico non capiva alla prima, riproviamoci che poi magari capirà. Così dopo aver lavorato con un artista venivo richiamato anche per il secondo disco, poi per il terzo.

Ti piaceva lavorare attivamente oppure accettavi le commissioni e basta?

No, no! Io cercavo di incontrare gli artisti prima di scrivere. Cercavo sempre di capire il loro mondo. Poi andavo in studio e stavo con loro. Al di là che la cosa mi piacesse, spesso mi chiedevano proprio di restare.

Come mai?

Perché quando tu scrivi non riesci davvero a capire come suonerà il testo finché non lo senti sulla base e dalla voce che lo canterà.

A volte può essere necessario cambiare anche solo una parola e cercare comunque di non cambiare il senso al pensiero tutto. Per questo mi chiedevano di esserci.

E pignolo come sei, non ti è mai capitato in studio di litigare con un interprete perché non rendeva, a tuo avviso, il giusto senso al tuo testo?

No, da autore no. Non potevo certo permettermi. Da produttore qualche sonora mandata a beeep, sinceramente c’è stata. Ma li sai come è? Comandavo io!

Torniamo ai grandi artisti che fanno parte della lunga lista che ha cantato cose tue. Tre di loro, che poi hanno avuto carriere enormi, sono partiti proprio con te e vorrei dedicassi loro un pensiero, una curiosità che li riguarda. Puoi?

Vediamo di chi parli e ti dirò.

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