Con Sanremo 2019 tornano le pagelle del nostro temuto (ma anche amato… qualche volta) critico musicale, Fabio Fiume.
Andiamo subito quindi a scoprire le pagelle della prima serata del Festival di Fabio ricordandovi che sono frutto di un solo unico ascolto e come tale questo potrà variare nelle prossime serate.
Francesco Renga – Aspetto che torni
La mano di Bungaro c’è e si sente. Renga gigioneggia, scende anche tra il pubblico ed ovviamente lo ammalia con la sua bella voce, non precisissima stasera, ma c’è l’emozione. Il brano funziona eccome però.
Sette
Nino D’Angelo e Livio Cori – Un’altra luce
C’è un po’ di fatica a seguire il testo, soprattutto quando si sovrappongono. Eppure il brano funziona, facendo incontrare due generazioni apparentemente lontane. Prenderà valore con più ascolti.
Sei ½
Nek – Mi farò trovare pronto
La sua ultima cifra stilistica è un gioco costante con l’elettronica, senza rinunciare a momenti melodici che ce lo riportano italiano. Bello proprio il momento degli archi che lascia riprender fiato. Facile ipotizzare un ritorno anche radio.
Sette
The Zen Circus – L’amore è una dittatura
A Sanremo con una canzone che non è una canzone. Le cose importanti si possono dire anche non dimenticandosi di rispettare una forma canzone, almeno alla lontana. Qui invece la band si è mossa con un racconto via via sempre più incazzato. Ma non si può cantare dopo…
Quattro
Il Volo – Musica che resta
I ragazzi ci sanno fare e giocano facile con un brano che ha vari già sentiti, ma che nell’insieme funziona, cresce, chiama l’applauso e ovviamente il pubblico non si fa attendere. Tutto un po’ solito però.
Sei+
Loredana Bertè – Cosa ti aspetti da me
L’approccio è decisamente rock, ma il discorso in realtà è molto più pop, ma di quello ben fatto. Loredana tiene a bada l’emozione e canta di grinta. Il suo pensiero arriva e la canzone immediata fa il resto. Ed il pubblico scroscia in un caldo applauso.
Sei ½
Daniele Silvestri & Rancore – Argentovivo
Alla fine si è portato Rancore Silvestri ma finisce col rappare anche lui in prima persona e non sfigura di certo. Il testo è fortissimo, il sound tirato, e come un colpo ben assestato arriva proprio dritta e fa centro.
Sette ½
Federica Carta e Shade – Senza farlo apposta
Provano a ripetere la formula ma questo brano manca di quella forza che aveva il loro precedente singolo. Federica è emozionata ma per fortuna non stona. Il brano è fragilino assai.
Cinque
Ultimo – I tuoi particolari
Porta la sua giusta mistura di cantautorato serio, sentimento pop e incursioni rap ( qui meno ) ed è subito applauso facile. Il brano è incalzante, cresce e cattura. Facile pensare al successo.
Sette
Paola Turci – L’ultimo ostacolo
Ha trovato la quadra Paola. E’ bello vederla sul palco padrona della scena e sempre portatrice di brani adattissimi a lei, abiti perfetti che le scendono addosso come di fine sartoria.
Sette ½
Motta – Dov’è l’Italia
Visivamente penso a Richard Ashcroft, però la canzone ha qualcosa che mi porta verso i Noir Desire. Considerazioni ad orecchio ed occhi a parte il brano funziona, nonostante Motta abbia fatto cose migliori, soprattutto melodicamente e magari una poteva conservarsela per questo palco. Però sti cazzi! Funziona.
Sei ½
Boomdabash – Per un milione
Con l’onere sulle spalle di portare l’allegria i Boomdabash non sfigurano affatto. Sono griffati tra gli altri anche Rocco Hunt, e si sente. Non stupiscono, ma fanno colore e lo fanno con mestiere.
Sei
Patty Pravo con Briga – Un po’ come la vita
Le sue apparizioni festivaliere sono sempre state sane portatrici di melodie ariose. Qui Ce n’è un po’ di meno e laddove il brano si apre, Briga sovrapponendosi toglie spazio, chiamando l’attenzione. Ne perde il brano.
Sei =
Simone Cristicchi – Abbi cura di me
Melodia importante, testo ancor di più, il tutto snocciolato su una base marciata. L’emozione lo tradisce nei cantati dove gli scricchiola la voce, ma d’altronde anche il testo della sua canzone lo dice che la voce gli trema. Poco radiofonica ma da palco importante e questo lo è.
Sette ½
Achille Lauro – Rolls Royce
Certo che i piedini li fa muovere unendo un rock di vecchia maniera ad un linguaggio attuale che racconta una sorta di nuova Vita Spericolata, anni 10… anzi ormai quasi 20. Effetto simpatia, ma nulla che resta.
Sei
Arisa – Mi sento bene
La canzone unisce due Arisa, quella retrò all’inizio e alla fine e quella che talvolta viene fuori, cioè la pazza sciroccata; una pazza che però canta benissimo. Ammetto di dover riascoltare però il brano, che trovo con una sua forza ma che non capisco esattamente quali possibilità potrà avere. Almeno non ancora.
Sei+
Negrita – I ragazzi stanno bene
Indubbiamente più centrati delle loro ultime opache prove. La loro canzone è giustissima per loro, per la loro età nonostante l’attinenza rock. Difficile però che le giurie premino un brano del genere oltre il centro classifica. Ma può fare storia nella loro carriera.
Sei ½
Ghemon – Rose viola
Sound contemporaneo e molto americano con aperture d’inciso invece ariose ed italiane da tradizione. Il connubio funziona ed il testo al femminile, che parla di una storia che sa anche di violenze, ritorni, passione, amore malato, è ancor più rafforzato cantato da un uomo.
Sette+
Einar – Parole nuove
Impersonale. Classico brano pop, per suoni e per testo che però potrebbe essere interpretato da chiunque altro con lo stesso risultato. Un’orecchiabilità stantia e poco altro.
Cinque =
Ex-Otago – Solo una canzone
Si sono letteralmente piegati alla classica canzone per Sanremo, ma il risultato è abbastanza modesto pur considerandola come tale. Sa di nuova proposta degli anni 90… ma di quelle che poi venivano eliminate.
Quattro
Anna Tatangelo – Le nostre anime di notte
E’ tornata ai tempi di Ragazza di Periferia. Molto classica quindi. Le va riconosciuto che canta benissimo, ma non regala novità e magari qualcuna me l’aspettavo. Invece finisci con sentire ciò che ti aspetti, fatto bene, ma sempre la stessa cosa.
Sei
Irama – La ragazza con il cuore di latta
Si veste di un abito importante, con un testo non banale che comunica qualcosa. Diventato più padrone del palco, mette a segno un brano che può colpire non solo i suoi tanti fans ma anche di nuovi.
Sette
Enrico Nigiotti – Nonno Hollywood
Ha un linguaggio che unisce termini poco forbiti, ma funzionali al messaggio a porzioni poetiche di rara profondità per la sua generazione. In più la sua forma pop scavalla le banalità, usufruendo d’insegnamenti cantautorali esteri.
Sette
Mahmood – Soldi
Unisce la sua bellissima voce, bella perché personale, riconoscibile, con un fortissimo senso ritmico pieno di contaminazioni ed un testo chiaramente autobiografico. Il tutto funziona ed è un ottimo lancio per la sua carriera tra i grandi.
Sette ½