28 Febbraio 2019
di Interviste, Recensioni
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28 Febbraio 2019

Mahmood Gioventù bruciata – Recensione

Mahmood debutta dopo anni di gavetta con il suo primo album. Un artista dal sound nuovo, nuovo forse no, ma unico decisamente si!

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Diciamo la verità: Mahmood è arrivato come un fulmine a ciel sereno per la maggior parte del pubblico italiano, che lo ha di colpo scoperto, seguito, sancendone un successo che pare quasi l’artista milanese abbia bruciato le tappe, eppur così non è.

Alessandro è in realtà un artista che sta raccogliendo solo adesso una semina che dura dall’inizio di questo ultimo decennio, passata per un tentativo talent, un altro come nuova proposta di Sanremo e poi come autore per altri e, di tanto in tanto, anche interprete delle sue creazioni, sperando di riuscire con esse a farcela.

E quel momento è arrivato con Soldi che proprio al Festival ha sbaragliato concorrenze agguerrite e sulla carta più attrezzate per far meglio, ma così non è stato; serata dopo serata quel brano così insolito per il palco dell’Ariston, che richiedeva la partecipazione finanche dell’orchestra alla resa scenografica, con quel clap clap che a poco a poco ha contagiato anche la platea, già di suo quest’anno tirata fuori dalle celle frigorifere per tempo, ha trasformato il giovane cantautore milanese ( milanese, non egiziano capito? ) in un assoluto protagonista sul palco prima, delle classifiche poi.

Dopo che Soldi ha conquistato la leadership della classifica singoli, quella dell’airplay radiofonico e stabilito altresì il record su Spotify come brano italiano più ascoltato di sempre in una settimana, adesso è tempo di Gioventù Bruciata, il primo album, il sogno che si realizza come già dichiarato dallo stesso Alessandro.

Il titolo arriva dal brano con cui il giovane aveva conquistato il diritto a partecipare in qualità di big al festivalone appena concluso ed include anche alcuni singoli dati alle stampe in tempi che evidentemente non erano morti affatto, anche se le radio faticavano ad accorgersene… chissà perché! Il sound scelto per arrangiare il disco è decisamente contemporaneo, assolutamente non nuovo però, rispondendo a chi dice che Mahmood rappresenti vento fresco per la musica italiana; non mi si fraintenda, l’artista è indubbiamente qualcosa di nuovo, ma la novità non è rintracciabile negli arrangiamenti, che mischiano suoni che popolano mezzo mondo rap e trap italiano, bensì nel fatto che finalmente è possibile ascoltare queste musiche non parlate, ma cantate e cantate pure bene.

Perché Mahmood è riconoscibile sia per timbro vocale che per modo di stare sul tempo, tagliare le frasi delle sue canzoni. Ne è esempio molto positivo Il Nilo Nel Naviglio che ricorda un po’ il primo Tiziano Ferro nell’irruenza, nell’esigenza di cercare di suonare come un disco non conveniente per le masse ma che stesso lui correrebbe a comprare. Questa analogia viene in mente anche ascoltando Remo, dove Mahmood tocca note basse e trova supporto ritmico persino nelle pause. La voce viene fuori fornendo la varietà di colori che contiene in Asia Occidente, ballad resa ancora più potente da una coralità ponderata che ben si misura sulla base elettronica.

La title track affronta la tematica che poi Soldi ha reso nota ai più e cioè il rapporto con un padre andato via troppo presto, che si è creato altre vite, in altri luoghi e con cui Alessandro ha imparato a convivere tra le domande che adesso hanno trovato voce nelle sue canzoni. Sabbie Mobili sembra il brano giusto per affrontare i surrogati del Festivalbar che animeranno la prossima estate, col suo mid tempo cadenzato su cui è impossibile restare fermi coi piedi, mentre Mai Figlio Unico incalza, tiene conto di suoni che trasudano di misture orientali e racconta la vita di questo ragazzo che pur avendone i tratti sul viso, vive la sua Milano, che fa da sfondo scenografico ai testi in più di un’occasione, come in Milano Good Vibes, già nota ai melomani più attenti. Come del resto Anni 90 con Fabri Fibra e Uramaki che è discorso di una storia che si chiude, pur riconoscendo che servirebbe del talento per amare uno come lui.

E visto che Mahmood ha inserito i brani già usciti negli anni in questo Gioventù Bruciata, dispiace che non abbiano trovato posto né la bella Dimentica che sapeva di black come poche cose in Italia, né la movimentata Pesos, né la danzereccia eppur sofisticata Falling Rain che fu il suo debutto e che magari avrebbe potuto concedere come bonus track, essendo in inglese.

Nonostante queste assenze, forse per lui o la produzione trascurabili, Gioventù Bruciata resta un buonissimo biglietto da visita per l’artista che riesce a far convivere più anime nella sua scrittura, che ha ben presente il tempo musicale in cui vive, ma che lo tratta con personalità, riuscendo così se non a sembrare nuovo, quantomeno a risultare ad orecchio unico. E vi par poco?

BRANI MIGLIORI: Remo/ Asia occidentale / Il Nilo Sul Naviglio… ma è tutto in realtà dal pienamente sufficiente in su.
VOTO: Sette ½ / 10


TRACKLIST

  1. Soldi
  2. Gioventù bruciata
  3. Uramaki
  4. Il Nilo sul Naviglio
  5. Anni 90 feat. Fabri Fibra
  6. Asia Occidente
  7. Remo
  8. Milano good Vibes
  9. Sabbie mobili
  10. Mai figlio unico
  11. Soldi feat. Gué Pequeno