24 Aprile 2020
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24 Aprile 2020

BACKSTAGE – Intervista a Roberto Razzini: “Potremmo avere un mondo con una musica che non sarà all’altezza delle aspettative”

Intervista a Roberto Razzini, Amministratore Delegato di Warner Chappell Music Italiana, sulle difficoltà del settore musicale durante la fase di lookdown dovuto al Covid-19.

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Il settore musicale è in affanno e le prospettive per il futuro sono nebulose. Abbiamo contattato Roberto Razzini, Amministratore Delegato di Warner Chappell Music Italiana per illustrare chiaramente le criticità di un intero comparto e comprenderle meglio, provando anche a immaginare le prospettive future.

Il primo a sollevare pubblicamente il problema è stato Tiziano Ferro (ne abbiamo parlato Qui) durante un’intervista televisiva con Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa.

Successivamente Laura Pausini e Fiorella Mannoia hanno posto l’accento sulle criticità del settore (Qui il nostro articolo) ed è arrivata una proposta condivisa dalle principali associazioni che rappresentano l’intera filiera imprenditoriale che hanno presentato 10 proposte per salvare la musica in Italia (vedi Qui).

Ma il problema è molto più sfaccettato di quel che si pensa…

INTERVISTA A ROBERTO RAZZINI

Buongiorno Roberto Razzini e bentornato su All Music Italia.

Buongiorno Simone e buongiorno ad All Music Italia da questa situazione un po’ paradossale che stiamo vivendo tutti.

So che in questi giorni sei tornato in ufficio. Un primo approccio a quella che sarà la fase due…

L’auspicio è quello riuscire di entrare in una fase due nel miglior modo possibile e soprattutto in maniere tale che possa diventare po’ una fase di passaggio per una definitiva ripresa sia per il nostro settore che di tutta l’economia.

Perché questo periodo di lockdown ci sta segando non solo da un punto di vista personale, ma anche da un punto di vista del business, dell’economia e del sistema.

Inizierei commentando l’intervento di Tiziano Ferro a Che Tempo Che Fa perché ha aperto gli occhi su alcune delle difficoltà oggettive del sistema.

Io ho avuto la sensazione che l’intervento di Tiziano Ferro (assolutamente condivisibile) sia stato purtroppo male interpretato da una parte del pubblico, perché si ritiene sempre che il nostro mondo che ruota e vive di canzoni sia un po’ effimero, superficiale e privo di consistenza reale.

Invece bisogna sottolineare come l’intervento di Tiziano Ferro era destinato a evidenziare come il suo essere artista e quello di tantissimi altri artisti rappresentano solo la punta di un iceberg importantissimo.

Nel comparto della musica lavorano tantissime persone, molte delle quale sono sconosciute al pubblico, ma svolgono un’attività fondamentale per l’esistenza stessa della musica, non solo come business, ma come strumento culturale, di aggregazione e di diffusione dell’arte.

Quindi l’appello di Tiziano Ferro era cercare di accendere un riflettore su un comparto che non è fatto solo di artisti con grandi possibilità economiche, ma da centinaia se non migliaia di persone che operano nell’ombra e che cercano di dare il loro contributo.

Sicuramente sono quelle persone che fanno si che l’attività di Tiziano Ferro o altri artisti possa avere una sua concretezza e la giusta visibilità.

Pensiamo solo a quando c’è un concerto in uno stadio, quindi nella sua massima espressione. Abbiamo circa 3500 persone che operano attorno all’evento per un artista. Tecnici, musicisti, maestranze che montano e smontano il palco, ma anche sicurezza, gestione.

Quindi quello che Tiziano Ferro voleva probabilmente sottolineare era l’esigenza di come la musica sia un comparto produttivo industriale (anche se ha me piace definirlo artigianale) che ha tantissimi operatori che con il blocco di cui stiamo soffrendo rischiano di rimanere senza lavoro. Molti sono a progetto o stagionali.

Credo sia necessario portare un po’ di chiarezza.

Le principali associazioni che rappresentano l’intera filiera imprenditoriale della musica hanno presentato dieci proposte per salvare la musica in Italia. Quali risposte ti aspetti dalle Istituzioni?

E’ difficile dirlo. E’, però, importante evidenziare gli aspetti che aiuterebbero il sistema musica perché rispetto ad altri nasce da una esigenza primaria, che è quella di aggregarsi.

Questo fa si che la musica sia stato il primo comparto a soffrire del lockdown e sarà l’ultimo ad uscire dai provvedimenti restrittivi.

Quando ci sarà la fase 2 o la fase 3 la musica comunque non riuscirà a esprime il suo potenziale e valore assoluto come prima del Covid19 sino all’arrivo di un vaccino. Questo è stato affermato anche dalle Istituzioni.

Fare musica, quindi concerti, discoteca, pub e musica live, presuppone la possibilità di poterne beneficiare in gruppo. Se questo viene a mancare, si perde una fetta molto importante, soprattutto in questi ultimi anni.

È un aspetto culturale, sociale e non solo di business. E’ un sistema che deve essere preservato al pari di altri meccanismi economici.

Ci aspettiamo delle risposte. Quali non lo so. Se dovessimo immaginarci un mondo senza musica ci immagineremo un mondo molto triste.

Noi siamo abituati ad ascoltare musica ovunque: dal barbiere, al supermercato, dal dentista. In ogni situazione noi ascoltiamo musica. Ovunque. Se noi non preserviamo questo ecosistema che è fragilissimo e molto delicato, rischieremmo di compromettere seriamente tutto il ciclo produttivo.

Non dico che avremo un mondo senza musica, ma avremo un mondo con una musica che non sarà all’altezza delle aspettative e delle potenzialità.

Credi che si stia facendo davvero lavoro di squadra? Pensi che tutti gli attori in campo stiano lavorando dalla stessa direzione?

Ho ormai una certa esperienza di questo settore perché come tu sai me ne occupo da tantissimo tempo. Credo che per la prima volta ci sia una coesione da parte di tutte e diverse competenze: editoria musicale, discografia, aziende e società che si occupano di live, ma anche gli artisti che scendono in campo in prima persona.

Tu hai citato Tiziano Ferro, ma non dimentichiamo gli appelli fatti da Laura Pausini, Fiorella Mannoia, Alessandra Amoroso, Kekko e da tantissimi altri che hanno sottolineato questo discorso: “Caro pubblico, guardate che noi non parliamo di noi artisti, ma di chi lavora per noi!

Lavorano nella musica 350mila persone. Sono tantissime le professionalità che rendono possibile la realizzazione di un videoclip, l’uscita di un disco, un concerto, un tour.

E’ chiaro che si usi l’immagine dell’artista per identificare quello che è il business della musica. E’ naturale, ma c’è una filiera di professionalità che non si conoscono del tutto e che quindi si tende a sottostimare.

La necessità che noi vediamo è quella di fare emergere il ruolo di tutte le figure coinvolte, per far comprendere alle Istituzioni, al Governo, ma soprattutto al pubblico che non stiamo difendendo gli interessi degli artisti, ma la categoria di tutti i lavoratori che si occupano per la musica.

Purtroppo nella maggioranza dei casi sono stagionali e precari e lavorano solo se c’è il tour. Senza tour non lavorano. Non si parla solo dei dipendenti delle aziende, ma di tutte le persone non tutelate.

Quali possono essere le conseguenze a lungo termine?

La situazione di lockdown come ben comprendiamo tutti porta un rallentamento, se non un azzeramento del flusso economico e finanziario che sostiene la musica.

Questo è evidente: non ci sono i concerti, non ci sono pubbliche esecuzioni, quindi tutto si ferma e questo è relativo a qualsiasi attività.

La musica per poter ripartire ha bisogno delle sicurezze di cui si parlava prima.

Questo lockdown verosimilmente potrebbe durare mesi e potrebbe addirittura arrivare a fare il giro del calendario. Qualcuno ha ipotizzato che prima della prossima primavera non si potrà tornare ad avere i concerti.

Questo vorrebbe dire far mancare all’intero sistema della musica la liquidità e le entrate necessarie per continuare a investire nella musica.

Noi non ci occupiamo solo delle nuove produzioni e dei concerti degli artisti affermati. Noi siamo anche un’industria che va a cercare e nutrire il mondo della musica con nuovi talenti e per trovare talenti bisogna anche investire, facendo si che questi nuovi talenti prima che riescano ad affermarsi abbiano le risorse per potersi mantenere in attesa di poter vivere di musica.

Queste risorse chi gliele da? Non le da il mercato perché sono talenti sconosciuti sui quali si sta iniziando a puntare oggi e si punterà domani.

Queste risorse per far si che i talenti possano crescere le da il sistema della musica. Le danno le società editoriali, le case discografiche e le società che organizzano live e portano gli artisti dall’esibirsi nei pub davanti a 150 persone a riempire gli stadi.

Questo è un processo lungo e non sempre si riesce a portare a compimento l’investimento per portare l’artista al successo. C’è tanta dispersione di risorse ma ci deve essere un flusso continuo di economia e finanza che permette questo lavoro di ricerca.

Altrimenti ci fermiamo ai grandissimi artisti della musica che abbiamo oggi, ma non avremmo quelli del domani.

Secondo te in questo momento la creatività può aver subito un rallentamento?

Ti parlo per esperienze dirette come Warner Chappell e per quello che io percepisco dal mio giro di relazioni.

La creatività adesso non è ferma e la creatività non si ferma. La creatività si nutre della quotidianità e ogni quotidianità ha le sue caratteristiche. In questo momento viviamo tutti in una situazione evidentemente anomala rispetto alla normalità in cui siamo abituati, però comunque viviamo.

E quindi vivere di musica e fare musica vuol dire riuscire ad esternare tutta una serie di emozioni, di empatie e di emotività.

Non c’è un rallentamento nella creatività. Fortunatamente la tecnologia oggi ci mette nelle condizioni di poter lavorare in remoto. Lo smart working delle aziende lo seguono anche gli autori e i compositori, che attraverso le diverse piattaforme di comunicazione e gli Home Studio riescono a lavorare, comporre musica e realizzare nuove canzoni.

Lo dimostrano i video che vengono fatti e le release di questo periodo di lockdown. Cito il pezzo di Ghemon pubblicato un paio di settimane fa o quello di Nek, con un video realizzato con il contributo di fan e di persone che si sono prestate e hanno contribuito alla realizzazione di video che evidentemente hanno caratteristiche artistiche diverse rispetto al passato.

I nuovi videoclip certificano e vanno a fissare per sempre questi momenti. Quindi la creatività va avanti. Ha dei limiti, ma nonostante il lookdown prosegue nel suo percorso.

Cosa pensi del progetto Live Drive In? (Ne abbiamo parlato Qui)

Ci pensavo stamattina venendo in ufficio. E’ una suggestione abbastanza particolare perché noi siamo abituati al drive in pensando ai film americani degli anni ’50, quindi James Dean, American Graffiti o Happy Days, per chi ha quella cultura degli anni ’70 della televisione.

Faccio, però, un po’ fatica a immaginare una fattibilità. Bisognerebbe creare le strutture, e poi? Si fanno entrare 500 macchine e poi? Già ci sarebbe un problema di acustica, perché ciascuno nelle proprie macchine dovrebbe abbassare i vetri. Poi? Mi immagino le persone più estroverse che si siedono sul tetto della macchina o ballano tra una macchina e l’altra.

Non lo so… la vedo un po’ complicata. E’ una suggestione interessante, ma credo che, al di là delle strutture che non ci sono, penso sia difficilmente realizzabile. Francamente non mi sembra una gran soluzione. E’ suggestiva, certo! Ho visto dei rendering che fanno vedere delle cose abbastanza divertenti, ma non so se sarà realizzabile.

Qual è il tuo punto di vista sul Concerto del Primo Maggio televisivo?

La grande forza della musica è quello che riesce a trasmettere quando c’è l’esibizione live. Quello è proprio lo zenit assoluto della musica.

Il concerto, l’aggregazione, la gente sotto il palco dove ci si trova a 5 centimetri l’uno dall’altro. Un live televisivo diventa un surrogato necessario vista la circostanza, ma faccio fatica a immaginarmi che possa avere la stessa forza. Però è anche vero che dove è possibile si cerca di salvare un evento. Il Primo Maggio senza Piazza San Giovanni perde tutta la magia, manca il luogo simbolo.

La forza della musica la si avverte dal vivo durante il concerto. Tutto il resto è uno scendere di livello rispetto alla forza che la musica può avere e va bene se ci sono delle operazioni spot, come per esempio Musica Che Unisce su Raiuno, dove 30 artisti si sono esibiti attraverso dei contributi da casa con altri personaggi dello spettacolo che hanno dato il loro apporto.

E’ stato davvero bello perché libero da qualsiasi spazio pubblicitario. Un concentrato di musica in questo modo va bene se è una operazione saltuaria. Così ha senso, altrimenti…

In questo periodo stanno trasmettendo molti concerti degli artisti in televisione. E’ un buon modo per tener viva la musica, però stiamo cercando di accontentarci. Tutto questo per il futuro non basta.

Grazie mille Roberto e spero di rivederti presto dal vivo!

Io ringrazio te! Sarei felice di rivederti dal vivo, ma lo sarei ancora di più felice se ti incontrassi a un bel concerto!