Pagelle Nuovi singoli 19 giugno 2020 a cura di Fabio Fiume.
Settimana ricchissima d’uscite e tra queste anche di alcune cose decisamente buone. Come sempre si è dato spazio anche a tanti, tantissimi emergenti.
Permettete però di scusarmi con i tanti altri che non sono riuscito ad inserire in rubrica. Purtroppo siete tantissimi e, ad un certo punto, devo andare di casualità per poter concedere al brano esaminato più ascolti. Ecco comunque cosa ho ascoltato per voi.
Matteo Alieno – Niente
Pezzo allegro che pesca a mani basse dagli anni 60. C’è un po’ di twisti, un po’ di rockabilly, qualche chitarra distorta come arrivava dall’America in quegli anni, e un senso di “stupidera” estiva tipica di band corali, Beach Boys in testa.
Alieno unisce tutto questo e riesce finanche a risultare credibile, solo che bisogna capire dove può portare poi questo stile. Attenzione: può stancare in fretta, anche prima!
Sei
Aliperti – Fard
Debutto degno di nota. Tutta la canzone ha più di un’intelligenza stilistica, tra cui quella più importante è l’inciso che regala un momento easy facilmente ricordabile in un brano tutto proposto in doppia linea vocale, che rinforza una presenza vocale non così distinta e distintiva. Anche questa è un’intelligenza.
Sette
Mario Biondi – Paradise
Si potrebbe dire che Biondi è approdato in un territorio proprio di artisti come Barry White, ma alla fine l’associazione viene per le profondissime note, perché in realtà come sound e coralità mi ricorda molto più la Lisa Stansfield della seconda parte dei 90.
Suoni caldi , fiati, percussioni, cori a rendere il pezzo ricco, come da miglior tradizione a cui Mario ci ha abituati. Brano però adattissimo alle playlist notturne delle radio confidenziali, un po’ meno alla popolarità su larga scala.
Sei
Biondo – Bali e Dubai
“Quando passi la gente fa oh oh oh” … ma che è un cavallo al trotto? Biondo si propone con “un’iramata” estiva, ma senza quella stessa incisività, gusti a parte.
Lascia la trap come sound, ma non come arrangiamento vocale. Il brano è orecchiabile ma senza pretesa alcuna, rischiando oltremodo di essere soffocato da proposte simili di artisti più famosi.
Dovrebbe ricercare una particolarità per distinguersi.
Quattro
Matteo Markus Bok – Hablale claro
Torna con motivo latino Bok, scegliendo però una tematica più delicata rispetto a quelle che tirano per la maggiore.
Il suo ritmo fa più spiaggia al tramonto, anche se, sia vocalmente che come stile, mi ha fatto pensare ad una versione latina di Benji & Fede.
Appare tutto molto leggero ma nel senso positivo del termine, ovvero di non cafone.
Sei+
Bro Berri – Tagadà
Base techno e cantato trap, arriva anche il racconto della vita paragonata ad un giro sul Tagadà, una delle giostre “povere” più amate di sempre. Bisogna tenersi stretti oppure mirare a mantenere l’equilibrio per provare a non subire ma a fare? Un po’ di romanesco a condire.
Non è un disco che comprerei ma devo ammettere che ha un’idea e può piacere a chi ama lo stile.
Sei
Carrese – Nodo in gola
C’è qualcosa degli Zero Assoluto in questa nuova produzione dell’artista romano; chiaramente mi riferisco alle strofe sussurrate… ed anche un po’ al “ na na na” che chiude l’inciso.
Pezzo leggero, giovanile, ma al contempo anche moderno nell’insieme. Potrebbe avere un certo appeal sui giovani in età scolare.
Sei
Alessandro Casillo – Russian roulette
Titolo in inglese che mi ha fatto pensare con terrore che si trattasse della cover di Rihanna. Nulla di male, certo, ma non per Casillo che ha bisogno di riprendere il suo di percorso. Fortuna non è così.
Il pezzo è chitarra, voce e giusto un po’ d’ambientazione che non guasta. L’interpretazione è ben calibrata ed il testo è una forma di scuse, un’ammissione di colpe per un rapporto in cui è lui a creare problemi, lui a dare trepidazione come una roulette russa. E’ un buon ritorno, minimal, ma centrato.
Sei ½
Chiara – Non avevano ragione i Maya
Canta sempre meravigliosamente bene Chiara, eppure cotanta bellezza non riesce a trovare canzoni che risplendano al suo pari.
Il pezzo in questione non è nemmeno brutto, ma non è certamente quello a cui affiderei il lancio di un nuovo album, quello poi del ritorno dopo un po’ d’assenza.
Quel che in realtà mi delude è l’inciso, una cadenzata mistura di suoni da studio e poco altro, pure nel testo, che proprio qui diventa ripetitivo e senza alcuna variazione che renda apprezzabile la ripetizione.
Quattro ½
Comete – Ma tu
Si riappropria del proprio nome d’arte Comete, dopo il passaggio per X Factor in cui ne era stato privato. Si conferma di buona scrittura, lineare e perfettamente a metà strada tra un cantautore ispirato ed una possibilità pop che non si vuole comunque negare.
Il pezzo è allegro e nel testo l’allegria la ricerca proprio, in un tu che salva dal parlare coi muri di casa.
Sette
Pietro Daniele – Mani libere
E la pandemia finisce pure in un pezzo sull’estate e sui bambini che giocano nel mare, orme sulle spiagge e mani libere senza cellulari.
Poi mentre si parla dell’estate, si torna all’esplosione di odori di … mille primavere. Il problema non è la base, che si propone funky e con un bel basso, ma un testo davvero inutile, un insieme di frasi appiccicate per riempire. La migliore tra tutte è: “ siamo grida e movida”. Siamo movida? Oddio!
Quattro =
Eduardo De Felice – Viaggia ragazzina
Brano molto teatrale ed al contempo retrò, adatto sicuramente più per esecuzioni live che per ambientazioni radio.
De Felice ha scrittura felice e sensata, ma anche poco appetibile per il mercato dello “streaming”. Deve coltivare indubbiamente un pubblico più erudito, che si esalterà tra i fiati di questo pezzo ed il suo cantato delicato.
Sei
Ignazio Deg – Estate grande
La trovata del bit e del fischietto che riecheggia per tutta la canzone, potevano non essere una cattiva idea, però… Però il testo è davvero al limite della decenza, prevedibile come le prime parole di un bambino e con un inciso ripetitivo che infastidisce non poco.
Quattro =
Noemy Di Capua – Mi hai insegnato
Si canta di qualcuno che non c’è più, ma che ha combattuto prima di arrendersi. Noemy ha voce piuttosto acerba, ma ha scritto qualcosa che chiaramente l’ha colpita in maniera abbastanza matura.
Nella parte finale, negli allunghi vocali, la voce viene un po’ troppo assorbita dai suoni. Personale, ma sicuramente condivisibile da diverse persone.
Sei
Dioniso – Dammi una ragione
Il sound pop della band può avere un suo ritorno, anche perché hanno l’intelligenza di farcirlo con qualche tocco che resta impresso, qualche suono che deve lasciare segno.
La voce però è un po’ acerba ed al limite dell’intonazione persino in disco. Deve lavorare e rinforzarsi, irrobustirsi. Finale tronco evitabile.
Cinque
Ernia – Superclassico
Si avvicina sempre più al cantato Ernia. Il pezzo è il racconto di una storia che ha qualche impossibilità per l’essere vissuta, visto che lei è bella incasinata. Inciso corale e facilmente cantabile che ha potere per potersi trasformare in un inno generazionale. Finale tronco.
Sei
Irene Grandi – Devi volerti bene
Il pezzo potrebbe funzionare. Ha un bel testo, è orecchiabile, arrangiato ritmicamente con potenza, cosa che permette ad Irene di essere sempre convincente.
Però forse bisognerebbe far riascoltare a tutta l’equipe Glorious di Andreas Johnson perché, pur se è passato circa un ventennio, stiamo parlando di un brano che ha avuto un ottimo successo in Italia. E la somiglianza melodica dell’inciso è forte e l’errore quindi grave.
Cinque
Hotel Monroe – Rebecca
Più ispirate le strofe che l’inciso, che cade un po’ nel già sentito sia come motivo che arrangiamento, che profuma un po’ della prima Carmen Consoli… solo che la sua voce restava di più.
Pezzo molto suonato con qualche intervento elettronico comunque ben calibrato e giusto nel contesto.
Sei =
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